Russia, la valenza strategica dell'Artico

Entro il 2020 la Russia avrà in servizio attivo dieci stazioni di ricerca, sedici porti, tredici aeroporti e dieci radar di difesa aerea. Le strategie militari, le implicazioni commerciali e le risorse dell'Artico

Russia, la valenza strategica dell'Artico

La Russia ha dichiarato operativa la base di Kotelny, nelle remote isole della Nuova Siberia. Dal dicembre del 2012, Mosca ha avviato un’attività sistematica volta a rafforzare la propria presenza militare nella regione. Qualsiasi scenario nucleare riguarderà l’Artico, dal momento che è il percorso di volo più breve tra Usa e Russia. Ecco perché la militarizzazione dell’Artico, con la costruzione di nuove basi o il riutilizzo dei vecchi impianti sovietici, rimarrà una delle priorità della leadership russa nei prossimi anni. Entro il 2020, Mosca avrà in servizio attivo, tra il 70° e l’80° parallelo, dieci stazioni artiche di ricerca e salvataggio, sedici porti in grado di garantire assistenza logistica ai sottomarini strategici, tredici aeroporti e dieci stazioni radar di difesa aerea in grado di coprire la periferia artica di pertinenza. Sei basi militari operative si trovano sulla sponda settentrionale del paese e sulle isole artiche periferiche. Le basi di Zyvozdny, Nagurskoye, Rogachevo, Mys Shmidta, Sredny Ostrov e Temp sono state equipaggiate per la permanenza a lungo termine del personale militare. Sistemi di allerta e controllo nell’Artico rispondono al Comando Unificato Strategico della Flotta del Nord, creato due anni fa: è una linea di comando più maneggevole per far fronte alle attività connesse nel campo aerospaziale. Il 22 aprile del 2014, durante una riunione del consiglio di sicurezza russo, il presidente Vladimir Putin annunciò la costruzione di una nuova rete unificata di strutture navali sui propri territori artici in grado di ospitare navi da guerra e sottomarini strategici. Analizzando le capacità della Flotta del Nord, il Cremlino intuì che non sarebbero state sufficienti per garantire la sicurezza nazionale ed intercettare e distruggere i missili in arrivo al confine con la Russia.

La valenza strategica dell’Artico

Durante la guerra fredda, le principali rotte di volo per le forze aerospaziali del blocco sovietico e degli Stati Uniti, furono identificate attraverso il Polo Nord. Ancora oggi, la traiettoria sopra l’Artico è la via più breve per collegare i territori statunitensi con quelli russi nelle operazioni globali aerospaziali. Con tale termine ci riferiamo alla capacità di colpire obiettivi attraverso sistemi d’arma che provengono dallo spazio esterno. Dal 1960 ad oggi, le traiettorie di volo per i missili balistici intercontinentali (ICBM) e lanciati da sottomarini (SLBM) degli Stati Uniti cosi come quelli russi, passano sopra l’Artico, considerato il principale settore strategico aerospaziale. Tralasciando lo scenario ipersonico ed il concetto di attacco globale rapido statunitense, soffermiamoci sulle capacità attuali delle forze nucleari strategiche. Appare evidente, considerando il tempo di volo di attacco, che proprio l’Artico diverrebbe il principale teatro operativo. Parliamo di uno scenario da First Strike, ovvero lancio preventivo di testate nucleari contro un paese X. Sebbene unità navali e bombardieri strategici possano lanciare i loro missili da crociera ad alta precisione sopra l’Artico, appare improbabile che il primo e determinante attacco volto a decapitare la linea decisionale nemica, possa essere affidata a tali asset. Sarà, invece, la componente sottomarina strategica a lanciare dalle profondità (120 metri). Sebbene la triplice capacità strategica di Usa e Russia, conferisca diverse opzioni d’attacco, è un retaggio della guerra fredda che non tiene conto di un asset moderno. La stessa definizione di potenza scalabile è meramente teorica: l’impiego di testate nucleari tattiche a bassa resa esplosiva sarebbe inverosimile sia in caso di attacco preventivo che come arma di rappresaglia localizzata. Così come le palesi simmetrie di un asset fisso, come quello rappresentato dai missili balistici intercontinentali riposti nei silos. Ostaggio della loro stessa geo-localizzazione, verrebbero rilevati dalla rete satellitare già nella fase di spinta. L’impiego della componente fissa potrebbe comportare una risposta nucleare prima ancora che il missile raggiunga il bersaglio. La sua posizione, negli scenari del futuro, è il principale nemico della componente strategica terrestre in un attacco preventivo. Senza considerare, infine, la possibile traiettoria balistica di attacco che potrebbe innescare una risposta nucleare non voluta di un terzo paese, a seguito della violazione dello spazio aereo sovrano. Ecco perché il valore militare e politico della regione artica assume un’immensa valenza strategica. Ciò è dimostrato dal fatto che i pattugliamenti artici dei boomer della US Navy non si sono mai conclusi, mentre da alcuni mesi sono ripresi quelli inglesi e russi. Il dispiegamento di truppe russe nell’Artico è iniziato nel dicembre del 2012, con l’invio di unità di guerra elettronica mentre presso la città di Vortuka, a nord del circolo polare, sono iniziati i lavori per la costruzione della rete radar. La Russia completerà la rete di rilevazione radar artica classe Voronezh, seimila chilometri di scoperta con capacità di tracciare simultaneamente 500 target, entro il 2018. Il disegno di Mosca prevede anche un radar di difesa aerea completamente automatizzato, interfacciato con gli S/300/400/500, in grado di rilevare minacce stratificate, ad una distanza massima di 3 000 chilometri. Il radar di allarme precoce automatizzato, soprannominato Container, permetterà di coprire la maggior parte dell’Europa. Le stazioni radar di rilevamento già attive ed in allerta da combattimento sono ubicate a Wrangel Island e Cape Schmidt. Attivata la base Nagurskoye nell’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe e Novaja Zemlja.

Le implicazioni commerciali e le risorse dell'Artico

Con le basi nella regione artica, la Russia sarà in grado di sfruttare le risorse nel sottosuolo e monitorare le rotte strategiche. Così facendo, Mosca proteggerà il suo accesso alle potenziali risorse e ritornerà ad avere un ruolo principale nell’equilibrio militare tra le super potenze. Il riscaldamento della calotta polare rivelerà grandi risorse naturali non ancora sfruttate. Il fondo marino dell'Artico dovrebbe custodire il 15% del petrolio rimanente del mondo, fino al 30% dei suoi giacimenti di gas naturale e circa il 20% del suo gas naturale liquefatto. A causa del fenomeno dell’amplificazione artica, la regione si surriscalda in tempi molto più brevi rispetto a quanto avviene in qualsiasi altra parte del globo.

La scomparsa del ghiaccio marino è stimata al 2030, con rotte del Mare del Nord che diverranno percorribili per nove mesi all’anno. Ciò si traduce in una riduzione del tempo di viaggio, pari al 60%, tra Europa ed Asia orientale rispetto a quelle attuali attraverso Panama ed il Canale di Suez.

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