Edificata nel 1484 come porta di accesso alla città, a inizio Novecento era diventata luogo di ritrovo degli artisti dell’epoca. Oggi, una delle porte antiche di Napoli, Porta Capuana, è diventata varco di ingresso a una babele. A stazionare sotto le mura e le torri aragonesi sono soprattutto stranieri, originari principalmente di Paesi dell’Est Europa o dell’Africa. Parlano, mangiano, si ubriacano, dormono, si lavano, si drogano. E, sotto la storia, defecano e urinano. Di giorno e di notte. Passano fino a giornate intere sulle panchine installate al termine dei lavori di riqualificazione previsti dal Grande Progetto Unesco, che hanno permesso di consegnare piazza San Francesco alla città appena a dicembre dello scorso anno. “Oltre al ripristino dell’antico basolato napoletano per la pavimentazione, l’intervento ha riguardato l’installazione di panchine e di dissuasori per le auto, che mirano a trasformare sempre di più l’area in un luogo di incontro, ma anche di eventi e di manifestazioni culturali e artistiche per il quartiere”, recitava al termine dei lavori il comunicato del Comune di Napoli. Ma fino ad oggi i residenti e i commercianti di Porta Capuana hanno visto solo risse, caos, sporcizia, prostituzione, corpi oscillanti sotto l’effetto dell’alcol e tossicodipendenti bucarsi. Piazza San Francesco è diventata ricovero per senzatetto, ubriaconi e tossicodipendenti. Il basolato rimesso a nuovo è diventato letto per chi non ha un tetto o non riesce a raggiungerlo. Non è raro assistere a persone fuori controllo. Allucinate dalla droga e in preda ai fumi dell’alcol, si denudano, scatenano risse, fanno volare bottiglie di vetro e ogni cosa che si trovano davanti. A terra restano le tracce della sbronza e di una vita allo sbando.
Residenti prigionieri
I residenti vivono da prigionieri. Sono costretti a restare chiusi in casa e a uscire col terrore di finire sotto la furia di qualcuno fuori di senno. “Noi non siamo razzisti, vogliamo solo persone civili”, precisa Luigi, che vive in uno degli stabili situati al centro della piazza. Tutte le finestre del palazzo sono serrate. “Tra rifiuti, urina, escrementi, sopra arriva una puzza incredibile. A chi ci dobbiamo rivolgere per far pulire questa piazza? - domanda - Mio padre è allettato e siamo costretti a chiuderci dentro”. Come loro, anche gli altri abitanti dello stabile. Sotto le loro case c’è un letamaio pieno di immondizia dove i tossici finiscono a rannicchiarsi per iniettarsi in vena l’ennesima dose, a qualsiasi ora del giorno, anche sotto gli occhi di bambini e ragazzi che vivono negli edifici circostanti. A gennaio scorso fu ritrovato il cadavere di un uomo morto per overdose. Le siringhe intrise di sangue continuano a tappezzare ogni angolo della piazza. Uno spettacolo orripilante pure per i turisti che arrivano da ogni parte del mondo per visitare una delle porte antiche di Napoli. “Qui, all’epoca della sua edificazione – racconta Maurizio – quando arrivavano da fuori Napoli per barattare, spesso trovavano la porta chiusa e per scambiare le merci dovevano usare delle funi. Da questa pratica è nato l’appellativo dei cafoni”. Maurizio sembra un libro aperto sulla storia di Napoli. Da circa 3 anni gestisce il chioschetto al centro della piazza. “Io ho dovuto alzare i prezzi per selezionare i miei clienti – afferma – Resto a bocca aperta, perché qui ci stanno polizia, carabinieri, vigili urbani. Se vengono e ci aiutano ci fa molto piacere”.
Controlli assenti
Della carenza di controlli parlano i residenti e tutti i commercianti intervistati. Il comando della polizia municipale del quartiere ha sede al primo piano di uno degli stabili della piazza. “Noi gli avevamo chiesto di fare il giro del palazzo e hanno detto che non è di loro competenza. Ma a noi chi ci deve tutelare?”, chiosa Veronica. Lei, qualche settimana fa, si è ritrovata a fare i conti con due stranieri che avevano iniziato a battere i pugni contro la porta del suo deposito per entrare. “Mia figlia – riferisce - è rimasta terrorizzata e ora quando vede un africano ha paura, eppure a scuola frequenta una classe multietnica”. Della condizione di degrado e insicurezza in cui versa la zona si lamentano anche gli immigrati che vi risiedono da anni. Mosè, originario di Tunisi, vive in Italia da 34 anni e a Napoli è diventato un imprenditore, si occupa di lavori di verniciatura. “Superati i limiti – tuona – Io ho girato tutto il mondo, ho lavorato dall’Alto Adige alla Sicilia e non ho mai visto una cosa del genere”. Michele, ucraino, in Italia da 19 anni, ha un pizzeria a Porta Capuana: “La mattina trovo persone a dormire qui, davanti al locale, e sono talmente ubriache che non riescono ad alzarsi. È brutto per i turisti che vengono”. Inna, ucraina, che con i figli gestisce un negozio in via Cesare Rosaroll, rivela che ha paura di uscire da sola. “Mia figlia ha 15 anni e quando si affaccia dal balcone deve vedere chi si droga, chi si denuda, chi si ubriaca”. Diverse sono le mamme che manifestano le preoccupazioni con cui da tempo devono convivere quando i figli escono di casa. È capitato che siano incappati in malintenzionati. Spesso davanti ai palazzi sostano persone in stato confusionale. La notte, poi, non si dorme: “Urla e musica a tutte le ore”, dicono i residenti. Nella zona si percepisce anche un aumento di furti, scippi e rapine. È in atto, per questo, una raccolta di firme per chiedere più sorveglianza sul territorio.
Il degrado e il calo per i commercianti
“Negli ultimi 10 anni il degrado è aumentato dell’80%, un po’ per questi extracomunitari, un po’ per i controlli non sono più assidui come prima, un po’ dal trasferimento della Pretura”, afferma il titolare di una baccaleria storica di Porta Capuana. La sua attività commerciale, nata nel 1942 ed ereditata dal papà, è una delle poche che ancora resiste. I commercianti hanno registrato un calo nelle vendite: “Le persone hanno paura di venire in questa zona”, ammettono in tanti. “Qui hanno chiuso quasi tutti. Noi cerchiamo di sopravvivere, perché siamo da soli e a volte non ce la facciamo”, dice Enzo, che gestisce un bar a pochi passi. Lui afferma che è costretto ogni giorno a pulire e disinfettare all’esterno del suo esercizio: “Se la mattina non pulisco io, qua non si pulisce. Se non disinfetto io non lo fa nessuno”. Intanto, dall’altra parte della strada un uomo, verosimilmente di origini pakistane, è impegnato a spazzare i rifiuti abbandonati davanti al suo negozio: “Qui vicino vengono a drogarsi, a fare cacca, e io non posso lavorare così, lavoro male. Quando qualcuno vuole sedersi, non può per la puzza”. Topi e blatte invadono l’area. I residenti, per impedirgli di entrare in casa, si adoperano con del disinfettante. Hanno poi installato trappole per topi in piazza San Francesco. “Più di una volta abbiamo pulito noi, ma siamo sempre punto e daccapo”, afferma Luigi.
I problemi di Porta Capuana sono decennali, ma per Patrizio sono aumentati nell’ultimo anno in quell’area del centro storico che risulta ancora in parte cantierizzata: “Da quando sono finiti i lavori e hanno messo le panchine, che vengono usate da questi signori per dormire, per ubriacarsi e drogarsi. Facciamo la guerra tutti i giorni. Se li guardiamo un po’ rischiamo di essere aggrediti. Io vivo qua, sono nato qua e non penso che ora devo scappare via per queste persone e per colpa delle istituzioni assenti”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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