Né perdono né processo

L’operazione che ha condotto all’arresto, in Brasile, del terrorista Cesare Battisti, condannato all’ergastolo, rappresenta un successo per la cooperazione europea e internazionale in materia di lotta al terrorismo. In primo luogo è importante sottolineare che le autorità francesi, su impulso del ministro dell’Interno Sarkozy, hanno abbandonato ogni atteggiamento di tolleranza verso terroristi brigatisti italiani, offrendo invece collaborazione e preziosi elementi per l’arresto di Battisti.
Credo che, con questa azione, non solo le famiglie delle vittime del terrorismo, ma tutti gli italiani (salvo coloro che giustificano il terrorismo brigatista, beninteso) dovrebbero veder riaffermato un principio base del diritto, in Italia e in Europa, e in tutte le democrazie: il principio della espiazione della pena da parte delle persone condannate, specialmente per delitti orribili contro la vita umana per finalità terroristiche.
L’idea della «autonomia politico-giudiziaria» della Francia rispetto all’azione comune europea nella lotta al terrorismo non stava e non sta in piedi.
A parte il fatto che l’omicida (quale è Battisti) era escluso anche dalla dottrina Mitterrand, dal concetto cioè di rifugiato politico, non è oggi neppure ipotizzabile un siffatto principio perché in contrasto con il Piano d’azione comune che l’Unione europea si è data contro il terrorismo, un Piano più volte riaffermato dai capi di Stato e di governo europei.
Non sta a me consigliare prudenza agli esponenti della sinistra francese ed italiana che, attraverso Battisti, ripropongono quella teoria. Ma è mio dovere ricordare che nessun Paese membro dell’Ue può infrangere il quadro di cooperazione e solidarietà proprio in un’area sensibile come quella del diritto fondamentale dei cittadini alla sicurezza, alla vita, all'incolumità fisica.
Non ha senso, il giorno dopo l’arresto e la lunga latitanza di Battisti, parlare quindi di perdono. Perché prima viene la espiazione della pena che la giustizia ha irrogato.
E non ha senso parlare di revisione del processo, che si sarebbe svolto in assenza di Battisti. Perché Battisti era assente in quanto latitante, fuggito dal carcere di Frosinone durante una rivolta.
La scelta di fuggire e nascondersi è - trattandosi di un reato - una scelta che l’imputato compie a proprio rischio: vorremmo forse affermare che un imputato ricercato ha il diritto di sottrarsi alla cattura, addirittura fuggendo dalla prigione, e conseguentemente i giudici non hanno il diritto di processarlo finché non viene di nuovo arrestato?
Questo non è garantismo: sarebbe solo una beffa per le vittime e significherebbe la resa della legge di fronte ai criminali.
Bene ha fatto il ministro italiano della giustizia a chiedere con sollecitudine l’estradizione di Battisti in Italia, e spero che le autorità brasiliane lo consegnino in fretta alla giustizia italiana.
All’indomani della scoperta di una nuova trama di brigatisti rossi in Italia una riflessione sulla «chiusura della stagione del terrorismo in Italia» appare prematura. Troppi legami, anche dopo gli omicidi D’Antona e Biagi, devono essere esplorati attraverso le indagini e troppe vittime ancora devono essere risarcite, in termini di verità anzitutto.

Dunque il terrorista Battisti sia condotto in una prigione italiana e l’Italia confermi il suo ruolo di protagonista in Europa nella lotta ad ogni forma di attività terroristica.
Franco Frattini
*Vicepresidente

Commissione europea

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