Meglio meno, ma meglio. Se la classe non è acqua, anche per eccellere nellarte visiva si consiglia di non strafare. E se il poeta Eugenio Montale amava scrivere che «è già troppo vivere in percentuale», cosa dire poi della straordinaria sobrietà stilistica di Giorgio Morandi? Le sue spoglie nature morte e gli elementari paesaggi rusticani - niente di più, niente di meno - hanno ormai fatto il giro del mondo rinnovando anche per il 900 i fasti della più amata e classica pittura italiana. La poesia antiretorica delle piccole cose, delle forme pure, della raccolta intimità nellincanto della forma-colore è la preziosa eredità stilistica che oggi torna in una mostra a Londra dove lopera di Morandi è messa bene accanto a quella di altri importanti artisti inglesi contemporanei in qualche modo a lui vicini o collimanti («Morandis Legacy. Influences on British Art», presso la Estorick Collection of Modern Italian Art, fino al 20 giugno).
Paragonati per sintonie espressive (semplicità di tratto, plastica essenziale degli oggetti incastonati nella luce-ombra), disegni, dipinti e acqueforti del grande bolognese si accostano alle opere di David Hockney, Tony Cragg, Ben Nicholson, Cristopher Le Brun ed altri noti protagonisti della scena artistica del Regno Unito. Senza indicare soltanto le influenze dirette vere e proprie tra un autore e laltro, lesposizione riesce a mostrare fino a qual punto la «severa elegia luminosa» (Roberto Longhi) che sintetizza il valore della pittura di Morandi ha fatto da battistrada sui temi più delicati e complessi della odierna rappresentazione visiva. Sempre in bilico fra lastratto e il figurativo, lestrema attenzione pittorica per il particolare e il semplice (le scabre bottiglie, i dimessi casolari di Grizzana) suggerisce quel sentimento ambiguo e relativizzante dello spazio-tempo che è proprio della più acuta sensibilità contemporanea. Entrano così in appariscente sintonia con le composizioni morandiane non soltanto le incisioni di Hockney (così accurate riguardo ai meccanismi del «guardare») ma perfino gli antropomorfismi (persone viste come cose e cose viste come persone) di certe performance come il ritratto di gruppo messo in scena dal Theatre of mistakes con l«Omaggio a Morandi» del 1980.
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