In un'ampia intervista all'Economist, ripresa anche dal Corriere della sera, Donald Trump svela cosa c'è davvero dietro alla riforma sanitaria, su cui tanto sta puntando: "Riusciremo a risparmiare un bel po', qualcosa come 400-900 miliardi di dollari. E tutti quei soldi andranno nella riduzione delle imposte. Un risparmio tremendo". Si tratta dunque di un tassello fondamentale, nell'agenda della Casa Bianca, per mantenere una delle promesse più importanti fatte agli americani. Il presidente detta la linea della politica americana in ambito di tasse, accordi commerciali e immigrazione. "Con me ci sarà il più grande taglio di tasse della storia", ha promesso il presidente Usa. E poi: "Stiamo pensando a una ristrutturazione massiccia del Nafta", perché "non abbiamo altra scelta". E ancora: "Nel caso della Corea del Sud abbiamo un accordo stipulato da Hillary Clinton che è spaventoso. Se riusciremo a siglare accordi giusti le cose andranno molto bene per il nostro Paese".
Trump torna a ribadire che intende attuare il più grande taglio fiscale della storia americana. "Se le nostre aziende lasciano il Paese, se ne vanno per molte ragioni ma una delle principali è la pressione fiscale troppo alta. Quando se ne vanno, mettiamo che fabbricano macchine o condizionatori o qualunque altra cosa, ecco che vanno ad aprire una fabbrica da qualche altra parte e spediscono il condizionatore o la macchina nel nostro Paese, senza pagare tasse. Questo non accadrà più. Dovranno pagare una tassa molto elevata, che si aggira attorno al 35%. Ma non si tratta di un aumento di tasse, questa non è una tassa. In altre parole, non dovete far altro che restare qui e non dovrete... ma al momento stiamo riducendo la pressione fiscale a tal punto che non avrete nemmeno bisogno di una barriera. L’altra cosa, nel caso in cui... sono convinto che potrebbe essere tra i 4 e i 5 trilioni di dollari stimati. Io credo che... non sarei sorpreso se fosse 5 trilioni di dollari, ma ci andiamo vicino. Stiamo facendo ritornare a casa quei soldi. E ci sono due barriere da tenere d’occhio. La barriera delle tasse, che vogliamo sistemare. Vogliamo ridurla al 10%. Adesso è 35%...".
Il presidente nega con fermezza di essere contrario al libero scambio. E chiarisce la propria posizione: "C’è bisogno di reciprocità nei termini dei nostri accordi commerciali. Ci sono nazioni dove… applicano fino al 100% di imposte o dazi per un certo prodotto, e per lo stesso prodotto a noi non ne viene niente. Non è giusto. E la cosa interessante è che se io provo a mettere una tassa del 10%, ecco i sostenitori del libero scambio che mi accusano, 'Lui non crede nel libero scambio', e invece io sì, ci credo, assolutamente. Sono per lo scambio commerciale libero e aperto, ma voglio che sia anche intelligente, e giusto. Ma quelli dicono che io non lo sono, al 10%. Ma se io dico allora mettiamo una tassa reciproca, del 62 o del 47%, e sono cifre grosse, nessuno può lamentarsi. È davvero strano. La storia è questa. Ha a che fare con il commercio. Abbiamo tanti accordi pessimi. Al punto tale che non sono sicuro se il nostro paese ha mai siglato accordi buoni. Non so chi sia stato a metterci dentro il Nafta, che è solo a favore di una parte. Sia dal punto di vista del Canada che del Messico. A vantaggio di una sola parte. Wilbur (Ross, il segretario al commercio) vi confermerà che perdiamo sempre, davanti ai tribunali canadesi. Ebbene, i giudici sono tre canadesi e due americani, per forza che perdiamo sempre. Ma non perderemo più. Sì, è una situazione davvero ingiusta. Però allo stesso tempo ho un ottimo rapporto con Justin (Trudeau, il primo ministro canadese, ndr) e un ottimo rapporto con il presidente messicano. Stavo per recedere dall’accordo Nafta la settimana scorsa, ero pronto a farlo, chiudere in sei mesi. Stavo per spedire una lettera per dirglielo, tra sei mesi si chiude tutto. Ma si è sparsa la voce, loro mi hanno chiamato e mi hanno detto che sarebbero disposti… mi hanno chiamato separatamente, ma è stato fantastico. Mi hanno chiamato separatamente a dieci minuti di distanza l’uno dall’altro. Appena ho messo giù il telefono con il presidente messicano mi ha chiamato il primo ministro canadese. E tutti e due mi hanno fatto la stessa identica domanda. 'Vorremmo sapere se è possibile aprire un negoziato, invece di abolire il trattato'. E io gli ho detto, 'Certo, assolutamente'. Così abbiamo fatto e ci metteremo al lavoro".
Sull'immigrazione il presidente ribadisce che vuole "fermare l'immigrazione illegale", non quella legale. "Voglio che la gente entri in questo Paese legalmente. Ma voglio anche stabilire una condizione al momento giusto, che la gente che arriva si impegni a non chiedere... a non ricevere nessuna forma di sussidio per vivere nel nostro Paese per un periodo di almeno cinque anni".
Nell'intervista c'è spazio anche al rapporto (delicato) con la Cina. "Mi piace molto Xi Jinping e penso di piacergli molto. Dovevamo vederci per dieci minuti e i dieci minuti si sono trasformati in tre ore. Da soli, noi due. Noi siamo nati come nazione nel del 1776, che per loro è ieri... Ci siamo intesi subito".
Quando l'Economist gli chiede di dare un punteggio alla sua politica economica (proprio come lui ama fare dei suoi affari), Trump risponde in questo modo: "Il punteggio si vedrà alla fine della partita". E sin qui nessuno può dargli torto. Ci vuole tempo per vedere i risultati ed è ancora troppo presto per giudicare. Lui però si sbilancia in una promessa: "Stiamo facendo cose che renderanno davvero felice la gente".
In un'altra intervista, a Nbc News, Trump ripete di non avere legami con la Russia e che non c'è alcuna connessione
tra lui, la sua campagna elettorale e i russi. Chiarisce di aver venduto una casa molti anni fa a un russo, e di non avere prestiti o proprietà in quel Paese: "Non ho interessi in Russia. Nessun prestito, Niente di niente".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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