Continua a far discutere il rosario ai confini al quale hanno partecipato all’inizio di ottobre milioni di fedeli polacchi.
Un’iniziativa promossa da laici, ma sponsorizzata dalla locale conferenza episcopale e dall’emittente Radio Maryja, che ha trasmesso in diretta le celebrazioni, che non è stata esente da critiche. Molti dei partecipanti, infatti, avevano dichiarato ad alcuni media di voler pregare, nel giorno della festa della Madonna del Rosario e dell’anniversario della battaglia di Lepanto, contro “l’invasione islamica” dell’Europa. “È necessario tornare alle radici cristiane della cultura europea se vogliamo che l’Europa rimanga Europa”, aveva detto, inoltre, l’arcivescovo di Cracovia, monsignor Marek Jedraszewski, nell’omelia pronunciata durante la Messa che ha dato il via all’evento. Parole che avevano suscitato polemiche da parte dell’opposizione liberale, la quale, dalle colonne del quotidiano Gazeta Wyborcza, aveva accusato il governo di Varsavia di voler strumentalizzare la preghiera collettiva di milioni di fedeli per promuovere la sua politica di opposizione ai piani della Commissione Europea sui ricollocamenti dei migranti sbarcati in Italia e Grecia.
Il “muro” spirituale eretto simbolicamente alle frontiere polacche per sensibilizzare le altre nazioni a “tornare alle radici cristiane della cultura europea”, non dev’essere piaciuto nemmeno a Papa Francesco che, del resto, ha fatto della battaglia contro i "muri" l’essenza del suo pontificato. Su L’Osservatore Romano, quotidiano ufficiale della Santa Sede, infatti, la notizia del rosario ai confini non è stata neppure accennata e lo stesso Santo Padre ha preferito non fare riferimento all’iniziativa, che pure ha raccolto l’adesione di milioni di cattolici in Polonia. Un silenzio assordante, al punto che, qualche giorno dopo, il portavoce della Conferenza episcopale polacca, don Pawel Rytel-Andrianik, era dovuto intevenire sulla questione in un’intervista al quotidiano dei vescovi, Avvenire, per chiarire come lo scopo della manifestazione fosse unicamente quello di pregare "per la pace”. Tutte le altre interpretazioni sono “forzate” e volte a “strumentalizzare l’evento religioso”, aveva precisato monsignor Rytel-Andrianik.
Ma oggi a stigmatizzare l’iniziativa sono arrivate anche le dure parole di monsignor Wojciech Polak primate di Polonia e arcivescovo metropolita di Gniezno, il quale ha annunciato la sua decisione di sospendere a divinis qualsiasi sacerdote cattolico che in futuro prenderà parte a manifestazioni contro i migranti. Il riferimento, neppure troppo velato, sembra essere rivolto proprio alla manifestazione del 7 ottobre scorso. "Se dovessi avere notizia di una protesta contro i profughi alla quale i miei preti dovessero aver partecipato, la mia risposta sarà rapida: ogni sacerdote che si unisce a queste manifestazioni sarà sospeso”, ha detto perentorio monsignor Polak, “in una situazione in cui ci sono preti che esplicitamente sostengono una parte in conflitto, debbo agire immediatamente". L’ammonimento del primate polacco arriva in un periodo particolarmente delicato per il Paese, in cui la questione dell'immigrazione domina il dibattito politico interno.
Il governo conservatore di Varsavia, infatti, è stato oggetto lo scorso giugno di una procedura di infrazione decisa dalla Commissione Europea, a causa dell'ennesimo rifiuto della Polonia di accogliere la propria quota di migranti sbarcati in Italia e Grecia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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