Nicolas Maduro è sotto scacco: l’opposizione ha raccolto 408mila firme che, convalidate dalla commissione elettorale nazionale del Venezuela, avvieranno – di fatto – il processo politico che porterà al referendum sulla destituzione dell’attuale presidente della Repubblica Bolivariana.
Come riporta The Guardian, la Cne ha dichiarato ammissibile il 98% delle firme presentate dalla Mesa de l’Unidad Democratica (Mdu), la “santa alleanza” che riunisce in un solo polo diciotto formazioni di impostazione liberale, socialdemocratica e popolare, all’opposizione dei partiti di governo, il Partido Socialista Unido de Venezuela e del Gran Polo Patriotico. La somma delle firme raccolte e convalidate ha soddisfatto e superato i requisiti minimi previsti dalla legge per l’avvio dell’iter referendario. Adesso, quindi, la battaglia si sposta in una seconda fase che è ben più dura: raccogliere la sottoscrizione favorevole al referendum da parte di almeno quattro milioni di elettori venezuelani. Impresa ardua ma non impossibile dato che un processo del genere venne già tentato e portato al successo nel 2004 quando “oggetto” del referendum fu l’operato dell’allora presidente Hugo Chavez.
L’opposizione, adesso, gioca una battaglia contro il tempo. Riuscire a far celebrare il referendum entro quest’anno significherebbe che, in caso di sconfitta di Maduro, verrebbero indette subito delle nuove elezioni presidenziali. Nel caso in cui la consultazione referendaria slittasse al 2017 (e sempre nel caso che questa fosse sfavorevole al presidente in carica), l’ex fedelissimo di Chavez verrebbe semplicemente sostituito dal suo vice che traghetterebbe il governo fino alla scadenza naturale del mandato, nel 2018.
Ed è forse proprio per questo che il segretario di Stato americano, John Kerry, ha già avvisato e sollecitato Caracas a “non giocare
sui tempi" causando ritardi che avrebbero un valore, quindi, importantissimo per il futuro del governo venezuelano.Intanto la Cne non ha ancora fissato la data entro cui l’opposizione dovrebbe concludere il “secondo step”.
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