Roma Pensioni di vecchiaia delle donne a 62 anni già a partire dal 2012 e assegni congelati per un anno. Non un pannicello caldo per tenere buona l’Europa, semmai un intervento strutturale sulla previdenza che può valere fino a sei miliardi di euro. Un quarto della manovra che le istituzioni comunitarie ci chiedono se, come sembra, non ci sarà concesso il close to balance , che permetterebbe di rinviare il pareggio del 2013. Ieri a Bruxelles il premier Monti si è presentato all’Eurogruppo nelle vesti di ministro dell’Economia, raccogliendo nuovi inviti al rigore che all’Ecofin di oggi si dovrebbero concretizzare nella richiesta di una correzione da 20 miliardi in due anni. Su questa ipotesi, in vista del consiglio dei ministri di lunedì, sono al lavoro da qualche giorno i tecnici del ministero dell’Economia, con la ricetta che prevede, tra le altre cose, aumenti per l’Iva (si parla addirittura di ritocchi a quella minima, del 4%), il ritorno dell’Ici sulla prima casa.
Anche sul fronte della previdenza, tema di competenza del ministro del Welfare Elsa Fornero, il lavoro dei tecnici è andato avanti su un menù di misure preciso. Non scelte alternative, come di solito accade in questi casi, ma decisioni da prendere in blocco, al massimo da applicare in tempi diversi.
Assegni senza aumenti
L’antipasto è quello ipotizzato in questi giorni: lo stop delle rivalutazioni degli assegni, cioè del meccanismo che fa aumentare le rendite agganciandole all’inflazione. Il blocco dovrebbe essere limitato a uno o a due anni. Già oggi è congelata la perequazione sulla parte di pensioni che supera di cinque volte il minimo (2.300 euro), allostudio c’è un abbassamento della soglia (a 1.400 o 935 euro) ma anche il blocco totale. In sostanza, almeno per un anno, tutte le pensioni non aumenterebbero.
Dipendenti private
Il blocco è un modo per fare cassa in breve tempo, ma anche altre decisioni sono destinate a pesare. Tra le misure più drastiche, c’è quello che riguarda la pensione di vecchiaia delle donne. A partire dal prossimo anno, se passerà il progetto preparato dai tecnici, ci sarà uno «scalone» di due anni. In sostanza il requisito di età passerà da 60 a 62 anni. Poi continuerebbe la corsa per arrivare a 65 anni nel 2020 o addirittura nel 2016 (la riforma del precedente governo prevedeva ci si arrivasse nel 2026).
Non bastano 40 anni
Novità anche sulle anzianità. Resta in campo «quota cento» entro il 2015, quindi un aumento graduale del requisito previsto dalla precedente riforma. Ma allo studio c’è soprattutto una stretta sulle pensioni che oggi si possono ottenere con 40 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica (una buona parte dei lavoratori in uscita utilizza proprio questa possibilità). Con la manovra il limite potrebbe salire di uno, due anni o tre anni.
Contributi più cari
La tendenza di lungo periodo è di portare tutte le contribuzioni delle pensioni pubbliche al livello di quelle Inps, quindi intorno al 33%. Per il momento sotto la lente ci sono soprattutto commercianti e artigiani per i quali la contribuzione potrebbe aumentare, per il momento, di uno o due punti percentuali.
Contributivo pro rata
Un intervento di questa entità, rischia di fare passare in secondo piano la riforma Fornero doc, cioè l’estensione del metodo contributivo a tutti, a partire dal 2012. Che comunque rimane in campo, soprattutto per dare un segnale di equità generazionale (gli anziani che hanno assegni calcolati con il metodo pre riforma Dini, il retributivo, sono molto più avvantaggiati degli altri). Resta tra le scelte anche l’uscita flessibile tra 63 e 70 anni. Ma sono allo studio penalizzazioni molto pesanti per chi sceglie di lasciare prima il lavoro. La prospettiva di medio termine resta quella di superare definitivamente le anzianità e lasciare in campo solo le pensioni di vecchiaia.
Quelli ipotizzati ieri sono interventi così rilevanti che la politica ha evitato di commentarli, se non per bocciarli (è il caso dell’Italia dei valori). La riforma non è incompatibile con il programma del Pdl, mentre è scontato il no su tutta la linea della Lega Nord. E anche quella del sindacato. Ieri si è fatto sentire il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che ha chiesto uno stop alle indiscrezioni dei media e l’avvio di «un confronto trasparente » con il governo. Sul tema più spinoso, insieme a lavoro e tasse, né Monti né Fornero hanno consultato le sigle dei lavoratori.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.