Per la prima volta nella sua storia, la rivista Vogue France pubblica in copertina una donna con l'hijab, il velo islamico. Nello scatto del fotografo americano-dominicano Luis Alberto Rodriguez appaiono due modelle somale, Mona Tougaard e Ugbad Abdi, che rappresentano, negli intenti della storica rivista di moda, "una nuova generazione di modelle libere e impegnate". Nata in Somalia durante la guerra civile, Ugbad Abdi, la modella con l'hijab, è cresciuta in un campo profughi del Kenya prima di trasferirsi negli Stati Uniti con la sua famiglia all'età di 9 anni. Notata all'età di 18 anni su Instagram da una model scout, è volata a Parigi dove ha sfilato, tra gli altri, per Valentino, Chanel e Off-White. Abdi parla apertamente della sua fede islamica e indossa regolarmente l'hijab sulle passerelle.
"Orgogliose delle nostre radici"
"È molto importante essere orgogliosi delle proprie radici. Osservo le mie sorelle più piccole, e le ragazze di tutto il mondo, che mi dicono quanto si sentono quando vedono una donna che riesce a fare quello che vuole, felice. L'immagine contribuisce molto a far sentire le persone viste e ascoltate!", afferma Ugbad Abdi nell'intervista rilasciata a Vogue France . Sulla sua pagina Instagram, Mona Tougaard aggiunge: "Vedere due donne somale sulla copertina di Vogue è ciò per cui ho sempre lottato. Condividere questo momento con la mia amica e mia sorella Ugbad è davvero incredibile".
Tougaard ha aggiunto di essere commossa per come questa copertina, destinata a fare la storia del magazine, poiché"potrebbe aprire le porte per le giovani ragazze che si sentono rappresentate da questo numero". Ha poi aggiunto: "Posso dirvi che la bambina che è in me sta scoppiando di gioia per quanto significhi per lei non solo avere due donne somale che si abbracciano su Vogue Francia, ma ancor di più per la rappresentazione dell’Hijab sulla copertina". Come scriveva qualche mese fa Revue des Deux Mondes, in un articolo tradotto anche dal Foglio, il velo è il simbolo dell’identità musulmana. Fino a vent’anni fa, era indossato da un’infima minoranza di donne nei paesi non musulmani (e talvolta anche nei paesi musulmani), mentre oggi è diventato la rappresentazione ufficiale dell’islam: è la più grande vittoria dell’islam politico. La maggioranza degli islamisti, prosegue l'articolo, potrà dunque soltanto rallegrarsi della consacrazione del loro stendardo politico da parte della moda, del femminismo inclusivo e del business.
La svolta "inclusiva" di Vogue
Non è la prima volta, in realtà, che l'hijab finisce sulla copertina di un'edizione di Vogue: era già accaduto nel maggio 2018 con British Vogue, quando pubblicò in copertina la modella con il velo Halima Aden, nata in un campo profughi in Kenya, immortalata insieme ad altre otto modelle di varie etnie che rappresentavano le "nuove frontiere" della moda. Nel gennaio 2022, Vogue France ha pubblicato su Instagram una foto dell'attrice e top model americana, Julia Fox, mentre indossava una sciarpa nera legata intorno alla testa, accompagnata dalla didascalia "Yes to the head scarf!".
Il problema, secondo i politicamente corretti e gli islamisti, è che l'accessorio era indossato da una donna bianca e non musulmana. La foto venne pubblicata mentre il parlamento francese era nel mezzo di una discussione su un possibile divieto di indossare il velo da parte dei minori negli spazi pubblici così come durante le competizioni sportive, scatenando non poche polemiche attorno alla rivista, che ora sta facendo di tutto per non finire nel tritacarne del politically correct, in quello che appare come un vero e proprio atto di "sottomissione", per dirla alla Houellebecq.
L'ipocrisia della moda spacciata per inclusività
Come spiega lo storico Franco Cardini, "noi diciamo l’Islam. Più corretto sarebbe forse parlare degli Islam". Il problema, appunto, non è la religione islamica tout court, ma l'Islam politico che sta prendendo sempre più piede nelle società occidentali sempre più secolarizzate e svuotate di valori. L'obiettivo dell'islam politico, che mal si sposa con le democrazie liberali occidentali, è, di fatto, l’applicazione della shari’a islamica: basti pensare alle cosiddette "no-go zone" presenti in tutta Europa, dalla Svezia passando per la Francia, interi quartieri dove gli islamisti sono riusciti a imporre la shari'a, con buona pace delle libertà delle fondamentali delle donne, fra cui quella di poter girare liberamente senza velo. La modella somala di Vogue France, infatti, è libera di indossare l'hijab sulle passerelle e di rivendicare orgogliosamente le sue radici: tuttavia, molte altre donne come lei, non godono purtroppo della stessa libertà.
Che il problema dell'Islam politico in Francia sia reale lo conferma il fatto che nel novembre 2019 il governo francese ha chiuso ben 130 locali, 12 luoghi di culto, tre scuole e nove associazioni legate all'islamismo radicale a Parigi. "Combattiamo contro l'islamismo politico che suggerisce che la legge di Dio è superiore a quella della Repubblica", spiegò ai media francesi l'allora segretario di Stato francese per gli interni Laurent Nuñez, sottolineando che l'islam politico, tuttavia, non deve essere confuso con la religione islamica nel suo complesso. Nelle Banlieue francesi la segregazione dei sessi, a discapito delle donne, è una realtà.
In alcune zone periferiche della capitale francese, la legge è quella appunto della shari'a dove le comunità musulmane hanno replicato i legami del villaggio, le strutture patriarcali e le pratiche religiose dei loro paesi d'origine e dove l'assimilazione - più che l'integrazione - ha fallito. Forse Vogue dovrebbe interessarsi anche di questo, se vuole parlare davvero di inclusione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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