Matteo Chiarelli
«Io mi sento nel fondo del cuore pochissimo artista; e moltissimo artigiano»: così Anselmo Bucci amava definire se stesso e la propria arte, umilmente. Eppure lo ritroviamo costantemente nel vivo della cultura nazionale ed europea del secolo scorso, a fianco di Picasso e Modigliani, di Boccioni e Severini, di Sironi e Dudreville. «Anselmo Bucci da Fossombrone», soleva di frequente firmarsi, memore delle sue origini marchigiane, ma in realtà svolse principalmente la sua attività tra Milano, Parigi e Monza.
E proprio a Monza, al Serrone della Villa Reale (viale Brianza 2), domani apre (fino al 13 novembre) la grande mostra «Anselmo Bucci (1887-1955). Pittore e incisore tra Parigi, Milano e Monza», rassegna legata anche ai 200 anni del Parco. A 50 anni dalla scomparsa di Bucci, 110 dipinti provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private italiane saranno proposti nell'esposizione curata da Paolo Biscottini ed Enrico Crispolti, in collaborazione con Alberto Montrasio e Mario Fossati, e per la prima volta si vedranno anche numerosi lavori finora custoditi nello studio monzese del pittore.
Il percorso artistico di Anselmo Bucci sarà presentato attraverso i differenti momenti in cui si è voluta suddividere la sua carriera. La prima tappa riguarderà il periodo risalente all'attività monzese. In questa città Bucci risiedette dal 1904 al 1906, per poi ritornare nel secondo dopoguerra, stabilendovisi fino alla morte. Qui il pittore frequentò anche artisti e letterati come Bajoni, Caprotti e Dudreville, inaugurando in seguito la sua attività di scrittore, poeta, saggista e giornalista. Fu però certamente a Parigi che, a partire dal 1906, seppe inserirsi attivamente nel clima artistico internazionale, partecipando ai Salons, frequentando Montmartre, conoscendo Severini, Viani, Picasso, Apollinaire, Dufy, Utrillo, e stringendo una solida amicizia con Modigliani. «Da quel suo viaggio parigino - afferma Paolo Biscottini -, Bucci non è mai del tutto tornato, finendo con fondere nella sua pittura due differenti nature, quella francese e vagamente impressionistica (i colori, il fascino dell'impression, la mobilità dello sguardo e quindi della pennellata e la propensione a cogliere i valori atmosferici del reale), e quella italiana, portatrice di uno stile alto, centrato sulla figura nello spazio, sorretto dal disegno e alimentato da una scala cromatica sapiente...».
Allo scoppio della prima guerra mondiale il pittore fece ritorno in Italia e si arruolò nel celebre «Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti» assieme a tanti artisti futuristi quali Boccioni, Erba, Marinetti, Funi, Sironi, Russolo e Sant'Elia. Nonostante queste frequentazioni non aderì però mai al movimento d'avanguardia, preferendo partecipare invece al gruppo di «Novecento Italiano», di cui fu tra i fondatori, suggerendone il nome stesso, ma dal quale decise più tardi di allontanarsi. Oltre ai dipinti, una larga parte dell'attività del maestro riguarda la sua produzione grafica e illustrativa.
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