Il tecnico rapito in Libia: "Vogliono islamizzare l'Italia"

Gianluca Salviato racconta gli otto mesi passati come prigioniero dei tagliagole

Il tecnico rapito in Libia: "Vogliono islamizzare l'Italia"

"Io voglio un'Italia tutto Islam". Poche parole che raccontano come ci vedono gli estremisti islamici. Parole pronunciate da uno dei carcerieri di Gianluca Salviato, il dipendente della ditta Ravanelli rapito il 22 marzo dall’Isis in Libia e liberato lo scorso fine settimana, che a Libero racconta gli otto mesi di prigionia.

"Militarmente sono molto organizzati", spiega, "Il mio rapimento è stata un'azione di guerra in piena regola". E sul pericolo in Italia aggiunge: "Al momento non parlerei di una possibile guerra da noi. Però sì, c'è il rischio che possa accadere qualcosa nelle nostre città. Quella è gente disposta a tutto per la causa".

Del resto i rapitori "qualche parola di italiano la conoscevano", racconta Salviato: "Si definivano mujaheddin per la Jihad islamica. Erano giovani, dal tono della voce non avevano più di 30, 35 anni".

Il tecnico venero sottolinea poi che "gli servivo vivo" e che per questo, a parte i primi giorni in cui era stato picchiato, è stato "nei limiti del possible trattato con rispetto". Ma per ora non tornerebbe in Libia: "La situazione là è troppo complicata. C'è la guerra. Vogliono conquistare il mondo, non solo l'Italia".

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