"Invasione di Putin pronta nel 2008": quei file segreti di Wikileaks

Come riportato da un cablogramma diffuso nei giorni scorsi da WikiLeaks, già nel 2008 si parlava di un possibile intervento russo in Ucraina. La posizione di Mosca era nota alla Nato e all'Unione europea

"Invasione di Putin pronta nel 2008": quei file segreti di Wikileaks

La Nato sapeva, almeno dal 2008, che la Russia avrebbe potuto optare per una soluzione militare in Ucraina se si fosse ventilata l'ipotesi di un ingresso di Kiev nell'Alleanza Atlantica e che un ulteriore espansione a est della Nato sarebbe stata considerata una seria minaccia alla sicurezza per il Cremlino. Lo svela un cablogramma diplomatico riservato ottenuto e diffuso lo scorso 25 febbraio su Twitter da WikiLeaks - datato 1 febbraio 2008 - scritto da Mosca e indirizzato ai capi di stato maggiore congiunti, alla Nato e all'Unione europea, al Consiglio di sicurezza nazionale, al segretario alla Difesa e il segretario di Stato americano e classificato dall'allora ambasciatore Usa a Mosca, William J. Burns.

Nel cablogramma si legge che a seguito di una prima reazione all'intenzione dell'Ucraina di arrivare a un Piano d'azione per l'adesione alla Nato, al vertice di Bucarest, il ministro degli Esteri Lavrov e gli alti funzionari del Cremlino "hanno ribadito una forte opposizione" rispetto a tale ipotesi, sottolineando che la Russia "considererebbe un'ulteriore espansione verso est un potenziale minaccia militare". L'allargamento della Nato, in particolare all'Ucraina, rimane una questione "emotiva e nevralgica" per la Russia, ma "considerazioni di politica strategica sono alla base anche di una forte opposizione all'adesione alla Nato per l'Ucraina e la Georgia". In Ucraina, questi includono i timori che "la questione possa potenzialmente dividere in due il Paese", portando "a violenze o addirittura", secondo alcuni, a "una guerra civile", che costringerebbe la Russia "a decidere se intervenire".

Cosa dice il file segreto di WikiLeaks sull'Ucraina

Nel medesimo cablogramma diffuso da WikiLeaks si legge che non solo la Russia percepisce "l'accerchiamento da parte della Nato" e "gli sforzi per minare l'influenza della Russia nella regione", ma teme anche "conseguenze imprevedibili e incontrollate" che "pregiudicherebbero seriamente gli interessi della sicurezza russa". Gli esperti ci dicono che "la Russia è particolarmente preoccupata" che le forti divisioni in Ucraina sull'adesione alla Nato, "con gran parte della comunità etnico-russa contraria all'adesione", possano portare "a una grande divisione", che contempla "la violenza" o, nel peggiore dei casi, "la guerra civile". Esattamente ciò che da 8 anni accade nel Donbass. In tale eventualità, la Russia "dovrebbe decidere se intervenire"; una decisione che Mosca "non vuole dover affrontare". Dmitri Trenin, vicedirettore del Carnegie Moscow Center, espresse al tempo la sua preoccupazione per il fatto che l'Ucraina fosse, a lungo termine, "il fattore più potenzialmente destabilizzante nelle relazioni Usa-Russia", dato il livello di "emozione innescato dalla sua richiesta di adesione alla Nato". Poiché l'adesione è rimasta divisiva nella politica interna ucraina, "ha creato un'apertura per l'intervento russo". E purtroppo aveva ragione.

L'espansione a est della Nato: il dibattito

Tutto nasce dunque dalla complessa questione dell'allargamento a est della Nato. Un pretesto utilizzato da Mosca per giustificare le sue mire espansionistiche e l'invasione ai danni di un Paese sovrano oppure una legittima preoccupazione (che comunque non giustifica, in nessun caso, la guerra avviata dal Cremlino)? Il dibattito è aperto. Secondo il giornalista ed ex corrispondente di guerra Chris Hedges, redattore del New York Times dal 1990 al 2005, quella di oggi è una guerra ampiamente annunciata. Perché? "Sono stato nell'Europa dell'Est nel 1989, a commentare le rivoluzioni che hanno rovesciato le dittature comuniste che hanno portato al crollo dell'Unione Sovietica" racconta in un articolo ripreso anche da Salon. "Era un momento di speranza. La Nato, con lo scioglimento dell'impero sovietico, divenne obsoleta. Il presidente Mikhail Gorbachev contattò Washington e l'Europa" per costruire un nuovo patto di sicurezza che includesse la Russia. Il segretario di Stato James Baker, insieme al ministro degli Esteri della Germania occidentale Hans-Dietrich Genscher, "assicurò al leader sovietico che se la Germania fosse stata unificata", la Nato "non sarebbe stata estesa oltre i nuovi confini".

Le conseguenze dello spingere la Nato fino ai confini occidentali della Russia - ora c'è una base missilistica Nato in Polonia, a 100 miglia dalla frontiera russa - erano "ben note ai responsabili politici. Eppure lo hanno fatto comunque. Non aveva senso geopolitico. Ma aveva un senso commerciale. La guerra, dopo tutto, è un affare, molto redditizio" osserva il celebre giornalista americano. A confermare la tesi di Hedge esiste peraltro una testimonianza importante: "Quando ebbe luogo la riunificazione tedesca, noi promettemmo al leader sovietico Gorbačëv – io ero presente – che se la nuova Germania fosse entrata nella Nato non avremmo allargato l’Alleanza agli ex Stati satelliti dell’Urss nell’Europa dell’Est. Non mantenemmo la parola. Peggio: promettemmo anche che la Nato sarebbe intervenuta solo in difesa di uno Stato membro, e invece bombardammo la Serbia per liberare il Kosovo che non faceva parte dell’Alleanza".

Ad affermarlo è Jack Matlock, ambasciatore americano a Mosca dal 1987 al 1991 in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 15 luglio 2007 e citata nel libro dell’ex ambasciatore Sergio Romano Atlante delle crisi mondiali (Rizzoli, 2018). Elementi che non giustificano affatto l'invasione di uno stato sovrano ma aiutano a spiegare come è nata la guerra che sta sconvolgendo gli equilibri internazionali.

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