Tetto al gas fermo: le ombre degli "sconti" di Gazprom alla Germania

Berlino non vuole più il tetto europeo sul prezzo al gas ma, si nota confrontando le banche dati, paga il gas russo un terzo della media europea. Cosa succederà in futuro?

Tetto al gas fermo: le ombre degli "sconti" di Gazprom alla Germania

Negli ultimi giorni la Germania è tornata a essere scettica sull'apposizione di un tetto europeo al prezzo del gas, in primis quello acquistato dalla Russia, in una fase in cui il contrasto all'inflazione tornava ad essere il vero motore della politica economica di Berlino, il Ministro delle Finanze Christian Lindner avvertiva sulla necessità di tornare al Patto di Stabilità e la Bundesbank premeva per incisivi aumenti dei tassi sulla Banca centrale europea. Come mai questo irrigidimento? Gioca sicuramente la paura tedesca per la possibile interruzione delle forniture da Mosca, ma paradossalmente a questo timore si somma un equilibro "situazionista" che adesso avvantaggia relativamente la Germania.

Al contrario di quanto successo in altri casi, dopo l'invasione dell'Ucraina la Germania non si è ritirata unilateralmente dagli accordi-quadro di fornitura di gas da Mosca né ha visto la Russia fare altrettanto. Certo, la Russia sta usando l'energia come arma, a luglio ha ridotto di due terzi le forniture gasiere via Nord Stream e spesso usa le chiusure della conduttura baltica come arma, ma la Germania non è vittima di un'offensiva di prezzo e, anzi, secondo quanto ha rivelato Il Corriere della Sera confrontando la banca dati tedesca di Destatis con quella Eurostat, pagherebbe il gas russo un terzo del costo imposto al resto dell'Europa. Prima che la Russia invadesse l'Ucraina, la Germania otteneva il 55% del suo gas dalla Russia. È riuscita a ridurlo al 35 per cento e ha promesso di porre fine completamente alle importazioni. Ma ora come ora non può farne a meno e le dinamiche di prezzo, in tal senso, non pressano.

I dati in materia sono molto riservati ma la corsa dei prezzi al Ttf di Amsterdam, nota il Corriere, ha reso mese dopo mese più relativamente conveniente per Berlino acquistare il gas di Mosca: "Nel gennaio 2021 il costo unitario di Gazprom per la Germania era più vantaggioso rispetto alla media europea di un po' più del 10%, per esempio; ma all'inizio di quest' estate era già la metà o anche meno rispetto a quello praticato da Gazprom all'Ungheria o alla Lettonia (meno di 40 euro a megawattora contro oltre 80 euro, secondo la Commissione Ue)". E, per confrontare Berlino all'altro Paese più dipendente dal gas di Mosca, "la Germania compra da Gazprom volumi più che doppi rispetto all'Italia, eppure l'Italia paga in totale quasi un quinto in più (758 contro 647 milioni)".

Cosa influisce in questi trend? In primo luogo, sicuramente, la maggiore vicinanza geografica e le connessioni infrastrutturali russo-tedesche lasciano pensare che le economie di scala, anche in un contesto di guerra energetica tra Russia e Ue, continuino a essere profittevoli. In secondo luogo, si nota tutta la differenza tra il peso degli accordi-quadro sul gas firmati tra i governi e che anche nell'ora più buia della fine della "GeRussia" continuano a produrre dividendi. Terzo punto è il sostanziale disaccoppiamento tra il mercato russo e i prezzi del Ttf, che complici i minori costi di gestione interni e la convenienza di estrazione del gas russo a parità di potere d'acquisto consente a Mosca di vendere sottocosto nei mercati più strategici. C'è poi un effetto geopolitico e, al contempo, psicologico: la Russia non ha convenienza a vendere a prezzi maggiorati a Berlino, perchhé proprio il mantenimento di questa quota residua di dipendenza può essere, in inverno, la più grande delle armi di ricatto verso la Germania.

Tutto questo deve far pensare inoltre alla necessità di pensare il tetto al gas come strutturale e fondato su una seria diversificazione delle fonti rispetto alla Russia, perché altrimenti la minaccia per l'Europa è ridurre il costo del gas interno a livelli tali da rendere, paradossalmente, sostenibili solo le acquisizioni energetiche dalla Russia.

Berlino "bara" a livello europeo ma in quest'ottica la sua opposizione al tetto al gas, dovuta alla convenienza personale e al rifiuto di spendere denaro per garantire prezzi più bassi al resto d'Europa capaci di rendere più concorrenziali le altre economie rispetto alla sua, deve essere la giusta premessa per pensare a un'agenda più ambiziosa che unisca economia e geopolitica. Capace di guardare oltre ogni possibile ricatto energetico russo e, anzi, di anestetizzarne gli effetti.

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