Cose da ragazzi

Sui fatti di Paderno Dugnano - indicibili e inascoltabili - si è già detto e ascoltato troppo. Ma a 17 anni si può essere di una disumanità o un’oscurità incomprensibile. Oppure di una lucidità e una umanità esemplare

Cose da ragazzi
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Con un paradosso che è proprio di questi tempi approssimativi e saccenti, sui fatti di Paderno Dugnano - indicibili e inascoltabili - si è già detto e ascoltato troppo. Il contrario di ciò che servirebbe. Il silenzio.

Ma al chiasso mediatico che investe da giorni un ragazzo di 17 anni il quale, senza una spiegazione razionale, ha ucciso a coltellate fratello, madre e padre, vogliamo anche noi aggiungere una voce. La più dolce e commovente che ci è capitato di cogliere nel frastuono infinito di opinioni e commenti. Quella del migliore amico dell’assassino, che ha la sua stessa età. Si chiama Alessandro e per anni ha giocato e fatto i compiti con lui.

È un’intervista che gira sui social e vale più di tutte le analisi dei vari pedagoghi, psichiatri e psicologi (Dio ce ne scampi) o di professori, giuristi e sociologi (Dio ce ne strascampi).

Il ragazzo dice che «le vittime sono quattro, perché c’è anche lui». Che «non serve a nessuno gettargli addosso tutto questo odio». Che non bisogna giustificare o condannare chi ha portato la morte, ma aiutarlo a tornare a vivere. Che «se non si vuole o non si riesce a comprenderlo, occorre aiutarlo». Che «i suoi stessi genitori, quelli che ha ucciso, sarebbero i primi ora a sostenerlo».

Che «non si può fare loro una colpa per non averlo capito, perché un adolescente è difficilissimo da capire». E che «le difficoltà delle vita sono tante. Può capitare di cadere».

A 17 anni – ecco il mistero - si può essere di una disumanità o un’oscurità incomprensibile. Oppure di una lucidità e una umanità esemplare.

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