Diversi miliardari americani, tra cui l'imprenditore filantropo George Soros, hanno in questi giorni sottoscritto un appello per una “maggiore tassazione della ricchezza negli Usa”.
Sulla piattaforma per pubblicazioni online Medium è infatti apparso di recente un documento redatto da 18 magnati statunitensi mirante a sensibilizzare i candidati democratici alle presidenziali del 2020 sulla necessità di una riforma fiscale che gravi in maniera incisiva sulle mega-aziende, sui colossi bancari e sui grandi patrimoni.
Tra i firmatari dell’appello per una “maggiore giustizia sociale” vi sono, oltre a Soros, il cofondatore di Facebook Chris Hughes, il finanziere Charlie Munger, gli eredi del produttore cinematografico Walt Disney e i proprietari della catena alberghiera Hyatt.
Ad avviso dei sostenitori di maggiori tasse sui ricchi, l’aumento del carico tributario sugli individui benestanti consentirebbe al governo federale di incamerare le risorse necessarie a “fronteggiare i cambiamenti climatici, sviluppare l’economia, aumentare i salari, creare opportunità di lavoro dignitose e consolidare i valori democratici alla base della nostra nazione”.
Una tassa sui grandi patrimoni sarebbe inoltre giustificata, spiegano i promotori dell’appello, dalla “drammatica situazione sociale” che starebbe scontando oggi l’America. I 18 miliardari liberal citano, a tale proposito, un recente rapporto Ocse che posiziona gli Usa tra i primi dieci Paesi al mondo per gravità delle disuguaglianza di reddito, in quanto la maggior parte della ricchezza nazionale sarebbe concentrata nelle mani di neanche il 10% della popolazione.
Dopo avere evidenziato la “drammaticità” di tali dati, i firmatari della proposta in ambito tributario manifestano il loro “pieno appoggio” a Elizabeth Warren, Pete Buttigieg e Beto O'Rourke, tutti candidati dem alla Casa Bianca che avrebbero “dimostrato coraggio” dichiarandosi, nei mesi scorsi, favorevoli a tassare di più le 75mila famiglie americane con un reddito superiore ai 50 milioni di dollari annui.
Infine, l’appello sottoscritto dai 18 magnati vicini al Partito democratico bolla le misure economiche varate finora dall’amministrazione Trump come “ingiuste” e “responsabili di favorire la concentrazione della ricchezza nazionale nelle mani di pochi privilegiati”. I tagli alle tasse decisi dal tycoon sarebbero inoltre, sempre a detta di Soros e degli altri miliardari “progressisti”, un “tradimento delle idee propugnate in passato dall’attuale presidente”. The Donald, precisano i sostenitori di maggiori tasse sui redditi elevati, avrebbe infatti, nel 1999, manifestato il proprio appoggio all’introduzione di un“tributo straordinario” sui ceti benestanti finalizzato a reperire risorse per abbattere il debito pubblico.
Questa idea sarebbe stata però “rinnegata” dall’esponente repubblicano al momento della sua discesa in campo alle ultime presidenziali americane. Egli avrebbe così rigettato le istanze di una maggiore giustizia sociale in cambio dell’“abbraccio delle élite finanziarie Usa”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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