Ci sono storie collettive, di atrocità corali, all'interno delle quali talvolta però, basta cambiare il focale per rendersi conto di come anche la tragedia dei più possa contenere delle realtà controtendenza, fatte da singoli in grado di combattere il titanismo dell'orrore con il coraggio della smisurata forza del lavoro quotidiano.
C'è un Paese, che tra i tanti nomi ufficiali e meno ufficiali, da Congo belga a Zaire a Repubblica Democratica del Congo, è riuscito a guadagnarsi anche l'epiteto di Nazione degli stupri.
Lo stupro come arma di guerra, la violenza carnale come sfregio all'identità umana. E nel Paese africano, dove stando a un report del 2011 circa 1000 donne sono vittime di sevizie ogni giorno, il dramma dell'abuso sessuale è una piaga difronte la quale gli occhi si chiudono, le orecchie smettono di ascoltare e così nel rifugio dorato dell'omertà il paradosso diviene legge: i carnefici sfoggiano sorrisi di impunità mentre le vittime si trovano isolate tra vergogna e solitudine.
Il Dottor Denis Mukwege, che gestisce la clinica Panzi a Bukavù nel Sud-Kivu, da anni però si batte contro questo fenomeno e ha accolto e salvato la vita nella sua struttura a oltre 40mila donne, alcune delle quali vittime di stupri di massa commessi da milizie e truppe regolari.
Il ginecologo, vincitore del premio Shakarov 2014 nonché candidato al Premio Nobel, e già oggetto di diversi attentati, è divenuto il protagonista della nuova pellicola del regista belga Thierry Michel il film “L'uomo che ripara le donne”, e che racconta appunto la storia del medico africano. La proiezione è stata però censurata dalle autorità congolesi.
Un'implicita fatwa marziale quella emessa dal governo di Kinshasa, dal momento che la motivazione con cui è stato proibito il film è perché lede l'onorabilità delle forze armate. Il ministro della comunicazione Lambert Mende ha infatti dichiarato che alcuni passaggi della pellicola sono «inaccettabili» e poi ha aggiunto « Noi conosciamo soldati che sono morti nei combattimenti. Non possiamo accettare che vengano accusati di stupro». Immediata è arrivata la replica del regista Thierry Michel « Lambert non può negare che ci sono dei processi in corso in RDC. Questo film ha conosciuto un grande successo all'estero e sarà proiettato a Washington, New York e Parigi. Ma i congolesi non potranno vederlo. E' pietoso». Anche il dottor Denis Mukwege è intervenuto dicendo « E' la dimostrazione della volontà del governo di negare al popolo il diritto d'accesso all'informazione per controllarlo meglio» e poi ha mosso critiche contro il governo accusandolo di limitare sempre più le libertà individuali.
Ecco quindi la censura che garrisce nel nome dell'onore e della Patria, la repressione della burocrazia e la retorica delle divise che trasforma criminali in
probiviri in armi, lo sciovinismo che rende la Nazione una Madre assoluta da difendere da infamie e accuse e la bandiera nazionale da calare immacolata, come fosse un sipario, sulla verità di quarantamila vite insanguinate.
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