Continua a imperversare la polemica sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’ambito musicale, dopo l’uscita qualche giorno fa di Heart on my sleeve, brano generato da algoritmi che hanno simulato le voci di Drake e The Weeknd. Già prima di questo, il dibattito sulla correttezza, sia etica, sia per quanto riguarda la questione economica, aveva diviso molti. C’era chi, come David Guetta, si era detto a favore, anzi nel suo disco aveva inserita la voce del rap di Eminem, “costruita” dall’Ai. Al contrario Drake era furibondo dopo che la sua voce era stata riprodotto da una giovane band. Così come la Universal Music, la casa discografica, che si è già attivata proprio con l’obiettivo di contrastare questo tipo di iniziative.
In mezzo a questa “bufera” a farne le spese una pietra miliare della musica, Peter Gabriel che pochi giorni dell'uscita di Heart on my sleeve, aveva lanciato un contest Diffuse Together i/o Edition sviluppato in partnership con Stability AI (l’azienda dietro Stable Diffusion sta cercando di democratizzare l’Ai e utilizzare il suo potenziale per “risvegliare il potenziale dell’umanità”, ndr). In sostanza, Gabriel aveva chiesto agli utenti di produrre con l’intelligenza artificiale video di i/o, Playing for Time, The Court, Panopticom (quattro pezzi dal prossimo album i/o, ndr), e anche di vecchi brani come Sledgehammer e Don’t Give Up.
Per questo era stato molto attaccato e criticato soprattutto per essersi associato: “Ad un’azienda non etica". "Ti pagano a sufficienza per ignorare il fatto che usano arte e immagini senza alcun riguardo per chi le crea e ne detiene il copyright?” si legge in uno dei tanti commenti degli utenti. Proprio poche ore fa, sul dibattito è intervenuta Grimes, cantante canadese classe 1988 ed ex compagna di Elon Musk, nota anche per i progetti legati agli NFT, lanciando una proposta: chiunque può utilizzare la sua voce e darla in pasto a un’intelligenza artificiale, senza temere alcuna ripercussione legale, anzi, con la prospettiva di generare un guadagno condiviso.
Una sorta di 50/50 che forse negli intenti voleva mettere a tacere le polemiche e cercare di “scendere a patti”, soprattutto economici, con una tecnologia che ormai sembra impossibile da arginare. “Dividerò il 50% dei diritti d’autore su qualsiasi canzone di successo generata dall’intelligenza artificiale utilizzando la mia voce. È lo stesso accordo che farei con qualsiasi artista con cui collaboro. Sentitevi liberi di utilizzare la mia voce, senza alcun rischio. Non ho etichette né vincoli legali”, scrive la cantante.
Di fatto quindi, l’artista ha autorizzato l’utilizzo del deepfake che riproduce anche nei minimi particolari la voce di qualsiasi essere umano, star o meno. Questa è la situazione, in veloce evoluzione, “nel resto del mondo”, ma cosa sta succedendo in Italia, e quali sono le implicazioni, sia etiche che economiche, che coinvolgeranno il nostro Paese e i suoi artisti, una volta che l'onda partita dall'America arriverà anche da noi? A spiegarlo a IlGiornale.it, Sergio Cerruti, presidente dell’AFI, Associazione Fonografici Italiana, che nella nostra intervista non nasconde la sua preoccupazione per l’uso di questa tecnologia, e avverte che l’Italia è comunque ancora molto indietro rispetto a questi problemi.
Cosa ne pensa di quello che sta succedendo con l’intelligenza artificiale usata per fare musica?
“Sono appassionato di tecnologia e ho sempre seguito le evoluzioni applicate al nostro settore, ma sono assolutamente d’accordo sul problema etico. Bisogna al più presto intervenire e regolamentarla, altrimenti dopo il profetico Contagion che ha anticipato il Covid, non vorrei svegliarmi un giorno dove l’intelligenza artificiale come in Robocop possa “bombardarci”. Scherzi a parte, ho ben chiaro un fatto, tra The Weeknd che ne è stato vittima e David Guetta che invece l’ha utilizzata per riprodurre la voce di Eminem, a farne le spese è stato il candidato Sindaco di Chicago Paul Vallas che ha perso le elezioni per una dichiarazione che non aveva mai fatto, realizzata con l’uso dell’intelligenza artificiale”.
In che modo il mondo della musica si sta tutelando?
“In America c’è già un progetto di legge in atto, e anche in Europa per la “Ai Act” si stanno iniziando a prendere delle posizioni comuni per porre confini di regolamentazione. Una cosa però è chiara, è già purtroppo fuori controllo quindi l’intervento deve essere veloce. Dal punto di vista del copyright, in America hanno già chiarito che la creatività dell’intelligenza artificiale in qualche modo non è procedibile, ma questo ha anche un senso storico e logico, perché la proprietà intellettuale, e l’intelletto, è identificato come “genere umano”. È pur vero che qualcuno potrebbe obiettare che l’Ai è stata creata dagli umani, in questo momento però, non si trasferisce sulle opere dell’ingegno”.
Personalmente la preoccupa questa situazione?
“Pur essendo un amante della tecnologia, sono preoccupato soprattutto per la parte etica, perché l’utilizzo improprio di questa tecnologia rischia di essere dannosa sia nella musica, ma anche nella politica, oltre che nella vita di tutti i giorni. Quindi sono assolutamente d’accordo sulla regolamentazione e non avrei gridato allo scandalo nel momento in cui, seppur in maniera maldestra, il garante della privacy in Italia aveva oscurato la ChatGPT (acronimo di Generative Pretrained Transformer, uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso, ndr)."
Cosa ne pensa lei dell'Ai?
"Credo che l’Ai sia una sorta di doping artistico, e fa leva su qualcosa di sovrumano che supera se stesso grazie a caratteristiche che non sono normali. Non vorrei sembrare bigotto in questo senso, ma anche nel nostro Paese comincerei a dare una stretta preventiva, anche se tutti sappiamo che è difficile bloccare la tecnologia. Sul lato creativo dell’intrattenimento e della musica, la mia sensibilità mi induce a dire che è avveniristica e molto attraente, però bisogna stare attenti che non diventi affabulante. Qualcosa che ci ubriaca di questa bellezza che è però priva di sostanza, e che rischia di farci perdere le fondamenta di cultura e creatività tipica degli umani. Per questo voglio proteggere il mio settore. Non dalla tecnologia o dal futuro, perché quello ci chiama sempre, ma non dobbiamo rispondere al primo squillo. Si può anche attendere e farsi un po’ desiderare, per capire soprattutto quali passi dobbiamo fare, visto che in questo campo abbiamo già avuto esempi pratici che ci inducono a pensare che qualche problema lo creerà".
L’America è già corsa ai ripari, l’Europa ci sta pensano, quale è la posizione dell’Italia?
“Gli americani hanno detto immediatamente che se un disco di successo è stato creato tramite l'intelligenza artificiale non è proteggibile e non si può depositare. In questi giorni in Europa c'è una corsa ai ripari per cercare di arrestare questa avanzata, ma in Italia stiamo ancora agli albori e non comprendiamo neanche bene la differenza tra diritto primario e secondario. L’Italia è profondamente arretrata per quanto riguarda i diritti d’autore, e non è casuale secondo me che Meta abbia fatto il braccio di ferro proprio da noi, per dimostrare al resto dell’Europa, che è molto più avanzata sul come difendere i propri interessi. Siamo ancora immaturi sotto questo punto di vista. Ovviamente non tutti, ma abbiamo un mercato che deve ancora riorganizzarsi e non ha ancora recepito cosa sta accadendo, figuriamoci sull’intelligenza artificiale. Questo purtroppo è un dato di fatto”.
Secondo lei bloccando il “rientro economico” delle produzioni realizzate dall’intelligenza artificiale si può riuscire ad arginarla? Per fare un paragone, se non fosse possibile un guadagno dalle produzioni realizzate con l'Ai, secondo lei David Guetta avrebbe riprodotto nel suo disco la voce di Eminem?
“David Guetta è diventato famoso senza l’intelligenza artificiale, è abbastanza in gamba da non averne bisogno. Poi se Eminem non si vuole prestare per fare il suo disco, credo se ne farà una ragione. Penso sarebbe più bello pensare che Eminem volesse fare una collaborazione con Guetta piuttosto che quest’ultimo si sia fatto riprodurre la voce al computer.
In questo caso però sono abbastanza certo che Guetta lo abbia fatto più come suggestione artistica, o perché è divertente, ma sopravviverebbe benissimo anche senza intelligenza artificiale, che invece andrebbe usata per curare persone e salvare vite. Ovviamente il rientro economico è importante ed escludere l'Ai dai compensi, non può che aiutare a limitarla”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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