Non risparmia nessuno la coalizione panaraba impegnata in Yemen. Non le città, non i civili. Per la seconda volta nel giro di pochi giorni le bombe del blocco capitanato dall'Arabia Saudita sono cadute dove non dovevano, facendo strage a una festa di nozze e lasciando senza vita, al bilancio attuale, almeno 26 persone.
Tanti i morti di Sanban, cento chilometri dalla capitale, tra le macerie dell'abitazione di un leader tribale che viene accusato di sostenere i ribelli, ma comunque meno di quanti sono rimasti uccisi il 28 settembre.
Due lunedì fa un bombardamento tragicamente simile ha raggiunto le tende di un'altra festa di matrimonio sulla costa del Mar Rosso, sollevando un coro di critiche nei confronti di una coalizione che sembra attaccare senza troppa cognizione di dove vadano a colpire i propri aerei.
Sono 5.000 o più le vittime, in sei mesi di operazioni militari che non hanno risparmiato nulla, né i civili né le città considerate patrimonio dell'Unesco, come la capitale Sana'a, dove alcuni quartieri sono stati ridotti in macerie.
Particolarmente tragica la situazione di Saada, roccaforte dei ribelli houthi contro cui combattono i sauditi e gli alleati. Un rapporto pubblicato da Amnesty International sostiene che ci siano "prove schiacchianti" di crimini di guerra commessi dalla coalizione in questi sei mesi e denuncia l'utilizzo di bombe a grappolo, bandite perché troppo poco affidabili da una Convenzione che tuttavia gli Stati impegnati in Yemen (ma pure Russia e Stati Uniti) non hanno mai firmato.
A Mascate continuano intanto i colloqui tra le parti.
L'Oman, che mantiene rapporti cordiali tanto con i sauditi quanto con gli iraniani, vicini ai ribelli houthi, ha il compito di fare da broker per la pace e il dialogo pare andare avanti, con il partito dell'ex presidente Ali Abdullah Saleh ben disposto ad accettare un cessate il fuoco e il ritiro delle milizie dalle città occupate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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