Laura Pausini te la ritrovi come l'avevi lasciata cinque anni fa, al tempo del suo penultimo disco Fatti sentire. Carica di energia, spiritosa, persino visionaria. Però, ora che pubblica le nuove canzoni di Anime parallele, si presenta più contemporanea nei suoni («Ascoltarli sarà una sfida anche per il mio pubblico» dice dopo la conferenza stampa) e senza dubbio più profonda nelle riflessioni presentando questo disco «nato nel periodo del Covid quando siamo diventati anime parallele, salvo poi staccarci di nuovo alla fine della pandemia». Ora, spiega, «siamo molto omologati ma non perché condividiamo determinati valori, ma perché abbiamo paura».
Insomma Anime parallele (che nei paesi di lingua spagnola si intitola Alma paralelas) è un concept album, «un esercizio su di me che mi ha spinto a volare fuori da me e osservarmi dall'alto». Sedici canzoni (diciotto nella versione deluxe). Altrettante storie. «Al centro di questi brani c'è l'individualità, perciò parlo di anime e non di corpi. Vorrei invogliare ad amarsi e rispettarsi di più e perciò ho scelto di non cantare storie di coppie ma di amore in senso generale». Dall'alto dei suoi due miliardi di streaming su Spotify, del Golden Globe e della candidatura all'Oscar, Laura Pausini non è soltanto una delle artiste italiane più conosciute al mondo ma è pure una delle ambasciatrici più credibili dell'italianità.
E patisce la crescente marginalità del nostro canto. «Amo molto la musica dei Maneskin e sono orgogliosa di loro, ma cantano in inglese, non in italiano. Eros Ramazzotti ed io siamo fortunati perché possiamo permetterci di fare concerti e avere successo all'estero con un pubblico che canta nella nostra lingua. Ma purtroppo dal 2010 in avanti accade sempre meno frequentemente ad artisti di casa nostra. Ad esempio, se vuoi entrare in una radio francese, devi cantare in francese». E lo dice lei che da decenni ha il mondo in tasca e una posizione privilegiata per capire e intercettare le nuove tendenze che si susseguono «in modo così frenetico».
E perciò è una Pausini nuova, non soltanto nei suoni rinfrescati e pure nel modo di cantare qui e là, ad esempio nei brani più uptempo come Venere e Eppure non è così, che lei definisce «pedalone» e di sicuro funzionerà meglio ancora sul palco. Un disco complicato più di quanto sembri, questo Anime parallele che lei ha presentato ieri canzone per canzone. C'è la direzione artistica del sempre più autorevole Jacopo Pesce, ci sono tanti autori (ad esempio Cheope, Abbate ma anche Franco 126) e produttori (ad esempio Michelangelo) che si intersecano con il potenziale rischio di rendere ogni canzone una storia a sé. Invece i brani alla fine seguono un filo comune e, perdendo per strada qualche concessione al passato remoto, presentano una nuova Pausini.
Si confronta con la scrittura di Tommaso Paradiso in Tutte le volte, riaccoglie Biagio Antonacci che firma Più che un'idea («Biagio è il mio migliore amico, non poteva non esserci anche questa volta») e trova atmosfere alla William Orbit in una dolcissima Dimora naturale con sua figlia Paola. «È il primo anno che andrò in tour con lei negli Stati Uniti, mi porterò un tutor e vedremo come va. Invece per i concerti in Europa faremo di tutto per tornare a casa a Roma ogni volta che sarà possibile». Anche per questo, conferma, non parteciperà al Festival di Sanremo, almeno a quello di quest'anno, il prossimo si vedrà». In fondo il Festival è una costante nella sua carriera, che è nata proprio lì e negli ultimi trent'anni ci è passata tante volte, quasi a confermare passo dopo passo il suo percorso. «Sto vivendo un periodo diverso, non provo più rancore», dice. Rancore per chi? «Meglio non dica chi verso chi, comunque sono figure che riguardano sia la mia vita personale che professionale». E che sia cambiata si capisce anche quando ammette che «rispondo meno alle critiche sui social, ho imparato a gestire il mio sangue alla testa».
Adesso Pausini, che ha 49 anni, confessa che «più cresco più entro in modalità all you need is love» e mostra di certo una visione più ampia e armonica. Si trattiene. Riflette un po' prima di rispondere, memore anche delle polemiche che ogni tanto l'hanno accompagnata. «Quando ero giovane ho letto su Cioè (settimanale per adolescenti nato nel 1980 - ndr) che cosa votava il mio cantante preferito e ho dato lo stesso voto anche io perciò non mi sembra giusto indirizzare e condizionare chi mi segue». Chi la segue potrà farlo dall'8 dicembre in tantissimi palasport italiani (debutto a Rimini) poi in Europa, Sudamerica e Stati Uniti.
Ma niente San Siro: «Stavolta ho preferito incontrare i fan regione per regione». Nel frattempo inizia a farlo con questo disco, che è una svolta e celebra la storia favolosa e faticosa di un'artista che dopo tanti successi non si sente ancora «all'altezza della mia carriera».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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