In altre circostanze sarebbe parsa forse una richiesta di circostanza quella avanzata dal ministero degli Esteri del Cairo, ma potrebbe assumere tutt'altro rilievo ora, con il caso Regeni più aperto che mai e una verità che - se mai arriverà - sembra comunque ancora troppo lontana.
Il dicastero del Cairo vuole essere informato sulla morte di un cittadino egiziano, avvenuta in Italia. C'è questo in una nota pubblicata dalle autorità nordafricane, che sottolineano come l'ambasciata a Roma segua "la questione in modo molto attento" e stia "per inviare una richiesta urgente alle autorità di sicurezza italiane".
Al Cairo vogliono una relazione urgente, ma pure i risultati dell'autopsia preliminare. E se sul decesso di Mohamed Baher Sobhy Ibrahim, trovato senza vita lungo i binari della ferrovia a Napoli lo scorso 30 aprile, è scontato che gli egiziani vogliano far luce, dall'altra parte la richiesta suona come il tentativo di creare un caso da contrapporre alla bufera che ha travolto il presidente al-Sisi e il resto delle autorità dopo l'uccisione e le barbare torture sul ricercatore italiano Giulio Regeni.
Il giovane egiziano era arrivato nel 2006 in Italia, da immigrato irregolare. Originario del governatorato di Monufia, era in possesso del passaporto, secondo le informazioni che arrivano dal Cairo. "Non è da meno di Giulio Regeni", scriveva oggi il quotidiano Youm7.
Il blog egiziano Egyptian Streets, che segue con attenzione l'attualità del Paese nordafricano, ricorda come nei mesi scorsi la pubblica accusa abbia avviato indagini su due altri casi: la morte di Sherif Adel, ucciso da un incendio a Londra. E quella di Mohamed Rushdi, trovato negli Stati Uniti senza vita e con "segni di tortura" sul corpo.
Il peso dato pubblicamente dal ministero degli Esteri a questi due casi, e a quello dell'uomo morto in Italia, sembrano voler segnalare il tentativo di contrapporre altre vicende alle accuse sull'italiano ucciso.
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