La politica è una di quelle "arti" dove si può pensare una cosa e poi fare l'esatto opposto. A volte rasentando il ridicolo. Pensate a Trump. Da quando ha deciso di candidarsi per la Casa Bianca, mostrandosi per quello che era, subito è scattato il fuoco di fila per bloccarne l'ascesa. Uno sbarramento messo in piedi non solo, com'era ovvio, dai democratici, contro cui il tycoon si batteva, ma anche all'interno del Partito repubblicano, che per tutta la durata delle primarie ce l'ha messa tutta per far deragliare il "treno Trump".
A tentare di bloccare l'ascesa di Trump sono state anche le cancellerie di mezzo mondo, che con parole più o meno dure hanno via via preso le distanze da Trump, evidenziando i rischi che sarebbero derivati dalla sua elezione, ma al contempo dando per scontato che ciò non sarebbe mai avvenuto. Perché gli americani non sarebbero mai stati "così pazzi" da affidare la stanza dei bottoni a uno come lui. Nessuno, però, è riuscito a fermare la corsa del miliardario, che ha vinto contro tutto e tutti sbaragliando ogni previsione.
Archiviato il risultato più sorprendente della storia americana, come hanno reagito quei capi di Stato e di governo che avevano detto peste e corna di Trump? Stiamo assistendo a quanto forse era inevitabile: chi lo aveva preso di mira, ridicolizzato e persino insultato ora gli rende omaggio. Lo chiamano, si congratulano ed auspicano i migliori rapporti tra i loro Paesi e gli Usa. Perché lui ora è il presidente degli Stati Uniti, l'uomo (checché ne dicano i detrattori dell'America) più potente del mondo.
Vediamo ora una rapida carrellata delle reazioni internazionali dopo le elezioni americane. Matteo Renzi (uno dei più forti sostenitori di Hillary Clinton) ha telefonato a Trump per congratularsi. Nel corso del colloquio, il presidente del Consiglio italiano ha ribadito l'importanza strategica dell'alleanza tra Italia e Usa e la volontà di lavorare insieme in vista della prossima presidenza italiana del G7 nel 2017. "È doveroso rispettare il presidente degli Stati Uniti. Poi se qualcuno avesse detto l’anno scorso che vinceva Trump, nessuno avrebbe scommesso mezzo centesimo. Lavoreremo con lui, è un dato di fatto", ha detto Renzi parlando al Festival delle Letterature dell’Adriatico, a Pescara. "Trump - ha spiegato Renzi - è il presidente del Paese cui siamo più legati. Lo dico perché ho visto un po' di proteste in piazza e contestazioni di persone che non hanno votato: la democrazia funziona così, vince chi prende voti, non chi fa le manifestazioni il giorno dopo".
Anche la premier britannica, Theresa May, si è congratulata assicurando che "il Regno Unito e gli Stati Uniti mantengono una relazione speciale e duratura, basata sui valori di libertà, democrazia e iniziativa". La premier ha aggiunto che entrambi i Paesi "sono e continueranno a essere forti e stretti alleati in commercio, sicurezza e difesa". Poi la telefonata con il neo eletto presidente, che a dispetto della "relazione speciale" ha avuto luogo con un certo ritardo (Trump prima della May aveva già parlato con nove leader mondiali). Trump ha invitato la premier britannica a fargli visita al più presto. I due, come ha reso noto lo staff di Downing Street, si sono trovati d'accordo sul fatto che le relazioni Usa-Regno Unito sono "molto importanti e molto speciali, e che accrescerle sarà una priorità per entrambi". Il quotidiano britannico Telegraph ha sottolineato che l'iniziale "freddezza" di Trump verso Londra non è stata casuale. Quando ancora ricopriva ancora la carica di ministro dell'Interno, la May aveva definito "divisivo" l'atteggiamento dell'allora candidato Trump, bollando alcune sue affermazioni sui musulmani come "inutili e sbagliate".
Pace fatta (apparentemente) anche tra il primo ministro irlandese, il conservatore Enda Kenny (che aveva definito Trump "razzista e pericoloso") e il neo eletto presidente Usa. Il governo di Dublino ha confermato che Trump ha invitato Kenny al tradizionale ricevimento che viene organizzato alla Casa Bianca il giorno di San Patrizio (17 marzo), "in onore dei forti vincoli tra i due Paesi".
Congratulazioni a Trump sono arrivate anche da Angela Merkel. La cancelliera tedesca gli ha offerto la "stretta collaborazione" della Germania basata sui valori condivisi dai due paesi. "Non c'e' nessun paese al di fuori dell'Unione Europea con cui abbiamo un legame più stretto di quello con gli Stati Uniti". Chiunque governi questo paese, che ha un grande potere economico, con il suo potenziale militare, e il suo potere culturale ha una responsabilità che può essere avvertita in tutto il mondo", ha detto parlando degli Stati Uniti. "Germania ed America sono legate dai valori: democrazia, libertà, rispetto della legge e della dignità umana qualunque siano le origini, il colore della pelle, la religione, il genere, l'orientamento sessuale, il credo politico", ha sottolineato la cancelliera. "Sulla base di questi valori offro a Trump una tretta cooperazione". Alcuni mesi fa, in un'intervista al New York Times, Trump aveva detto: “La Germania sta per essere distrutta dall’ingenuità della Merkel, se non peggio”. E la cancelliera non aveva per nulla gradito, ovviamente.
Il presidente francese, François Hollande, ha preso carta e penna scrivendo una lettera al futuro inquilino della Casa Bianca: "In gioco qui c’è la pace, la lotta contro il terrorismo, la situazione in Medio Oriente, le relazioni economiche e la salvaguardia del pianeta. Su tutti questi temi, mi auguro di iniziare uno scambio di opinioni con lei alla luce dei valori e degli interessi che condividiamo". E ancora: "Ho seguito con attenzione il suo primo intervento e in particolare il suo messaggio di unità e riconciliazione dopo una campagna spesso brutale". Quindi Trump è stato invitato ad affrontare le "sfide comuni che ci attendono e a prendere coscienza delle inquietudini provocate da alcune situazioni nel mondo. Dobbiamo trovare le risposte. Ci devono permettere di superare le paure, ma anche di rispettare i principi fondatori: la democrazia, la libertà, il rispetto per l’individuo".
Persino il presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, usa parole accomodanti: "Ho un fondato ottimismo sul fatto che potremo realmente costruire una nuova grande agenda di lavoro nelle relazioni bilaterali". Il leader messicano si è detto fiducioso nel fatto che questa nuova agenda bilaterale "sarà positiva e andrà a beneficio delle società di entrambe le nazioni". Il Messico, ha proseguito il presidente, cercherà di stabilire con il futuro governo di Washington "una relazione di dialogo, rispetto, fiducia, perché i Paesi sono alleati, soci e vicini". Quindi ha ribadito che la prirotià del suo govetrno sarà "badare al Messico e proteggere i messicani". Peña Nieto ha parlato mercoledì con Trump in un confronto che ha definito "gradevole e rispettoso". Il tanto sbandierato "muro" contro i clandestini sembra un ricordo lontano. Eppure, anche quello, ha contribuito all'elezione di Trump.
Anche la Santa Sede, che all'inizio era stata a dir poco preoccupata per l'elezione di Trump, subito ha rispolverato la diplomazia, esprimendo "rispetto per la scelta espressa dal popolo americano, caratterizzata da una forte affluenza alle urne". Il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin: "Facciamo gli auguri al nuovo presidente, perché il suo servizio possa essere fruttuoso e assicuro anche la nostra preghiera che lo illumini e lo sostenga nel servizio della sua patria ma anche nel servizio del benessere e della pace nel mondo. C’è bisogno - ha sottolinetao Parolin - di lavorare tutti per cambiare la situazione mondiale che è di grande lacerazione". Alcuni mesi fa tra Papa Francesc o e Trump erano volati stracci. Il Santo Padre, parlando aveva detto che "una persona che pensa solo a costruire muri e non a costruire ponti, non è cristiano". Trump aveva risposto con parole ferme: "Il Papa è un personaggio molto politico, è vergognoso". In una conversazione con Eugenio Scalfari, su Repubblica, papa Francesco sembra volersi allontanare dalle polemiche: "Io non do giudizi sulle persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi".
Il Fondo monetario internazionale assume un atteggiamento attendista. Il portavoce del Fmi, Gerry Rice, ha parlato di approccio "wait-and-see" ("aspettiamo e vediamo") sulle politiche commerciali che intenderà effettuare Trump. Secondo il portavoce eventuali "effetti collaterali sul commercio" globale "dovranno essere affrontati efficacemente". In passato il direttore generale Christine Lagarde a più riprese si era detta preoccupata per le conseguenze di un’ascesa di Trump sul commercio e i mercati.
Affermare che ora tutti stanno con Trump non
sarebbe onesto. Di certo tutti si inchinano all'uomo più forte del mondo. Qualcuno lo fa con tatto e moderazione, mantenendo un briciolo di dignità. Altri meno. Fa parte, anche questo, delle qualità umane prima che politiche.
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