La rivincita Usa che diventò un autogol: armare Osama per vendicarsi dei sovietici

La rivincita Usa che diventò un autogol: armare Osama per vendicarsi dei sovietici

Tutto era cominciato molto prima. L'inizio della storia che ricordiamo perché accadde l'undici settembre 2001, va cercato in quel che era successo un altro ventennio prima, quando i sovietici invasero l'Afghanistan. Fu una catena di eventi che tendiamo a dimenticare anche perché comincia ad essere anziana la generazione che ricorda l'invasione sovietica del 1979. L'Urss di Leonid Breznev decise di entrare con le sue armate corazzate nel confinante Afghanistan su cui intendeva mantenere il controllo, sentendosi minacciata dall'incipiente rivoluzione islamica. In quello stesso anno lo Scià di Persia era stato defenestrato e in Iran si era instaurato il regime dell'Ayatollah Khomeini e noi occidentali ancora non riuscivamo a distinguere sciiti e sunniti. Quando le truppe sovietiche dilagarono in Afghanistan, in America si fece strada un'idea che poi risultò pericolosissima anche se vincente: rendere pan per focaccia ai sovietici per la loro strategia anti-Usa durante la guerra del Vietnam che si era conclusa nel 1974. I sovietici avevano sostenuto con i cinesi l'esercito regolare del Vietnam del Nord e i guerriglieri del Sud, portando gli americani ad una amara sconfitta. Adesso le parti si erano rovesciate: gli americani aiutavano potentemente gli afghani a resistere contro i sovietici portando loro armi modernissime e micidiali come il lanciamissili a spalla Stinger, capaci di abbattere elicotteri ed aerei.

I sovietici subirono una disfatta terribile con più di cinquantamila morti e gli afgani festeggiarono la vittoria attribuendola soltanto alla propria superiorità morale di combattenti senza paura di morire. Fra quei combattenti c'era anche un ricchissimo imprenditore edile arabo saudita, Osama bin Laden, rampollo di una famiglia con molte attività negli Stati Uniti. Osama aveva portato in Afghanistan i suoi macchinari edili per costruire tunnel, mura, difese efficaci ed aveva maturato una avversione radicale contro gli americani che avevano posto basi militari in Arabia Saudita, il suo Paese, per proteggerlo dalle mire irachene e dai nuovi fondamentalismi. Osama era stato indicato come uno degli ispiratori del primo grave attentato al World Trade Center nel 1993: un ordigno nei garage del complesso avrebbe dovuto far crollare entrambe le Torri. Un lavoro di ingegneria distruttiva andato male, ma da cui tutto il mondo aveva già imparato che quel centro di commercio mondiale erano stati assunti come simboli del capitalismo degli stessi Stati Uniti e dell'intero mondo occidentale. I servizi segreti americani cedevano poco al ruolo di leader di Osama finché non fu troppo tardi. Il ricco saudita prima di andare in Afghanistan aveva avuto un ruolo in Sudan dove aveva formato un primo nucleo di combattenti islamici. Ed era stato lui ad organizzare le brigate internazionali islamiche che accorsero da tutto il mondo per combattere in Afghanistan. Tecnicamente, Osama bin Laden e gli americani erano stati dunque alleati durante la guerriglia antisovietica, ma l'imprenditore saudita che aveva spesso concluso contratti in America era rimasto sconvolto quando il suo Paese aveva chiesto e accolto un contingente americano sul suolo patrio, meta dei pellegrinaggi islamici da tutto il mondo. Osama, dopo aver espulso i sovietici, voleva impedire agli americani di cantare vittoria nel suo mondo. Per farlo, decise di recapitare agli americani il più potente messaggio che fosse in grado di ristabilire le distanze e costituire allo stesso tempo una dichiarazione di guerra santa jihad permanente.

Tutti ricordano le immagini e quelle sono indelebili e sempre visibili. Io di quella giornata e delle tante successive ricordo il sapore dell'aria che dopo un mese era piena di un pulviscolo duro e marcio che conteneva atomi di macerie di cemento e ossa umane, carburante e combustione di corpi. Tutti ricordiamo l'eroico Rudolph Giuliani, sindaco di New York, sempre nella polvere aiutando e sostenendo insieme ai giganteschi vigili del fuoco di New York, che poi scoprimmo essere quasi tutti di origine italiana. A Ground Zero per mesi mettevano foto e biglietti: avete visto la mia bambina? Avete visto i miei genitori? Qualcuno ha notizie di questa donna? Oggi in quel luogo c'è un nuovo grattacielo leggero e svettante con un ascensore che mentre si sale permette di vedere proiettata su uno schermo virtuale la storia in progress di New York e la storia dell'homo faber occidentale che l'ha creata come monumento all'intelligenza laboriosa, all'arte, al rispetto umano.

Bin Laden, vecchio e malato, barricato nel suo compound, fu fatto trucidare senza processo dal presidente Obama, che mandò una squadra di esecutori venuti a ucciderlo. Aveva accanto un Kalashnikov che non fece in tempo a impugnare e morì così, senza combattimento e senza gloria. Il suo corpo fu ridotto in cenere e le ceneri vennero disperse in mare dagli americani per impedire pellegrinaggi e qualsiasi tipo di speculazione.

Come testimone, posso dire che tutta la numerosa popolazione araba musulmana americana e in particolare di New York fu assolutamente solidale con la nuova patria: ogni casa e ogni moschea ce ne sono più di cento fra l'aeroporto JFK e la città - aveva una bandiera americana a mezz' asta e il presidente Bush subito dopo l'attentato andò nei luoghi di culto islamico per rassicurare i suoi concittadini che l'America sapeva distinguere e non si sarebbe lanciata in una crociata. Poi però la guerra afghana fu anche una crociata, finita nel peggiore dei modi, come abbiamo visti in questi giorni.

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