Napolitano: "Ecco perché da ministro ho cacciato quella bambina sordomuta"

Il presidente scrive al "Giornale" e ricorda il 1997, quando fece rimpatriare 544 albanesi: "Conciliare accoglienza e rispetto delle regole, contrastando l’immigrazione clandestina"

Napolitano: "Ecco perché da ministro 
ho cacciato quella bambina sordomuta"

Pubblichiamo la lettera inviata dal Quirinale al Giornale dopo l’articolo, apparso sul numero di ieri del nostro quotidiano, in cui si ricordava come nel 1997 furono rimpatriati 544 albanesi. All’epoca il capo del governo era Prodi e il ministro dell’Interno era l’attuale presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Nell’articolo di GianniPennacchi si faceva quindi riferimento alle parole pronunciate l’altro giorno dal capo dello Stato (a proposito della «retorica xenofoba» delle istituzioni) e al suo operato di allora quando, appunto, oltre cinquecento albanesi furono rispediti dall’altra parte dell’Adriatico. Fra loro anche la piccola Mirsada, una bambina di sei anni cieca e sordomuta, che fu ricacciata in patria con i suoi genitori. Ecco la replica del Quirinale. 

Caro direttore,
in riferimento all’articolo «Emergenza immigrazione. Presidente anti xenofobo? Da ministro espelleva in massa i clandestini» firmato da Gianni Pennacchi, vorrei innanzitutto rilevare che la legislazione vigente in materia di immigrazione, pur con le modifiche via via introdotte, si fonda tuttora su una chiara scelta compiuta proprio e innanzitutto dal primo governo presieduto dall’on. Romano Prodi, di cui era ministro dell’Interno l’attuale Presidente della Repubblica. Quella linea, che teneva conto anche dell’esigenza di superare costruttivamente le tante e diverse situazioni di emergenza a cui si era dovuto fare fronte, si ispirava a due principi inscindibili tra di loro:
- apertura lungimirante ma disciplinata, e quantitativamente limitata, ai flussi di immigrati regolari da inserire legalmente nelle attività produttive e sociali, tramite quote d’ingresso determinate ogni anno sulla base delle reali esigenze del Paese e dei rapporti di collaborazione con i Paesi di provenienza del maggior flusso migratorio;
- contrasto netto all’immigrazione clandestina, e al suo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali, anche attraverso l’ingresso dell’Italia nell’accordo di Schengen e nuove iniziative a livello europeo contro il traffico illegale.
È da tener presente che, nel 1997, quando si verificò il tragico incidente della corvetta «Sibilia» e gli sbarchi provenienti dall’Albania raggiunsero il picco più critico, queste nuove norme erano ancora in discussione in Parlamento, per cui si dovette regolare la lotta al traffico clandestino sulla base di decreti del presidente del Consiglio e di specifiche direttive a prefetti e questori. Fu tra l’altro prevista una protezione provvisoria, di carattere umanitario, della durata di 60 giorni. Si ricorse a questo strumento proprio per individuare i casi di effettivo bisogno di protezione, in base alle procedure dell’organizzazione internazionale per le migrazioni, con i benefici che ne derivavano. Si trattò - come il presidente Napolitano ebbe a dire in quei giorni nella sua responsabilità di ministro dell’Interno - di conciliare «rigore e umanità».
Alla scadenza dei 60 giorni di «protezione umanitaria», scattava il rimpatrio per quanti non risultassero esposti a gravi pericoli rientrando nel loro Paese: specificamente, a fine ’97, in Albania. Poterono verificarsi così, in tale occasione, singoli casi delicati e dolorosi - come quello della piccola Mirsada, riferito dal Giornale - in circostanze del tutto particolari, al di fuori di ogni disposizione specifica o controllo diretto personalmente da parte del ministro dell’Interno. Ma non mancarono peraltro altri episodi in cui si manifestò prontamente lo spirito umanitario delle forze dell’ordine. Lo stesso caso della bambina Mirsada, espulsa in un primo momento insieme ai genitori, fu riesaminato dalle strutture del Viminale e risolto positivamente con apposito provvedimento di competenza del ministero degli Esteri.
Con la legge approvata dal Parlamento nel febbraio 1998 furono introdotte le norme per il respingimento «ai valichi di frontiera» o l’espulsione, secondo regole interne e internazionali, di quanti fossero penetrati clandestinamente nel territorio italiano.
Agli stessi principi di allora, di rispetto rigoroso delle regole e di attenzione umanitaria nell’applicazione delle norme sull’immigrazione, si sono ispirate le recenti parole del Capo dello Stato all’Assemblea dell’European Fondation Centre, parole di preoccupazione per l’emergere di un clima di opinione in cui si manifestino «accenti di intolleranza o xenofobia». Ciò non significa che il Presidente abbia inteso entrare in alcun modo nel merito del disegno di legge che è ancora in discussione in Parlamento.

Conciliare accoglienza e rispetto delle regole, e favorire una piena integrazione degli stranieri che vivono e lavorano nel nostro paese rispettandone le leggi, contrastando nel contempo l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani, richiede infatti - non meno di norme coerenti con tali finalità - equilibrio e moderazione nella discussione politica e nella polemica pubblica su questi temi.
Cordialmente
Pasquale Cascella
(Consigliere del Presidente
della Repubblica
per la stampa
e la comunicazione)

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