Evidentemente il magistrato Alfredo Robledo è l’unico che pensa che «abbassare i toni» significhi davvero non fare chiasso. Allora s’è preso la briga di indagare per inquinamento acustico il sindaco di Milano Letizia Moratti. Sì, l’ipotesi di reato è un’altra: omissioni in atti d’ufficio. Però gli atti che il sindaco avrebbe omesso sarebbero questi: «Moratti non avrebbe adottato i provvedimenti necessari per placare l’eccessivo caos acustico lamentato dai cittadini». Così la signora Letizia in pochi mesi ha scoperto di essere potenzialmente colpevole dello smog di Milano e del rumore molesto. Nientemeno. Perché non bastava l’inchiesta contro Comune, Provincia e Regione per le polveri sottili, adesso arriva anche questa per l’inquinamento acustico. Due al prezzo di due. Non c’è neanche lo sconto per l’idiozia, nemmeno un’offerta promozionale per l’inutilità, neppure un saldo per la follia. Una carta bollata per fare notizia, un’istanza per avere visibilità. Ingolfiamo procure e tribunali di indagini sul nulla e poi andiamo in piazza contro la riforma della giustizia. Qui non si capisce: dicono che la Moratti sia indagata per atto dovuto, che è il modo migliore per dire contemporaneamente che l’inchiesta è una mezza bufala, ma che comunque il sindaco è sotto controllo. L’equazione classica che permette di ottenere con una mezza truffa un titolo su un giornale e un risultato politico non trascurabile: dire al mondo che ci sono uomini e donne che comunque sbagliano e queste persone sono sindaci, governatori, parlamentari. Fango, anzi smog. Rumore, anzi chiasso. Tutto addosso ai nemici, che siano amministratori locali o nazionali. Arrivano le elezioni regionali e si moltiplicano l’attenzione sui politici, le manette, gli avvisi di garanzia. Vale qualunque cosa e adesso pure il rumore. Il rumore, capito? Cioè l’educazione della gente, la sensibilità dei cittadini. La Moratti è indagata per una delle poche zone della movida milanese: un gruppo di strade a ridosso dell’Arco della pace, vicino al Parco Sempione, dove nei weekend i ragazzi si ritrovano: una manciata di ristoranti, bar e locali vari.
Insomma, per il comitato di cittadini anti chiasso e anche per il magistrato Robledo, Milano è una bolgia perenne. Così la vogliono spacciare, adesso. Il paradosso è che se c’è un errore imputabile all’amministrazione Moratti è l’opposto: aver definitivamente massacrato il ricordo della Milano da bere, aver trasformato una città viva e vivace in un posto che chiude presto e a volte neanche apre. Ha vietato l’alcol ai minori, ha imposto orari rigidi ai locali, ha messo il silenziatore al divertimento. Sarà anche vero che la gente che abita intorno all’Arco della pace avrà qualche disagio, ma provare a far passare Milano per una città con la movida notturna è un insulto alla movida. Avete visto Madrid? Avete provato Barcellona? Avete visto il mondo? Ci sono città che vivono di baccano e campano col rumore. Milano s’è spenta abbastanza da essere eliminata con una lampadina a basso consumo. Allora perché? Perché un’inchiesta sul nulla? Per spendere soldi pubblici per fare campagna anti Moratti? Il pm Robledo sta valutando, dicono. Valuta il niente, evidentemente. Perché non c’è quest’inchiesta. Possibile che non ci fosse qualcosa di più serio? Morti ammazzati, disastri vari, terrorismo. Qualcosa di vero. Qualcosa di non particolarmente inutile. Qualcosa di non utilizzabile politicamente. Non è ammissibile che si renda inevitabilmente politico un fatto privato e minimale. Il problema non è rispondere alle esigenze dei cittadini, ma approfittare di quelle esigenze per sfruttarle politicamente. Perché uno a questo punto non può trascurare che il pm Robledo è uno che alla politica tiene abbastanza. Fu lui a dire: «Le nostre toghe sono rosse per il sangue versato». Poi ancora: è uno dei magistrati del processo Mills. Un insospettabile, mica uno di quelli che fanno politica nelle aule di tribunale. Quindi sarà stato mosso da senso civico. Dal dovere, anzi. È quella la parola giusta: dovere. Però un magistrato deve lavorare certo, ma non è detto che debba renderlo sempre pubblico. Cioè se ne accorge anche lui che questa storia finirà in nulla: sembra uno strano ma vero. Allora che senso ha renderla pubblica? Ha anche detto che è un atto dovuto, quindi non ci crede neanche lui. Non ci crede nessuno, però la notizia arriva, trapela, finisce sui tavoli giusti dei posti giusti. Tutto casuale, ovviamente. Tutto imponderabile. Come il colore delle persiane della città di Milano: ci sono palazzi che le hanno verdi, altri grigie, altri marroni. Forse merita un’inchiesta anche questo. Ci sarà un politico che ha colpa no? Le elezioni arrivano tra qualche mese, c’è ancora tempo.
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