Toni duri, linguaggio provocatorio e chiamata a difesa della libertà dei musulmani: sono alcune delle caratteristiche della retorica a cui ha oramai abituato il presidente turco Erdogan. Elementi ben ravvisabili anche nelle scorse ore, quando dal suo pulpito ha tuonato contro la sentenza della Corte Europea sull'uso del velo per le donne.
La provocazione di Erdogan
I giudici della Corte stanziata in Lussemburgo, si sono espressi giovedì scorso a favore del divieto dell'uso del velo o dell'hijab nei luogo di lavoro. Una sentenza che riguarda in primo luogo ovviamente le donne musulmane. La Corte Europea è stata categorica, riprendendo una sentenza analoga del 2017: “Il divieto di indossare qualsiasi forma visibile di espressione di convinzioni politiche, filosofiche o religiose sul posto di lavoro – si legge nella sentenza – può essere giustificato dalla necessità del datore di lavoro di presentare un'immagine neutrale nei confronti dei clienti o di prevenire conflitti sociali”.
È stato quindi posto l'accento sul concetto di neutralità, da vagliare poi caso per caso e solo se sussite una chiara ecessità da parte di un determinato datore di lavoro. Secondo Erdogan, la sentenza è destinata a penalizzare le lavoratrici musulmane. Da qui le sue provocazioni lanciate nelle scorse ore: “La Corte di Giustizia deve cambiare nome perché quanto statuito non ha niente a che vedere con la giustizia – ha dichiarato il presidente turco – Non è possibile che la Corte di Giustizia non tenga conto della libertà di fede e religione”.
Un affondo poi ancora più marcato è arrivato nella seconda parte del suo discorso: “Applichino la stessa decisione a chi indossa la kippah, è possibile?”, ha tuonato Erdogan con riferimento, non certamente casuale, a uno degli indumenti simbolo della religione ebraica. Con lui si sono schierati tutti i principali rappresentanti della leadership turca. Secondo Ankara la decisione della Corte Europea è discriminatoria verso tutti i musulmani.
Cosa c'è dietro le parole di Erdogan
L'invettiva contro la sentenza dei giudici del Lussemburgo non è stata lanciata da un luogo qualsiasi. Erdogan ha tuonato contro questa decisione durante un suo intervento al parlamento della Repubblica di Cipro del Nord. Si tratta dello Stato situato nelle province cipriote settentrionali occupate dalla Turchia nel 1974.
Una Repubblica riconosciuta solo da Ankara e che nei piani di Erdogan è destinata a diventare avamposto per gli interessi turchi nel Mediterraneo orientale. La stessa presenza del leader turco a Cipro del Nord è stata oggetto di polemiche a sud, lì dove è stanziato il governo grecofono riconosciuto dalla comunità internazionale e membro dell'Unione Europea.
Una visita già di per sé carica di tensioni, trasformata da Erdogan nel palcoscenico ideale per un attacco all'Europa. Dietro la difesa del diritto di una donna islamica di indossare il velo si celano due particolari elementi. Uno ha carattere prettamente ideologico: Erdogan all'interno della Turchia si è contraddistinto per una graduale islamizzazione della società. Un programma passato anche per nuove leggi, approvate tra il 2009 e il 2018, che hanno progressivamente ridato la possibilità alle donne di indossare il velo. Precedentemente invece, per rimarcare il carattere laico della Repubblica, in Turchia era vietato nelle università e negli uffici.
L'altro elemento è politico. Erdogan aspira a diventare un riferimento per l'intero mondo musulmano sunnita. Lo si è visto quando in un suo comizio alcuni anni fa ha mostrato il video dell'attacco contro una moschea attuato in Nuova Zelanda, promuovendo azioni di tutela per tutti gli islamici.
Evidentemente da Ankara si è valutata adesso l'idea di difendere anche la causa relativa al velo in Europa. Un'intromissione solo apparentemente simbolica: le parole di Erdogan avranno un forte impatto sulle tante comunità turche presenti nel Vecchio Continente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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