Solo lo stile ci potrà salvare

Viviamo in una società sempre più caotica e confusionaria. Ma c'è un modo per uscirne...

Solo lo stile ci potrà salvare

Aveva ragione Glenn O'Brien quando, nel suo Essere uomo (Piemme), scriveva che "stiamo vivendo in uno di quei periodi di 'declino e caduta' durante i quali le grandi civiltà crollano e i potenti vengono umiliati". Basta guardarsi attorno per comprenderlo: ovunque domina - e viene preso ad esempio - l'uomo "massa", per usare una fortunata espressione di Ortega y Gasset: "Massa - scrive il filosofo spagnolo - è tutto ciò che non valuta se stesso − né in bene né in male − mediante ragioni speciali, ma che si sente 'come tutto il mondo', e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri". L'uomo massa non è solo l'uomo omologato, ma anche (e soprattutto) quello che vuole omologare tutto ciò che ha attorno a sé per renderlo grigio. È l'uomo volgare, che non aspira a migliorarsi e gode della propria mediocrità.

Grazie a Dio, però, esistono ancora delle eccezioni che riconoscono la supremazione dell'estetica sull'etica. Perché fare o non fare una cosa è innanzitutto una questione di stile. Come notava Glenn O'Brien, infatti, "il comportamento cavalleresco è la chiave segreta di una società utopistica. (...) In questo periodo storico, solo un codice di comportamento sostenuto dalla cultura, non la lotta armata, può portare a una società senza Stato. Il vero anarchico, sostenitore della libertà e nemico di un governo invadente, non può che considerare le buone maniere come le inevitabili sostitute della legge. Una società sana non ha bisogno di tanti leggi, perché i comportamenti offensivi 'non stanno bene'".

Che fare allora? Recuperare noi stessi, la nostra cultura, la nostra educazione. E perfino il nostro modo di vestire, sempre più soggetto alle mode e, quindi, effimero. Già vecchio dopo pochi mesi. Senza radici. Può sembrare un fattore secondario ma non è così. La forma è sostanza.

Fabio Bernieri, in arte Douglas Mortimer, ha recentemente pubblicato per le Edizioni Npe un libro intitolato Manuale di eleganza classica maschile. Ed è da questo prezioso libriccino che possiamo iniziare il nostro percorso di ricostruzione. "In questo testo - scrive l'Autore - parleremo (...) di quella che viene propriamente definita 'eleganza classica', cioè quel vasto ed eterogeneo complesso di regole e di consuetudini che sono alla base dell'abbigliamento classico maschile".

Qui, l'autore coglie uno dei problemi del tempo presente: abbiamo dimenticato le regole del vestire. Non sappiamo più né quando né come indossare un abito: "L'eleganza classica è tale solo se contestuale. Non può prescindere cioè dalle caratteristiche del contesto, quali l'occasione (cerimonia, lavoro, tempo libero, ecc.), il luogo (città, mare, campagna, montagna), la stagione (primavera/estate o autunno/inverno) e l'orario (dì o sera)". Ed è questo il bello dello stile classico: ogni luogo, ogni stagione, e perfino ogni ora, richiede un abito adatto. Altrimenti si rischia di fare come Mark Zuckerberg che, dopo una vita passata indossando solamente t-shirt grigie, ha rispolverato un classico abito blu solamente per parlare davanti al Congresso a causa del pasticcio Cambridge Analytica (situazione che sconsigliamo vivamente).

Per ogni occasione, Douglas Mortimer fornisce consigli sia su ciò che è bene indossare sia su ciò che è meglio evitare (vi vediamo mentre girate con la camicia a maniche corte accompagnata da un borsello). E, soprattutto, ripercorre le regole del gioco del vestire. Ce n'era estramanente bisogno. Grazie.

Ma non di soli abiti vive l'uomo. L'eleganza è anche, e soprattutto, una questione di comportamenti. Questa volta, ci viene incontro Samuele Briatore, autore di Come usare le parole giuste in qualsiasi occasione - quasi un seguito di Le regole delle buone maniere (entrambi Newton Compton editori) - e presidente dell'Accademia italiana del Galateo.

Nel suo ultimo libro, Briatore ci insegna a riempire le nostre conversazioni e a renderci oratori migliori. Prima per gli altri che per noi stessi. Del resto, il Galateo nasce proprio dal desiderio di "divenire consapevoli del senso dei nostri gesti quotidiani e di come comunichiamo", come scrive l'autore.

Già, ma come si comunica? I talkshow e i social sono come la giungla: vince solo chi urla più forte. Che fare? L'idea di Briatore è quella di tornare a una "comunicazione gentile", ovvero l'attività del parlare, "intesa come un flusso di emozioni e come una relazione che si potrà rafforzare solo attraverso la nostra volontà e la nostra consapevolezza". Contrariamente a quanto uno possa pensare, questo tipo di comunicazione non è affatto per i deboli, ma per i forti perché chi intende praticarla deve "avere sempre chiaro i concetti di rispetto e autocontrollo.

Avere controllo su stessi è un grande sforzo per renderci migliori e non cedere a comportamenti inappropriati che possano offendere o addirittura ferire il prossimo".

Chi pensa che questi temi siano futili si sbaglia di grosso. Hanno a che fare con la nostra vita. Con il nostro futuro. Prima lo capiremo e meglio sarà.

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