Lo Ukip vuole vietare il velo alle islamiche

Il partito divenuto famoso grazie a Nigel Farage e primo vero vincitore del referendum per la Brexit ha deciso ora di puntare tutto su un programma netto e determinato per le elezioni anticipate cercando di ridare ossigeno a un movimento in declino

Lo Ukip vuole vietare il velo alle islamiche

Lo Ukip scalda i motori in vista delle elezioni dell’8 giugno. Il partito divenuto famoso grazie a Nigel Farage e primo vero vincitore del referendum per la Brexit ha deciso ora di puntare tutto su un programma netto e determinato per le elezioni anticipate cercando di ridare ossigeno a un movimento in declino.

Fra i suoi obiettivi ce n’è uno che già inizia a far discutere nel Regno Unito: il divieto del velo islamico. L’Ukip propone il divetto assoluto per tutti i veli di tradizione islamica che le donne usano per coprirsi il volto, dal burka al niqab. Secondo il partito inglese, due sono le ragioni per promuovere questo tipo di divieto. Il primo è un motivo di sicurezza pubblica, perché non si può avere per le città del Regno persone dal volto travisato, completamente coperto, e senza possibilità di riconoscimento immediato. Il secondo motivo è di natura sociale, e cioè per migliorare l’integrazione delle donne islamiche nella cultura e nella società britannica.

"Le donne musulmane hanno bisogno di essere integrate nella società britannica e non si può fare questo nascondendosi dietro un velo", ha sostenuto il nuovo leader dell’Ukip, Paul Nuttal, in un'intervista alla Bbc. Il nuovo leader dell’Ukip ha cambiato posizione rispetto a prima, quando il divieto non era mai stato un punto al centro dell’azione politica del partito. Ma le cose, secondo Nuttal, sono cambiate a seguito dell’elevarsi della minaccia terroristica, diventata ormai una costante per tutta i sudditi di Sua Maestà.

L’UKIP va ancora più in là nel programma, dicendo che occorre iniziare un’azione capillare per sconfiggere ogni forma d’integralismo islamico all’interno del Paese. Fra i primi obiettivi c’è la guerra a ogni sorta di pseudo-tribunali di giustizia islamica che operano di nascosto in alcune zone musulmane del Regno Unito e all’applicazione della sharia. Inoltre, secondo Nuttal, anche le banche arabe nella City di Londra vanno messe sotto torchio, perché, a detta del leader del partito, “non si può consentire alcun tipo di sistema giudiziario parallelo nel paese”.

Alle accuse di razzismo rivolte al partito, Nuttal ha risposto in maniera decisa negando qualsiasi tipo di xenofobia o di ragioni razziali. Ha ricordato come prima di lui, negli anni passati, anche Tony Blair, Gordon Brown e David Cameron avevano riflettuto su una legge che vietasse l’uso dei veli integrali. In più, ha ribadito Nuttal, il problema non si dovrebbe porre dal momento che le necessità di sicurezza collettiva del Regno Unito superano di gran lunga il tema dei dritti religiosi di una comunità.

In generale, l’opinione pubblica inglese non si è mai particolarmente trovata d’accordo con questi divieti. Forse per motivi culturali legati al liberalismo inglese e all’abitudine all’ormai acclarato melting pot culturale del Regno Unito. Secondo un sondaggio di YouGov dell’estate scorsa, il 56% della popolazione britannica era contrario a questi divieti affermando che sarebbe andato contro lo spirito di tolleranza che deve invece caratterizzare il Regno. L’unica eccezione a questo mancato divieto si può trovare in molti regolamenti scolastici, dove è prevista la possibilità, concessa per legge, di vietare qualunque tipo di vestito che copra il viso, e che molto spesso si sintetizza nel divieto di niqab e burqa.

Uno spirito di tolleranza che però potrebbe essere messo a serio rischio dalla recrudescenza degli attenti a matrice islamista negli ultimi mesi. Lo stesso attentato di Londra ha aperto il vaso di Pandora di una serie di enclave islamiste all’interno del Regno dove lo Stato è completamente assente, ed ha scatenato molte critiche ed ampie riflessioni in tutti i partiti inglesi. L’UKIP in particolare ha deciso di cavalcare da subito questo tema, consapevole che sarebbe stato un’ottima rampa di lancio per ottenere una visibilità persa nel tempo dopo la vittoria della Brexit. Il referendum era stato, infatti, voluto fortemente da Farage allora leader del partito, e, dopo la vittoria, è stato fatto proprio dal Partito Conservatore, relegando di fatto l’UKIP ad un mero sostenitore della campagna per l’uscita dall’Europa, quando invece per anni ne fu l’unico paladino.

Adesso che Theresa May ha deciso di anticipare le elezioni a giugno per avere un governo forte in vista delle trattative sulla Brexit, l’UKIP torna alla ribalta con un programma chiaro, semplice e che pesca di nuovo in quel Regno Unito profondo che tanto ha fatto sperare nei mesi della propaganda referendaria sull’uscita dall’UE.

Un tema come quello della lotta al radicalismo islamico è, infatti, sempre più sentito nelle aree della provincia inglese e potrebbe determinare un innalzamento nelle preferenze per il partito nazionalista inglese dopo la crisi degli ultimi mesi.

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