Un altro generale rompe gli indugi e parla apertamente. Un altro ufficiale superiore, ora in riserva, si sfoga levandosi più di un sassolino dalla scarpa. Dopo Li Gobbi, Bertolini e Santo ora a parlare è Roberto Bernardini, e quello che dice non lascia spazio a dubbi e interpretazioni.
Il generale di Corpo d'Armata Bernardini ha chiuso la sua carriera con le stellette quale comandante di Vertice delle Forze Operative Terrestri dell'Esercito Italiano, nel 2014. Ha ricoperto diversi incarichi presso lo Stato Maggiore e la Difesa nonché in ambito diplomatico per conto della Farnesina: nel 1998 è stato addetto alla Difesa nell'ambasciata italiana di Rabat, in Marocco e succcessivamente, nel 2003, consigliere militare in quella di Nairobi, Kenia.
In una recente intervista a La Verità, Bernardini, al pari di altri suoi colleghi ritiratisi dal servizio attivo, lancia il suo accorato e animato grido d'allarme per la situazione attuale delle Forze Armate italiane.
Anche per il generale il problema è di ordine "filosofico", prima che finanziario e strutturale. Lo dimostra il tema della parata del 2 giugno prossimo, festa della Repubblica, che sarà quello "dell'inclusione" come voluto dal capo del dicastero alla Difesa Elisabetta Trenta.
Bernardini è categorico in merito: la parata non ha più nulla di militare da diversi anni, e il tema dell'inclusione è solo l'ultimo sfregio alle istituzioni delle Forze Armate. "La verità è che la specificità di un'organizzazione come l'Esercito andrebbe rispettata: è una componente strategica di uno Stato democratico" sono state le parole del generale, che ha aggiunto: "Le nostre sono missioni militari, non altro" sottolineando come "in Italia siamo arrivati all'inflazione e all'esasperazione di quel concetto (di pace ndr). È tutto un peace keeping, peace enforcing, peace building".
La pace. Del resto lo abbiamo, malauguratamente per via dell'interpretazione che ne è stata data, scritto nella Costituzione: l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. L'Italia però fa la guerra. L'Afghanistan, l'Iraq e prima ancora la Somalia nei primi anni '90 sono stati missioni di guerra nascoste da quel "peace" che serve, più che altro, a fare digerire spese e conto dei morti a una certa opinione pubblica, ma ancora di più ad una certa intellighenzia dominante.
Il generale sembra pensarlo quando afferma che esiste la "tendenza a cercare di stemperare i problemi, a dare una mano di bianco forse per confondere le idee". Non si può che essere d'accordo con lui.
I caduti. Bernardini a questo proposito è oltremodo chiaro: "Lo dico con autentico dolore: lo vadano a dire ai familiari di chi è coraggiosamente morto laggiù che erano missioni di pace con la bandiera arcobaleno". Questa retorica della pace ad ogni costo offenderebbe, quindi, la memorica di chi ha dato la vita in quelle missioni militari, ed il generale ha perfettamente ragione.
Il generale poi, così come i suoi colleghi, si scaglia contro l'attuale Governo per la gestione della Difesa. "Purtroppo le Forze Armate non sono in cima alla considerazione di una buona parte della compagine governativa" aggiungendo che questa sciagurata filosofia si evince, ma si potrebbe dire che si traduce, in quanto avviene - o non avviene - nello strumento Difesa italiano. Bernardini cita il Dpp - Documento Programmatico Pluriennale - prima approvato e poi tagliato nella legge di bilancio, che ha visto decurtare i fondi destinati alle FFAA in modo significativo.
Bernardini ne ha anche per il Presidente del Consiglio Conte, che ha detto "compreremo cinque fucili in meno" e che i nostri soldati "andranno nelle retrovie a parlare di pace" in occasione dell'assegnazione di fondi ad una Onlus per una borsa di studio. "Queste cose non si dicono" ha detto il generale "i militari, che sono tra i migliori servitori dello Stato, vanno rispettati".
C'è stato spazio anche per il famoso "2% del Pil" destinato alla Difesa fortemente voluto dalla Nato e dagli Stati Uniti, i quali vorrebbero "più assunzione di responsabilità" dai membri dell'Alleanza per poter svincolarsi - e svincolare i fondi - e poter mettere in pratica la politica del "America first" del Presidente Trump.
Bernardini a questo proposito fa presente, per la prima volta, uno "stratagemma" ben noto agli addetti ai lavori: per cercare di approssimarsi all'obiettivo del 2% - comunque ben lontano - nei bilanci vengono citate voci non propriamente "militari" come quelle per la sicurezza cibernetica, che comunque rappresenta un ambito importante della Difesa moderna così come è entrata a far parte della nostra vita di ogni giorno, sempre più legata al World Wide Web.
Per quanto riguarda le questioni più pragmatiche anche l'intervistato ha le idee chiare: la politica "dual use" va bene ma sino ad un certo punto: un conto è avere un elicottero che può essere parzialmente usato per uso civile, un conto è impiegare l'Esercito per pattugliare le strade, tappare le buche e portare via la spazzatura. In questo modo, dice Bernardini, si umiliano i militari: "sostenere che i soldati debbano occuparsi prioritariamente di queste cose è altamente offensivo" sono state le sue parole.
Insomma il generale Bernardini ha parlato proprio a ruota libera non avendo nemmeno fatto mancare il suo appoggio al collega - in servizio - Riccò che a Viterbo il 25 aprile scorso ha abbandonato le celebrazioni in polemica con il Presidente dell'Anpi locale a causa di un discorso oltremodo fazioso. Qui Bernardini fa sapere che al posto di Riccò, probabilmente "anzi sicuramente" avrebbe chiesto di prendere la parola per affermare con fermezza che quanto precedentemente affermato non fosse attinente al vero.
Quando gli viene fatto notare che qualcuno, pur dando ragione alle recenti dichiarazioni degli ex alti ufficiali, rimprovera che certe cose vengano dette solo ora, una volta raggiunto il termine della carriera il generale risponde che "tanti di noi, io tra questi,
queste cose le hanno dette in epoca non sospetta, e pagando sempre di persona. Certo le abbiamo dette nelle sedi opportune, nei fori appropriati. Il problema è l'ascolto che una parte della classe politica vuol concedere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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