Due omicidi per l’affermazione del clan: dopo un decennio arrestati in 6

Eseguita un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 soggetti. Tra gli indagati anche il boss Cesare Pagano

Due omicidi per l’affermazione del clan: dopo un decennio arrestati in 6

Prima, nel 2006, l’omicidio di Eugenio Santoro. Poi, nel 2008, quello di Salvatore Cipolletta. Dietro i due agguati mortali, l’obiettivo del clan Amato-Pagano di affermare il proprio predominio sul territorio di Mugnano (Napoli). A svelarlo le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale di Napoli, che hanno portato il gip del tribunale di Napoli ad emettere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 soggetti ritenuti responsabili dei due episodi di sangue riconducibili a una faida di camorra all’epoca in atto. Il provvedimento è stato eseguito stamattina dalla Squadra mobile di Napoli e colpisce, oltre che il boss Cesare Pagano, ritenuto il mandante, anche Oscar Pecorelli, Raffaele Perfetto e Salvatore Silvestri come esecutori. Dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e intercettazioni hanno consentito di raccogliere gli elementi che hanno portato ad arrestare gli indagati.

L’attività investigativa ha permesso di accertare che l’agguato a Santoro del 19 dicembre 2006, in cui rimase ferito anche Andrea Parolisi, fu commesso da affiliati al clan Lo Russo, che entrarono in azione per conto degli Amato-Pagano, a cui erano legati da un’alleanza basata su intrecci di affrari criminali e favori reciproci. Solo qualche mese prima, il 6 marzo dello stesso anno, era stato ucciso Amoruso, allora capozona della criminalità organizzata, con lo scopo – come hanno poi dimostrato le inchieste giudiziarie – di piazzare al suo posto un uomo di fiducia degli Amato-Pagano, Salvatore Cipolletta, quale longa manus su Mugnano. E fu Cipolletta, secondo l’accusa, ad essere incaricato di eliminare Santoro e Parolisi, fallendo in parte del progetto: Parolisi riuscì a sfuggire ai Killer e andò a ripararsi nel commissariato del vicino comune di Giugliano, per poi iniziare a collaborare con la giustizia. Ma Cipolletta entrò in rotta di collissione con i suoi 'capi', voleva gestire autonomamente gli affari su Mugnano e questo gli costò la vita: fedelissimi del clan Amato-Pagano lo ammazzarono il 14 aprile del 2008. Per quel delitto, Cesare Pagano è indicato un'altra volta come mandante, Carmine Calzone e Carmine Amato come copartecipi, e il pentito Biagio Esposito tra gli esecutori materiali.

Esposito – secondo quanto riporta l'Agi - ai pm poi racconterà: “"Io e Carmine Calzone lo uccidemmo perchè aveva fatto entrare nel clan Salvatore Torino e Andrea Parolisi, che poi si pentirono". Il 26 novembre 2010 Biagio Esposito mise nero su bianco ciò che sapeva, anche per aver partecipato in prima persona all'omicidio. È lui ad accusare Cesare Pagano e il nipote Carmine Amato, colui "che ha consegnato la pistola". "L'omicidio è avvenuto nel 2008 nel rione lotto G. Le ragioni sono tanti ma lui aveva rapporti con troppe cosche diverse, tipo Sant'Antimo, Caserta e ciò non piaceva a Cesare Pagano - ha messo a verbale Esposito - non comprendeva perché mantenesse l'amicizia con soggetti anche di spicco di altri clan e venisse così a sapere fatti da questi. Era una cosa che Cesare Pagano non gradiva, ma non glielo aveva mai contestato apertamente. Quindi ne parlava con noi alle spalle e ciò era pericoloso perché se Cesare glielo avesse contestato apertamente, voleva dire che per lui era una cosa superabile. Diceva: io a questo Cipolletta non lo capisco". Biagio Esposito, nello stesso verbale d'interrogatorio, sostiene pure che il boss temeva che qualche pentito potesse raccontare lo stratagemma che lui stava preparando per uscire di galera nel caso in cui fosse stato arrestato, "l'attestazione da medici compiacenti che era pazzo.

Poiché a parere di Cesare, Salvatore Cipolletta non avrebbe retto al peso del carcere e si sarebbe pentito se fosse stato arrestato, ecco che decise di ammazzarlo". Dal 2008 il controllo delle attività criminali fu affidato dagli Amato-Pagano ad Antonino D'Andò, ma anche lui rimase vittima nel 2011 della guerra interna al clan.

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