Dall'ombra della nave madre agli sbarchi a raffica: Lampedusa è sotto assedio

Mai così tanti sbarchi in un solo giorno. Fonti raccontano al Giornale che per ora è difficile quantificare il numero degli arrivi. E ora il sistema rischia il collasso: "Siamo allo stremo"

Dall'ombra della nave madre agli sbarchi a raffica: Lampedusa è sotto assedio

"Di essiri sunu sempre assai. Ma oggi pari n’invasioni" (Sono sempre tanti. Ma oggi è un'invasione). Dieci, quindici, ancora di più. Le imbarcazioni stracariche di migranti davanti alla costa di Lampedusa nemmeno si riesce a contarle. Tanto è lo stupore persino degli isolani, avvezzi ai continui sbarchi.

È uno tsunami di migranti quello che si è riversato a Lampedusa. Barchini e barche in ferro una accanto all’altra, a breve distanza, e poi altre dietro, nello specchio d'acqua antistante il molo principale. E altri natanti ancora più al largo. "Continuano ad arrivare – dice una fonte da Lampedusa -. Non riusciamo neanche a quantificarli. In tanti sono fermi ai controlli delle forze dell'ordine". E diversi gruppi sono riusciti ad approdare autonomamente sulle spiagge.

La brevissima tregua dovuta dal maltempo è finita. L' hotspot, che ieri mattina contava solo 19 migranti, è di nuovo al collasso. In 24 ore sono arrivate quasi 2.500 persone, contando i migranti approdati autonomamente e fermati mentre tentavano di disperdersi sul territorio e quelli soccorsi dalle motovedette di guardia costiera e guardia di finanza, ma si deve conteggiare ancora un’altra decina di approdi.

“Non sono più numeri che può sostenere quest’isola – commenta il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino -. Serve che intervenga la Difesa. Faccio appello al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a tutto il governo italiano affinché si adottino provvedimenti di urgenza. Il territorio non è in grado di reggere tale onda d'urto, la cui portata sovrasta in numeri la stessa popolazione residente. Risulta impossibile garantire azioni adeguate di assistenza ai migranti, nonostante immani sforzi logistici che, alla prova dei fatti, risultano insufficienti. Cittadini, imprese, operatori economici, lavoratori, forze dell'ordine, associazioni di accoglienza – conclude - sono ormai in uno stato di insostenibile sofferenza fisica e psicologica”.

Intanto sono stati avviati i trasferimenti. In 600 lasceranno oggi l'isola su traghetti di linea e nave Diciotti della guardia costiera per raggiungere una nuova destinazione. In Italia, ovviamente. Ma è solo un palliativo. È come una barca con una falla aperta. Si tenta di portare via l'acqua, ma ne entra ancora. Lampedusa affonda e, di questo passo, anche l'Italia se non si riuscirà a redistribuire i migranti in maniera obbligatoria nei Paesi dell’Ue e senza scrematura tra il "piazzabile" e l’“indesiderato”, come invece avviene per quei pochi migranti che vengono ricollocati fuori dai confini.

Che necessiti un accordo a 360 gradi per il risolvere il problema dell’immigrazione irregolare, che ha raggiunto una portata eccezionale di almeno 118mila arrivi da inizio anno, ne è convinto l’ex sindaco Totò Martello, oggi presidente del Consorzio dei pescatori, che conosce bene il territorio e, negli anni, ha registrato i cambiamenti subiti dal fenomeno che riguarda tutti, non solo l’isola: “Si sono fatti finora troppa demagogia e tanti slogan – dice – ma bisognerebbe ragionare sull’unica soluzione possibile, indicata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: la creazione di corridoi regolari che prevedono, a monte, accordi tra tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo e quelli Africani. L’immigrazione – prosegue Martello – non si risolve con i 14 milioni promessi dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per svuotare Lampedusa, perché non si tratta di un fenomeno economico”.

Intanto, mentre l'Europa assiste da lontano all'invasione dell’Italia, forze dell'ordine, operatori sanitari e tutti i soggetti coinvolti nella macchina dell'accoglienza si sono dovuti rimboccare le maniche. Ancora una volta. Le motovedette di guardia costiera e Fiamme gialle non si sono fermate. Senza soluzione di continuità. "Si va persino a prendere i migranti dalle navi Ong - dice una fonte del Giornale in prima linea nei soccorsi -. Siamo allo stremo".

Le barche in ferro, numerose, cariche di migranti sono in fila al molo Favarolo. E non basta la mole delle attività di identificazione, che sono ordinarie nonostante la straordinaria portata degli eventi, ma le forze di polizia devono occuparsi pure delle indagini per riuscire a comprendere come sia potuto accadere che si siano concentrate in mare nella stessa area così tante barche e quasi tutte in metallo. Come se appartenessero allo stesso gruppo, magari – si ipotizza – sganciato al largo della costa da una nave-madre, in genere un peschereccio.

Quasi tutte le imbarcazioni sono partite da Sfax, solo alcune da Monastir e da Sidi Mansour. I migranti sono originari di Nigeria, Sierra Leone, Sudan, Ciad, Tunisia, Guinea e Camerun e hanno pagato, per la traversata, da mille a 5mila dinari tunisini a testa. Gli uomini della Squadra mobile di Agrigento stanno anche lavorando per accertare le dichiarazioni di 40 migranti soccorsi dal veliero Nadir di ResqShip sbarcati lunedì mattina sull’isola, che hanno denunciato l’ennesima tragedia del mare. Ma gli investigatori ci vanno cauti.

Non solo le versioni sono discordanti, in quanto prima si parlava di una quarantina di dispersi in mare, poi di massimo 10, ma, inoltre, né le autorità marittime, informate tempestivamente dalla Nadir, né la Ong Sea Punk1 né l’aereo di ricognizione Osprey 2 di Frontex hanno avvistato

relitti. Altre indagini riguardano la pirateria marittima. Sono due i gruppi, rispettivamente di 40 e di 30 migranti, ad avere denunciato di essere stati vittima di pirati del mare che hanno prelevato il motore dei natanti.

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