Dal nostro inviato a Bruxelles,
Monti va a prendersi l’abbraccio dei suoi «tecnoamici» ma i mercati, impietosi, continuano a schiaffeggiare l’Italia. Il neo premier vola a Bruxelles per rassicurare il Vecchio Continente nelle persone del presidente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso, e del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy e da entrambi riceve salamelecchi. Tutti lo esaltano perché in quei palazzi Monti ha bazzicato per ben 10 anni. Ma non bastano le aperture di credito in coro dell’euroburocrazia perché piazza Affari va ancora in rosso (-1,54%, peggio di tutte le altre), mentre lo spread schizza a 490 punti, con un tasso che sfiora il 7% sui titoli italiani a dieci anni. Tutti, tranne per ora i mercati, danno fiducia a Monti che resta evasivo su quali misure intenda adottare. Barroso lo magnifica ma lo avverte: «L’Italia ha davanti a sé sfide enormi ma superabili. Anche se resta in una posizione difficile ». Poi è lo stesso Barroso a inchiodare il piano Monti a quello del precedente governo: «Le misure le abbiamo già discusse», dice citando «pensioni, mercato del lavoro, immobili, evasione fiscale, riforme istituzionali ». Non c’è la patrimoniale ma il debito resta un macigno ed è il nostro problema più grande. «Il mondo e l’Europa guardano all’Italia », ammonisce Barroso. Il premier ringrazia e, felpato e gommoso, non si scopre più di tanto.
Tensione rotta da una sorta di gaffe quando dice che «il nostro Paese andrà più a fondo nelle riforme strutturali». E Barroso, che l’italiano lo conosce, su quel «a fondo» si volta e sorride. «Volevo dire incisivamente », si corregge Monti. Ma il premier ancora non scopre le carte. «C’è piena sintonia con quello che l’Europa ci chiede e sono cose che servono all’Italia, ai nostri figli e ai nipoti». Poi è tutto uno sciorinare una visione eurocentrica («l’Europa è al centro dell’attività di governo ») che fa presagire una strategia concordata con l’Ue per affrontare il nodo eurobond. Un piccolo giallo quando a una domanda sul rispetto dell’impegno del pareggio di bilancio nel 2013 Monti pare ambiguo. «Forse sta concordando una maggiore flessibilità in merito al nodo bilancio?», ci si domanda. Giallo risolto con la precisazione del premier: «Mai messo in discussione il pareggio di bilancio nel 2013».
In effetti «bilancio in pari» si accompagna a cassa, cassa, cassa. Alias tasse, con il rischio di ammazzare il Paese e condannarlo alla recessione. L’incubo di Monti e dell’Europa tanto che in seguito, assieme a Van Rompuy, il premier pigia sul tasto della crescita: «La sostenibilitàdi bilancio ha bisogno di essere sostenuta da una crescita maggiore »e«ci sarà maggiore attenzione alla crescita, alle riforme strutturali e alla ricerca del consenso in Parlamento e tra le forze sociali». Insomma, la promessa è che starà più attento a come creare ricchezza, rispetto al precedente ministro dell’Economia Tremonti. Ma gli ingredienti del «piatto Monti» ancora tardano a farsi vedere e Monti rimanda il tutto a venerdì, quando a Roma affronterà le questioni di politica economica con il commissario Ue, Olli Rehn. Altro capitolo cruciale, quello degli eurobond. Ormai li chiede mezz’Europa ma la Germania continua a mettersi di traverso,refrattaria com’è a garantire e pagare per Stati spendaccioni, e al limite aperta solo a un fondo di garanzia. E la battaglia si preannuncia già domani, quando Monti volerà a Strasburgo per un vertice a tre assieme a Merkel e Sarkozy. «Che gli eurobond non siano un tabù», auspica il premier da Bruxelles prima di incontrare una cinquantina di europarlamentari tra cui il capogruppo Mario Mauro, Lara Comi, Carlo Fidanza, Enzo Rivellini, Gabriele Albertini, Sergio Cofferati ( Pd) e Oreste Rossi (Lega). Ai quali racconta un simpatico retroscena: la sera della scelta dei ministri il premier ha fatto chiamare Profumo. Peccato che non gli abbiano passato Francesco Profumo, neo ministro dell’Istruzione, bensì il banchiere Alessandro Profumo. Imbarazzo e qualche risata per chiudere la gaffe istituzionale.
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