Non è mai piacevole andare in ospedale. Se poi una volta giunti nella struttura sanitaria si è costretti a stare in barella per molto tempo in un’area ridotta a fianco di tantissime altre persone sconosciute, allora la situazione si fa ancora più difficile. Quel naturale senso di paura che sorge in paziente viene affiancato da un profondo disagio causato dal ritrovarsi in un ambiente dove non c’è privacy e la giusta dose di tranquillità. Uno scenario da incubo che, purtroppo, si è materializzato al Cardarelli di Napoli, l’ospedale più grande del Sud Italia.
Nelle scorse ore nel nosocomio si è registrata una vera e propria emergenza barelle, con il salone del pronto soccorso invaso dai degenti. Nessun distanziamento tra i pazienti, né riservatezza. E il Covid-19 non c'entra nulla. L'affollamento dipenderebbe soprattutto dall'alto numero di accessi.
A denunciare la situazione è stata la Cgil Funzione Pubblica area metropolitana di Napoli che ieri mattina ha organizzato un presidio di protesta all'esterno del nosocomio partenopeo. "In Campania la Sanità pubblica è al collasso – afferma in una nota il sindacato –. Sta avvenendo la negazione del diritto alla cura in emergenza". Per tentare di risolvere il problema la Fp Cgil ha chiesto un incontro urgente al governatore della Campania Vincenzo De Luca e al prefetto di Napoli Claudio Palomba.
I numeri, secondo il sindacato, sono inequivocabili. La Cgil Fp ha denunciato che nella sera del 29 aprile al Pronto soccorso del Cardarelli si sono registrati "172 pazienti in area critica di emergenza comprendente: Pronto soccorso, Triage e Osservazione breve intensiva. Una situazione che rappresenta il risultato di cause esterne e di cause organizzative interne all'azienda, una situazione vergognosa".
Nel documento si evidenzia che la presenza di così tante persone in Pronto soccorso, "che sono pari ad un numero di posti di un ospedale di media grandezza, con un numero ridotto di personale rispetto al reale fabbisogno e al carico di lavoro", determina una "incapacità oggettiva di garantire sicurezza con gravi difficoltà assistenziali". Il sindacato è consapevole che solo questo dato non può esprimere fino in fondo la realtà vissuta non solo dai pazienti ma anche dagli operatori. Anche il lavoro di questi ultimi, in uno scenario del genere, risulta decisamente complicato. I sanitari, infatti, sono oberati di lavoro. "Dedicare 5 minuti ad ogni paziente richiederebbe 14 ore", si legge ancora nella nota.
Secondo il sindacato quanto sta accadendo al Cardarelli non garantisce "la sicurezza dei lavoratori e dei pazienti, ma soprattutto lede la dignità dei cittadini in un momento di fragilità e la dignità degli operatori sanitari". In considerazione di tutto ciò la Cgil Fp ha puntato il dito contro quelli che ritiene essere i responsabili di quanto sta accadendo: "Il Cardarelli rappresenta la cartina di tornasole del fallimento della programmazione regionale ed aziendale dell'emergenza sanitaria che si è acuita nel corso di questi due anni di pandemia da Covid19". Eppure secondo il sindacato quanto sta accadendo nell’ospedale più grande del Mezzogiorno non è un caso isolato ma una situazione che "accomuna diversi Ps dell'area metropolitana di Napoli, da Castellammare a Pozzuoli, da Nola a Frattamaggiore, dall'Ospedale del Mare al Pellegrini e al San Paolo".
Nel documento, infine, si spiega che per voltare definitivamente pagina è necessario intervenire con "provvedimenti eccezionali che siano all'altezza della gravissima situazione".
Per il sindacato il primo passo da compiere è quello di partire dal "concreto coinvolgimento dei due Policlinici Universitari" con il relativo utilizzo dei "tanti posti letto disponibili".
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