Alla vigilia del Kurban Bayrami, la festa islamica del sacrificio, da Ankara è arrivato il “sì” necessario a spezzare l’isolamento a cui da mesi, dalla rottura del processo di pace, era sottoposto Abdullah Ocalan.
In carcere dal 1999, quando i servizi segreti turchi lo avevano catturato in Kenya, per poi portarlo sull’isola di Imrali, Ocalan è stato condannato prima a morte e poi all’ergastolo, quando la pena capitale è stata abolita, nell’ambito dei negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.
Ora il leader e fondatore del Pkk, il Partito dei lavoratori che combatte per l’autonomia dei curdi in Turchia, considerato una sigla del terrorismo non solo da Erdogan, ma anche dai suoi alleati in Occidente, ha avuto l’autorizzazione a una visita da parte della famiglia.
Una circostanza che non si presentava dal 2015. Per questo il viaggio verso Imrali del fratello Mehmet ha un peso specifico importante, perché Ocalan è ancora il “faro” per la guerriglia del Pkk, e perché da tempo gli attivisti vicini alle posizioni del Partito dei lavoratori chiedevano che una delegazione potesse incontrarlo.
A inizio settembre un gruppo di 50 persone, tra le quali anche Dilek Ocalan, nipote di Ocalan e parlamentare del Hdp, hanno annunciato uno sciopero della fame a oltranza per richiamare l’attenzione sulle condizioni di “Apo”, poco convinti dalla rassicurazioni del governo sul suo stato di salute.
“Vogliamo vederlo con i nostri stessi occhi”, aveva dichiarato esplicitamente la co-leader del Hdp, Figen Yuksekdag. Una preoccupazione, la sua, alimentata anche da voci di un tentativo di uccidere Ocalan durante il fallito golpe di luglio.
Notizie mai confermate sostengono che un elicottero militare abbia tentato l'atterraggio quella notte a Imrali, scontrandosi con le guardie del carcere nel tentativo di assassinare il leader del Pkk, per poi ripartire e riparare in Grecia. La visita concessa oggi al fratello, che non ha ancora rilasciato pubblicamente dichiarazioni, servirà, se non altro, a placare le proteste in questo senso.
Nessuna novità per ora per i 50 attivisti in sciopero della fame. All’Associated Press Nadir Yildirim, parlamentare del Hdp per la zona di Van, città nel Sud-est della Turchia, ha detto chiaramente che dal 5 settembre nulla è cambiato e fino a che non saranno fornite informazioni “sulla salute e le condizioni” di Ocalan, la protesta simbolica andrà avanti.
Comuni sciolti per terrorismo
Intanto 28 municipi sono stati sciolti per presunti legami dei sindaci eletti con il Pkk o con la rete di Fethullah Gulen, accusata da Ankara e dalla maggioranza dei cittadini turchi di essere responsabile per il tentativo di rovesciare militarmente le istituzioni.
Tra i 24 comuni coinvolti per sostegno al Pkk (gli altri 4 sono amministrati dall’Akp o dai nazionalisti) c’è anche quello di Cizre, il cui co-sindaco Leyla Imret (i partiti curdi prevedono che la carica sia coperta da un uomo e una donna) è stata fermata oggi dalla polizia.
Proprio a Cizre gli autonomisti curdi hanno colpito giorni fa una stazione di polizia, uccidendo 11 poliziotti e ferendo decine di persone. La stessa città è stata a lungo sottoposta a coprifuoco durante le operazioni militari di Ankara, che hanno dovuto fare i conti con la guerriglia anche in un contesto urbano.
Cosa sia successo davvero in città, ad oggi è chiaro fino a un certo punto. Le Nazioni Unite hanno chiesto indagini trasparenti per "rapporti allarmanti" sulla condotta dell'esercito turco. Amnesty International ha definito il coprifuoco imposto qui e altrove come una "punizione collettiva" contro la popolazione.
Lo scontro continua
Il governo turco sostiene che per ora non sussistano le condizioni per tornare a dialogare con la guerriglia e ha annunciato l’operazione militare più importante degli ultimi tre decenni contro il Pkk. Accusa intanto l’Hdp di essere solo il braccio politico dei militanti, mentre il partito di Demirtas sostiene di essere favorevole a una nuova roadmap verso la pace.
La Turchia “è sempre più determinata a porre fine alla piaga del Pkk”, ha ribadito ancora oggi il presidente Erdogan, alla vigilia della festa del sacrificio.
“Chi ha cattive intenzioni - ha aggiunto - deve sapere che dovrà fare i conti con un esercito formato da 570 mila militari, con delle forze di polizia formate da 260 mila unità e con un paese di 79 milioni di abitanti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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