RomaGli uomini di potere hanno stufato e scocca l’ora degli uomini di fede. A ben guardare, due set estivi importanti mettono un Papa al centro del loro fermento e sembrano il diavolo e l’acqua santa, tanto sono divaricati intenti, personaggi e regie. E mentre pare che il Vaticano scenda nel gradimento urbi et orbi da parte dell’uomo della strada stordito da un brutto ping-pong al tavolo della pedofilia e della case di Criccopoli (in quota Propaganda Fide pro vip), due pontefici, uno reale e uno no, salgono al cinema. Si tratta di Papa Karol Wojtyla, il cui dramma La bottega dell'orefice, diventerà film d’esordio per Claudia Koll, che ne elabora la sceneggiatura - tratta dalla pièce, scritta quando Giovanni Paolo II era vescovo di Cracovia - insieme a Mario Arturo Iannaccone e del «papa inventato» di Nanni Moretti, regista e interprete di Habemus papam scritto da Federica Pontremoli e Francesco Piccolo e pronto per Cannes 2011.
Tra l’ex diva sexy di Tinto Brass e il vecchio ragazzo di Monteverde, assente dal grande schermo dai tempi de Il Caimano (con l’uomo di potere Berlusconi protagonista), l’unico nesso è la città del Cupolone: entrambi capitolini, l’artista Colacioni, seguace d’un percorso religioso personale, dista anni luce dall’artista Moretti, cattocomunista pervicace, dunque diversamente bigotto. Intanto, che l’ancor bella Claudia si metta dietro alla macchina da presa, per filmare un «Dio on the road» come sussurra lei, fa notizia. I soldi glieli dà la Marche Film Commission, che in cambio riceverà strepitose carrellate di pacificati paesaggi marchigiani, tra il Conero e Fabriano, a ridosso delle dolci colline di Sassoferrato, giù verso il rustico Borgo Lanciano. «Il mio film, Davanti alla bottega dell’orefice, è una riflessione sul senso della vita e sul significato dell’amore. Parto dalle parole di Papa Wojtyla: “C’è una sola esistenza e un solo Amore, nella vita”. Purtroppo non riflettiamo abbastanza su quell’Amore eterno, persi sotto il peso della quotidianità. Manchiamo di umiltà. Per questo il mio film d’esordio vuol essere una meditazione», annuncia l’attrice che si riserva un cameo. Nel cast, i giovani attori sconosciuti del suo Star Rose Theatre, «ma avrete anche qualche preziosa sorpresa», anticipa l’esordiente, supportata «da uno staff tecnico di grande qualità». Il set della Koll apre a settembre, ma il 12 Claudia e i suoi ragazzi saranno al trentaduesimo pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, gettonato da atei devoti come Giuliano Ferrara. «Devo riprendere la Benedizione con il Santissimo: le persone non si fermano e mi piace questo affastellarsi veloce di anime in cerca di salvezza. Poi, riprenderò i fuochi d’artificio dall’alto, con un elicottero. Voglio rendere l’impressione di frenetica rapidità», spiega la Koll, che pensa a «lunghe passeggiate, viaggi in auto e distese di campagna» per ambientare le vicende di tre famiglie alle prese con l’amore e la responsabilità dei figli. Da La bottega dell'orefice di Giovanni Paolo II, Michael Andersen nel 1987 trasse il film con Burt Lancaster e Olivia Hussey, ma Claudia non ha in mente un film realista come quello.
Neanche Moretti punta al realismo: il suo Papa depresso, l’ottuagenario Michel Piccoli, esce da una fantasia d’autore (lo psicanalista al soglio pontificio sarà Nanni). E se il Vaticano è verboten, il cortile di Palazzo Farnese (il cui primo proprietario fu Papa Paolo III), è servito per ambientare una partitella a pallone tra cardinali con porpore svolazzanti. I vasti saloni, le logge e i corridoi del Palazzo, disegnato dal Sangallo e da Michelangelo, hanno surrogato bene la Santa Sede, tanto più che l’ambasciatore francese a Roma, Jean-Marc de La Sabliére, ha concesso alla troupe di Habemus papam anche il suo magnifico ufficio, con balconata aggettante su Piazza Farnese.
Chi non vuole aspettare, domani, dagli stessi produttori de Il nome della rosa, ha La papessa del tedesco Soenke Wortmann, sulla leggenda medievale dell’unico Papa donna, che la Chiesa sopportò dall’853 all’855.
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