Si chiama «turismo estetico» ed è la pratica che unisce un intervento di chirurgia plastica a una vacanza, scelta principalmente per motivi economici e promossa in Rete da vere e proprie agenzie di turismo che propongono località esotiche per una convalescenza al riparo da occhi indiscreti. I siti si riconoscono per le foto suggestive e l'italiano da traduttore automatico.
Un trend nato negli anni ottanta, nel primo boom della chirurgia plastica che vedeva un flusso di «migrazione chirurgica» verso il Sudamerica, Brasile in particolare, per effettuare rinoplastiche e mastoplastiche additive dagli allievi del celebre Ivo Pitanguy. Una tendenza che sembrava essersi fermata negli anni novanta, con la ripresa economica e la democratizzazione della chirurgia, ma è ripresa ora in tempi di crisi, complice una agguerrita concorrenza internazionale.
«I colleghi stranieri, specialmente dei paesi in via di sviluppo, India e Russia comprese, hanno intuito come il cliente straniero potesse rappresentare un business interessante», spiega il professor Pietro Lorenzetti, Direttore Scientifico dell'Istituto Villa Borghese di Roma.
«I primi a beneficiarne - sottolinea - sono stati gli americani che con tariffe in patria molto alte hanno guardato con interesse la possibilità di fare un viaggio e operarsi, soprattutto dove era possibile avere una convalescenza al riparo da occhi indiscreti: la Thailandia ad esempio ha beneficiato di un flusso di turismo chirurgico agevolato dalla crisi finanziaria americana, dai voli low cost e dalla moneta estera svalutata vantaggiosa, e così molti altri paesi i cui medici si vantano di aver studiato negli States e aver fatto stage con chirurghi brasiliani e italiani».
Mete insospettabili, come il Sudafrica dove è possibile acquistare un lifting, una liposuzione e un safari con un fuoristrada 4X4 a circa 12mila dollari. Honduras e Giamaica offrono chirurgia e riposo sulle loro spiagge cristalline a seguito magari di interventi multipli nella stessa seduta operatoria in modo da risparmiare sui costi dell'anestesia e della sala operatoria. «Un tour operator specializzato offre la scelta di oltre 80 cliniche private in Tunisia. «L'Asia non è da meno - dice il professor Lorenzetti - e propone chirurgia plastica ma anche trattamenti per la fertilità e chirurgia dell'obesità. In Libano la zona dove sono concentrate le cliniche private è stata ribattezzata "Silicon Valley", in Kenya l'intervento si prenota alla reception dell'hotel. Io credo sia piuttosto intuitivo capire come proporre una vacanza in fuoristrada in luoghi pieni di sabbia e polvere, tra gli scossoni di un'auto sia quanto di meno consigliabile dopo un intervento, per non parlare di mare e sole se si hanno suture fresche e fasciature. Il clima caldo umido di alcune località è poi assolutamente sconsigliato in molti interventi che non a caso vengono eseguiti nella stagione più fredda». Un altro problema serio è legato alle dimissioni, che spesso avvengono la sera stessa dell'intervento, i controlli post operatori sono al minimo. «Queste organizzazioni e i loro medici hanno poco da perdere, sanno che vedranno quel paziente una volta sola e cercano di massimizzare il risultato - aggiunge il chirurgo -. Un importante elemento per cui si spende meno sono i materiali impiegati: dalla marca delle protesi, al bisturi, al filo di sutura. Se calcoliamo che il prezzo medio di una coppia di protesi della migliore qualità è di circa 1500-2000 euro, come è possibile far pagare 2.500-3.000 euro l'intero intervento? Ecco quindi che per essere competitivi si risparmia sui materiali e si rinuncia a garanzie, sicurezza, formazione. Mettiamo nel conto poi un viaggio di ritorno di 8, 10, anche 14 ore: è noto che lunghi viaggi aerei favoriscono il rischio di Trombosi Venosa Profonda, ossia il distacco di un grumo di sangue dai grandi vasi degli arti inferiori che raggiunge i polmoni e può avere esiti nefasti. Per non parlare degli standard igienico-sanitari dei paesi stranieri che possono favorire l'insorgere di infezioni e che dopo il rientro a casa eventuali complicazioni». Non di rado protesi di cattiva qualità si rompono, si spostano e devono essere sostituite poi in Italia con un costo sia in termini di stress che meramente economico. Infine, non meno importante, i controlli post-operatori inesistenti. «In Italia la prassi prevede controlli dopo una settimana, dopo tre e dopo due mesi, chi se ne occupa se il paziente è tornato a casa?», osserva il professor Lorenzetti -.
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