Con "Moysa" si torna a suonare insieme

A Milano nasce una grande e inedita "factory" per il pop del futuro

Con "Moysa" si torna a suonare insieme
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Poi ci sono Ferraguzzo e Shablo. Mentre tutti si lamentano dei pochi spazi per la musica (studi di registrazione, sale prove ecc), loro due ci mettono idee e denaro per creare il «Moysa», inaugurato ieri sera a Milano a lavori praticamente ancora in corso.

In pratica il Moysa sono duemila metri quadrati a Milano tra i Navigli e il quartiere Barona che potrebbero diventare il cuore creativo di tanta musica del futuro (ma non solo: anche video, collegamenti, programmi, foto ecc.). Con linguaggio alla moda, il Moysa è un «hub», con il linguaggio più retrò si definirebbe una «factory», in burocratese è uno «spazio polifunzionale» ma nel concreto è un luogo che secondo Fanrizio Ferraguzzo (manager tra gli altri dei Maneskin) e Shablo (uno dei produttori italiani più influenti) progettato apposta per fare musica e far nascere idee, duetti, progetti. Nel Moysa, che è il risultato di un investimento di parecchi milioni di euro, ci sono ben sei studi di registrazione (tra l'altro collegati l'uno agli altri con video e cablatura) più attrezzatissimi spazi per riunioni, per set video, per collegamenti, assemblee e aree di condivisione Insomma tutto il contrario di ciò che ha fatto nascere i cosiddetti «cantautori della cameretta», che hanno scritto musica in solitudine, chiusi in casa, senza strutture nelle quali trovare altri ragazzi uniti dalla stessa passione e poi scambiarsi idee o progetti. Si torna al passato (per fortuna). Negli ultimi 70 anni la musica è scaturita anche «scene» e ambienti nei quali si formassero stili e idee comuni per far nascere vere e proprie «scuole». Senza far paragoni gli Abbey Road Studios sono stati una sorta di «hub ante litteram». Anche il Folkstudio di Roma per altri versi è stato una sorta di factory musicale che ha avuto un rilievo enorme negli esordi del cantautorato romano.

Oggi c'è in questi duemila metri quadrati c'è più tecnologia ma lo spirito è lo stesso: sale di incisione, un ristorante, un club in una struttura che rimane aperta quasi 24 ore su 24.

In sostanza il Moysa è da una parte la fine delle scuse di chi lamenta la mancanza di posti dove «fare» musica. E dall'altro è il segnale che si torna a fare musica insieme e non soltanto a distanza o da soli.

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