La montagna del sindacato ha partorito un’altra volta il topolino. Anche nell’ultimo sciopero, quello del comparto sanità, dopo una valanga di discorsi e proclami politici, i dati della realtà si rivelano sideralmente lontani dalle previsioni.
A dispetto degli annunci trionfalistici, infatti, risultano scarse, anzi scarsissime, le adesioni vere dei camici bianchi alla protesta della settimana scorsa, quella del 5 dicembre, che coinvolgeva i dirigenti medici, sanitari e veterinari del Servizio sanitario nazionale, nonché gli infermieri e il personale non medico.
Secondo i dati (ancora provvisori) dell’Ufficio relazioni sindacali del Dipartimento funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, la percentuale di adesioni sul personale rilevato si fermerebbe a uno striminzito 2,7%: lontano, anzi lontanissimo non solo dalle attese ma anche dalle cifre sciorinate dalle organizzazioni dei lavoratori (si parlava dell’80% e oltre).
Ebbene, un report elaborato su cifre estratte alle 11 del 7 dicembre (col 37,7% di amministrazioni pubbliche del comparto che hanno inserito i dati) attesta che su un personale in servizio di 403.303 unità, abbiano aderito allo sciopero 8.960, mentre altre 72.618 unità risultano assenti «per altri motivi».
La protesta era stata proclamata su cinque questioni: assunzioni di personale, detassazione di una parte della retribuzione, risorse congrue per il rinnovo del contratto di lavoro, depenalizzazione dell’atto medico, cancellazione dei tagli alle pensioni. E 1,5 milioni erano, a detta dei sindacati, le prestazioni sanitarie che rischiavano di saltare. Ma, a giudicare anche dai dati ufficiali, l’impatto della protesta sul servizio non è stato certamente di questa portata. Manifestazioni avrebbero dovuto svolgersi in tutta Italia, e una nuova chiamata alle armi è fissata per il 18 dicembre, quando scatterà una nuova astensione dal lavoro proclamata da altre sigle della Intersindacale medica. Sotto attacco è la manovra, che non tutelerebbe medici e cittadini. Slogan unico: «Salviamo il Servizio sanitario nazionale».
La mobilitazione si inserisce, ovviamente, in un quadro di rinnovata conflittualità sindacale e sociale, come dimostra anche lo sciopero generale - contro la manovra convocato dalla Cgil di Maurizio Landini prima ancora che la manovra ci fosse.
Ma l’esito di queste partite, dimostra, per ora, una verità piuttosto amara per Landini e compagni: un sindacato che ritrova la voce per gridare solo perché a Palazzo Chigi è insediato un governo di centrodestra - quindi politicamente «nemico» - è un sindacato privo di credibilità per gli stessi lavoratori. Può servire da trampolino di lancio per qualche carriera, ma tradisce la sua funzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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