Perché il Regno Unito, nonostante il cambio di tre premier e di ben quattro Cancellieri dello Scacchiere da luglio a oggi e il caos nel Partito Conservatore, non torna al voto? Il dato è interessante se si pensa a diverse questioni legate alla lettura - spesso incompresa - che viene fatta del sistema politico inglese. Associato a una strutturale stabilità per il combinato disposto tra bipartitismo tra Tory e Laburisti e il sistema maggioritario uninominale che, però, in questi ultimi anni ha prodotto però il suo inverso, il caos istituzionale.
Potere e voto nel Regno Unito: il legame partito-governo
Dopo la fine del governo di Boris Johnson i Tory hanno scelto Liz Truss come nuova premier e, terminata l'esperienza disastrosa della terza donna a Downing Street, incoronato ora Rishi Sunak. Quinto capo del governo Conservatore dal 2010 a oggi e quarto di fila a essere scelto per via interna dal partito dopo Theresa May (2016), Johnson (2019) e la stessa Truss a settembre. Nel frattempo, i consensi politici dei Conservatori dopo dodici anni di fila di potere sono ai minimi da decenni. Questo può spiegare per che motivo le crisi di governo e il rovesciamento del maggioritario non producano il ritorno al voto.
I Parlamenti nel Regno Unito sono costruiti per durare e legati da un vincolo fiduciario al capo del governo. Capace di poter fare e disfare per quanto riguarda l'esecutivo ma costretto a mediare con la complessità della propria formazione. In Italia si discute a lungo sulla compatibilità tra i ruoli di segretario di partito e capo di governo; in Regno Unito è di fatto regola che il capo di una formazione politica maggioritaria sia anche capo del governo: simul stabunt, simul cadunt.
Questo è dovuto al fatto che il leader deve sia conquistare la fiducia alla Camera dei Comuni, che rappresenta la nazione nel suo complesso, sia mediare per organizzare la conquista della fiducia entro il partito, rappresentativo della pluralità politica, sociale e territoriale della formazione. Liz Truss di fatto non ha perso, nella sua rapidissima carriera da premier, un solo voto parlamentare. Ma gli stessi deputati che l'hanno sostenuta col voto l'hanno sfiduciata politicamente dopo il flop della sua manovra politica.
Come si torna al voto a Londra
Tornare al voto in Regno Unito è una procedura complessa. Il primo ministro del Regno Unito ha il potere de facto di indire elezioni a piacimento chiedendo uno scioglimento dal monarca. Dal 2011 al 2022, le condizioni per la convocazione di elezioni anticipate sono state significativamente limitate dal Fixed-term Parliaments Act 2011 (Ftpa) alle occasioni in cui il governo perde una mozione di fiducia o quando una supermaggioranza di due terzi dei parlamentari vota a favore.
Durante l'autunno 2019 ci sono stati tre tentativi di innescare un'elezione attraverso la disposizione dell'Ftpa per una maggioranza di due terzi: tutti falliti. Quindi l'Ftp è stato completamente aggirato dal Parlamento promulgando l'Early Parliamentary General Election Act 2019 che stabilisce una data fissata per le successive elezioni: le elezioni generali del Regno Unito del 2019. Ciò richiedeva solo una maggioranza semplice, a causa della dottrina della supremazia parlamentare: il Parlamento non può approvare una legge che non può essere cambiata o invertita da un futuro Parlamento.
Il Fixed-term Parliaments Act è stato abrogato il 24 marzo 2022 dal Dissolution and Calling of Parliament Act 2022, che ha ripristinato il potere del monarca di sciogliere il parlamento, su richiesta del Primo Ministro. Sunak potrebbe - e se ne parla in questi giorni - convocare una nuova elezione politica. A questo punto però Re Carlo III potrebbe opporre i Principi di Lascalles codificati nel 1950 dal segretario privato del Re Giorgio VI, Sir Alan Lascelles, sotto forma di una lettera al Times pubblicata il 2 maggio 1950. Sotto lo pseudonimo di "Senex". I principi stabiliscono che il voto può essere rifiutato dal sovrano se l'attuale Parlamento è ancora "vitale e in grado di svolgere il proprio lavoro", se un'elezione generale sarebbe "dannosa per l'economia nazionale", e se il sovrano potesse "contare sulla ricerca di un altro primo ministro che possa governare per un periodo ragionevole con una maggioranza funzionante nella Camera dei Comuni".
In questa fase almeno due elementi su tre creerebbero il dato politico per un rifiuto alle elezioni: i Tory hanno scelto il proprio nuovo premier di fatto sulla scia di un plebiscito tra i parlamentari vinto a mani basse da Sunak, e questo per la prassi valida il primo principio e il legame partito-governo; inoltre, sul secondo punto, Sunak ha legato proprio all'economia nazionale il suo futuro governo con l'obiettivo di condurlo al risanamento. Ma l'ipotesi di un'elezione anticipata è ridotta anche dal fatto che per Sunak si apre un'opportunità politica per riequilibrare i rapporti tra il primo ministro-segretario e un gruppo parlamentare che per molti predecessori è stato più carceriere che compagno di viaggio.
L'opportunità di Sunak: controllare partito e governo
Vi è di fatto da constatare, poi, che molti Parlamentari del Partito Conservatore hanno sostenuto in massa Sunak proprio temendo che un'alternativa meno certa portasse al venire meno di tali principi e dunque a un ritorno anticipato alle urne. Il maggioritario alla britannica unisce localismo e grande politica nazionale: un singolo deputato potrebbe essere chiamato a giocare contro il ritorno al voto più in nome dell'esito previsto nella sua circoscrizione che dell'agenda di governo. Questo ribalta il sistema in un rapporto dal basso verso l'alto che è diventato di prassi dopo che si è stabilita la logica del cambio in corsa dei premier svincolato dalle elezioni.
Dal 1979 a oggi il Regno Unito ha votato in undici occasioni e cambiato, contando Sunak, nove primi ministri. Solo tre, però, dopo l'esito delle elezioni: Margareth Thatcher nel 1979, Tony Blair nel 1997, David Cameron nel 2010. John Major nel 1992 ha inaugurato la prassi dei cambi in corsa in casa Tory, mentre in casa Labour Blair è stato sostituito nel 2007 da Gordon Brown per vie interne. Questa prassi ha di fatto ridotto il potere di controllo dei primi ministri sui gruppi parlamentari. Spostando il baricentro della politica sempre più dentro i partiti e invertendo quella prassi di organicità che ha a lungo fatto la fortuna del modello britannico.
Il modello di molte formazioni britanniche e del Partito Conservatore odierno sembra essere quella del Partito Democratico italiano, che in lunghi periodi di ancoraggio al potere ha visto però leadership sempre più fragili a causa dello sfasamento temporale tra l'elezione dei nuovi leader e quella dei gruppi parlamentari, sempre facenti riferimento a segretari precedenti. Sunak in questo senso dovrà ricucire con il gruppo di fedelissimi di Boris Johnson che lo ha a lungo considerato un traditore ma che al suo successo lega la prospettiva di rielezione. "Unite or die", avrebbe detto al Partito Conservatore poco dopo la sua elezione a leader il neo-primo ministro.
Che ha di fronte a sé l'occasione di invertire il rapporto come Johnson ha accarezzato di poter fare poco dopo il trionfo elettorale nel 2019. E tutto questo può allontanare il voto piuttosto che avvicinarlo ulteriormente come riportato da alcune indiscrezioni poco dopo l'ascesa del primo premier hindu della storia.
E Sunak si può trovare a essere, da un lato, costretto a governare dal vincolo di Lascalles tornato in auge dopo la fine della possibilità accordata al Parlamento di auto-sciogliersi, e dall'altro però rinforzato dalla necessità di portare governo e Tory a marciare uniti in nome del superamento della crisi del Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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