Il 2 giugno è una data storica per il Regno Unito. Proprio in quel giorno, 68 anni fa, la regina Elisabetta veniva ufficialmente incoronata nell’Abbazia di Westminster (ma era già sovrana di fatto dal 6 febbraio 1952, quando morì suo padre Giorgio VI). Aveva solo 27 quando la corona d’Inghilterra si posò sul suo capo. Accanto a lei c’era il principe Filippo, suo marito da 6 anni. Per decenni i due hanno festeggiato la ricorrenza insieme, uno accanto all’altra (almeno fino al ritiro a vita privata del principe consorte). Quest’anno, per la prima volta, Elisabetta sarà sola di fronte ai ricordi di quel giorno speciale, che le ha regalato un posto nella Storia, rendendola un’icona intramontabile già in vita.
Il principe Filippo, testimone di un giorno memorabile
Per Elisabetta l'incoronazione è stata un momento tanto solenne e unico al punto da essere solo superficialmente immaginato da chi non ha la fortuna di viverlo in prima persona o di esserne un testimone diretto. Il principe Filippo poté osservare la lenta, difficile preparazione della moglie da una prospettiva privilegiata. E da consigliere attento e lungimirante, il duca suggerì a Elisabetta di far partecipare il mondo intero all’evento, trasmettendolo in televisione tramite la BBC. Una mossa vincente. 100 milioni di telespettatori videro Elisabetta giurare fedeltà al Paese (27 solo nel regno). La cronaca di quella giornata, inoltre, venne fatta in 39 lingue diverse dai giornalisti presenti.
Il giorno dell'incoronazione il principe Filippo fu anche tra i primi a rendere omaggio alla nuova Regina, inginocchiandosi, alla fine della cerimonia, di fronte a colei che non era più solo sua moglie, ma la monarca di un regno intero. Il duca di Edimburgo, però, era uno di quei tipi che, come si dice, “non si smentisce mai”. Guardando Elisabetta con la corona in testa, forse notandone l’eccessiva serietà e compostezza venata di timidezza, le avrebbe detto: “Ma dove hai preso quel cappello?”. Fu l’unico che riuscì a farla ridere, stemperando una tensione che durava da 14 mesi. Il tempo occorso al duca di Norfolk per preparare nei dettagli l’evento.
I gioielli della Corona
La cerimonia, che durò più di 3 ore, doveva mostrare al regno e al mondo intero il fasto di un impero che, di fatto, non esisteva più. Ciò richiese un dispendio notevole di denaro per una nazione già piegata dalle conseguenze economiche e sociali della Seconda Guerra Mondiale. I sindacati dei lavoratori fecero sentire la loro voce, gridando allo spreco e vietando ai loro rappresentanti di partecipare al gran giorno. Proteste che, però, non scalfirono neanche un po’ la determinazione e progetti della regina Elisabetta.
Il 2 giugno 1953, alle 11 del mattino, la sovrana arrivò sulla Gold State Coach, la carrozza dorata tirata da 6 cavalli e 11 cocchieri, costruita nel 1762. All’ingresso nell’abbazia indossava la parure di diamanti della regina Vittoria (già portata dalle regine Alexandra nel 1902, Mary nel 1911 e dalla Regina Madre nel 1937 per l’incoronazione dei loro mariti) e il diadema di Stato di Giorgio IV, realizzato nel 1820 per l’incoronazione di questo monarca e impreziosito da 1333 diamanti e 169 perle. Fu l’Arcivescovo di Canterbury, con studiata lentezza, a metterle sul capo la corona di Sant’Edoardo nel momento più emozionante della funzione religiosa. Un gioiello meraviglioso che pesa 2 chili e 200 grammi, punteggiato di 444 pietre, tra cui 277 perle, 18 zaffiri, 11 smeraldi e 5 rubini. Difficilissima da portare con eleganza e disinvoltura.
Prima del giorno tanto atteso la sovrana si allenò per ore, a Palazzo e sotto gli occhi increduli del piccolo Carlo, per tenere in equilibrio due pacchi di zucchero che simulassero il peso della corona. Nell’istante dell’incoronazione la regina Elisabetta teneva tra le mani due scettri, uno sormontato da una colomba, l’altro da una croce. Il primo scettro, il cui nome ufficiale è “Scettro dell’equità e della grazia”, venne realizzato per l’incoronazione di re Carlo II nel 1661 e la colomba simboleggia lo Spirito Santo, ovvero l’autorità religiosa del sovrano. Deve essere tenuto, per tradizione, nella mano sinistra. Il secondo, cioè lo “Scettro di Sant’Edoardo”, meglio conosciuto come “Scettro con la croce”, simboleggia, invece, il potere temporale e deve stare nella mano destra del re (o della regina).
Anche questo venne creato nel 1661 ed è impreziosito dal diamante da 530 carati “Cullinan I”, dalla forma a goccia, conosciuto anche con il nome “Grande Stella d’Africa”. Questa gemma venne ottenuta dal taglio del diamante più grande del mondo, cioè “Cullinan”, da 3106 carati, trovato nel 1905 in Sudafrica. Negli istanti più solenni la sovrana dovette anche portare il peso di due bracciali d’oro da 22 carati, consegnati dall’Arcivescovo di Canterbury. Per tutta la durata della funzione, poi, sull’altare rimase, in bella mostra il Globo del Sovrano, anche questo realizzato per l’incoronazione di Carlo II nel 1661. Si tratta di una sfera da 16,5 centimetri di diametro su cui sono disposte una fascia di gemme verticale e una orizzontale che si incrociano ed è sormontata da una croce e da un'ametista.
Il Globo è un altro emblema di autorità spirituale e sottolinea sia il ruolo di Capo della Chiesa anglicana del sovrano che il suo dovere di difendere la religione cristiana. Come da tradizione, alla fine della cerimonia, a Elisabetta venne consegnato il Globo da tenere nella mano sinistra (dunque le viene tolto lo scettro della colomba), mentre nella destra rimase lo scettro della croce. Non solo. Prima di uscire dall’abbazia, la Regina tolse la corona di Sant’Edoardo e ne indossò un’altra, la Imperial State Crown, che vediamo ogni anno durante la cerimonia d’apertura del Parlamento. Un altro capolavoro la cui ultima versione (ve ne sono state diverse nella storia del regno), risale all’incoronazione di Giorgio VI nel 1937. Quest’ultima corona venne adattata alla testa di Elisabetta II ed è composta da 2901 pietre, tra cui 2868 diamanti e lo stupendo Cullinan II da 317 carati circa (ottenuto, come il Cullinan I, dal “diamante madre” Cullinan a cui abbiamo già accennato).
Due troni per la Regina
C’è poi un dettaglio molto importante che riguarda il trono su cui la regina Elisabetta era seduta durante l’incoronazione. Anzi, dovremmo dire i troni. All’inizio della funzione, infatti, la sovrana sedette sulla Chair of Estate posizionata sotto all’altare e solo in un secondo momento fece il giuramento, naturalmente inginocchiata davanti all’altare. Poi si spostò sulla King Edward’s Chair per ricevere l’unzione dall’Arcivescovo ed essere formalmente incoronata.
Il vestito
Sotto al mantello d’ermellino color cremisi da 5 metri e mezzo, sorretto da 6 damigelle, la regina Elisabetta sfoggiava un abito creato da Norman Hartnell, lo stilista reale che aveva già confezionato per lei anche il vestito da sposa. Il nuovo, gravoso incarico gli venne commissionato nell’ottobre del 1952. Hartnell iniziò a studiare gli abiti delle regine che avevano preceduto Elisabetta e l’evoluzione della moda di corte. Il lungo lavoro si concluse con la realizzazione di 8 bozzetti, ma solo uno, l’ultimo, traduceva in realtà le esigenze e i gusti della sovrana. Sul raso bianco vennero ricamati tutti i simboli dei Paesi del Commonwealth, dalla rosa Tudor d’Inghilterra alla foglia d’acero per il Canada, dalla mimosa per l’Australia al porro per il Galles.
Su quest’ultimo emblema ci fu anche una disputa tra lo stilista e il re d’armi della Giarrettiera e responsabile dell’araldica. Hartnell, infatti, era convinto che fosse il narciso a rappresentare il Galles. Il re d’armi, però, gli fece notare che la sua teoria era sbagliata. Hartnell non sapeva proprio come inserire l’emblema del porro nell’abito regale. A tal proposito ricordò: “Ho convenuto che il porro fosse un ortaggio ammirevole, pieno di significato storico e senza dubbio di proprietà salutari, ma non proprio famoso per la sua bellezza”. Mentre si trovava a Windsor, proprio in un orto in cui cercava ispirazione, allo stilista venne in mente il distintivo sul berretto delle guardie gallesi, che ricordava, appunto, un porro. Grazie a questo lampo di genio, alla seta e ai diamanti, riuscì a sistemare il porro sul vestito di Elisabetta II.
La creazione d’alta moda venne rifinita con fili d’oro e d’argento, diamanti, perle, gemme che costarono ben 3mila ore di lavoro a 6 ricamatrici. Norman Hartnell aggiunse anche, all’insaputa della regina Elisabetta, un quadrifoglio sul lato sinistro dell’abito. Sua Maestà avrebbe scoperto questo piccolo regalo solo nel 1993, quando l’abito venne esposto in una mostra. Non poté ringraziare lo stilista, ormai morto da 14 anni. Nel periodo natalizio del 1952 la giovane Lilibet iniziò le prove del vestito, che terminarono 3 giorni prima della fatidica incoronazione. Quando mise l’abito finito, la sovrana, entusiasta, esclamò: “Gloroius!”.
Le scarpe, un paio di sandali in pelle dorata con un motivo “fleur-de-lys”, arrivarono direttamente da Parigi, commissionate all’atelier di Roger Vivier. Hartnell confezionò anche gli abiti di raso bianco con ricami di foglie d’oro e perle disposte a forma di fiore delle 6 damigelle che accompagnarono la sovrana in chiesa.
Il “colobium sindonis” e cosa succede quest'anno
In pochi sanno che la regina Elisabetta, contravvenendo all’etichetta, decise di portare al polso anche un orologio di diamanti firmato Jaeger-LeCoultre. Inoltre, al momento dell’unzione, il suo meraviglioso vestito venne coperto, come vuole la tradizione, da una tunica semplice, molto spartana, chiusa sulla schiena da alcuni bottoni: il “colobium sindonis”. Hartnell si occupò di realizzare anche questa seconda veste, ma le telecamere della BBC non ripresero quel frangente.
Era una fase della cerimonia troppo solenne e privata, su cui aleggia ancora oggi un’aura di mistero che non può essere violata dai riflettori. In quell’istante, infatti, la giovane Elisabetta si “spogliava” del suo passato per “rinascere” regina d’Inghilterra. Alla fine dell’evento la sovrana lasciò l’abbazia indossando, oltre a una corona diversa, come abbiamo già visto, anche un altro mantello, stavolta viola, lungo circa 6 metri, su cui erano state ricamate le iniziali della nuova Regina. Come per l’abito, anche per confezionare questo mantello occorsero svariate ore di lavoro, per la precisione 3500.
Quest'anno, a causa della pandemia, il ricordo dell'anniversario si preannuncia sottotono, funestato anche dall'assenza del principe Filippo. Per la prima volta la sovrana festeggerà da sola la ricorrenza e, il prossimo 12 giugno sarà di nuovo sola per il Trooping The Colour, il suo "compleanno regale", che si svolgerà nel Quadrangolo del Castello di Windsor e in forma ridotta a causa della pandemia. La solitudine di Elisabetta, però, verrà attenuata dalla presenza del cugino Edward duca di Kent, che le sarà accanto per l’evento del 12 giugno. Come aveva già fatto nel 2013, quando il principe Filippo era in convalescenza dopo un’operazione.
La Regina perde il filo
Di tutta la cerimonia rimangono due immagine divertenti. La prima è la faccia annoiata di Carlo, allora un piccolo principe di soli 4 anni, che dovette assistere a quel rito lungo, estenuante, di cui capiva vagamente il significato. Accanto a lui stavano la principessa Anna, di soli 2 anni, la Regina Madre e la principessa Margaret. La seconda immagine, invece, ci svela una Elisabetta confusa, che non riusciva a star dietro all’Arcivescovo di Canterbury. Laura Bergagna, una cronista dell’epoca, sul giornale Oggi descrisse così l’aneddoto, poi riportato da IoDonna: “In ginocchio Elisabetta cerca inutilmente nel Libro Sacro di rintracciare la preghiera che l’Arcivescovo di Canterbury pronuncia. Sfoglia lentamente, in avanti e indietro: il suo imbarazzo è evidente”. Un dettaglio che umanizza la figura quasi ieratica della Regina.
Infine ci rimangono le parole di Sua Maestà, che ha descritto il giorno della sua incoronazione senza nascondere né edulcorare nulla. In un’intervista (l’unica mai rilasciata) alla BBC, nel 2018, Elisabetta dichiarò, a proposito del suo splendido, ma non proprio confortevole abito: “Ricordo il momento in cui ero sul tappeto dell’Abbazia di Westminster e non riuscivo a muovermi”. Poi definì il viaggio in carrozza “orribile”, sottolineando che l’antico veicolo “non è fatto per viaggiarci”. Anche la corona ingombrante, emblema del peso di un’intera nazione, le diede non pochi problemi: “Fortunatamente mio padre e io abbiamo una testa simile…non si può guardare in basso per leggere il discorso, bisogna tenere il foglio in alto. Perché se guardi in basso, ti si rompe il collo e la corona cade”.
Dal giorno
dell'incoronazione, 68 anni fa, la regina Elisabetta è diventata non solo la monarca più famosa e riconoscibile del mondo, ma ha saputo preservare intatto il mistero e la regalità dell'istituzione che rappresenta.
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