"Mi avete distrutto la famiglia", ecco il contenuto degli interrogatori di Messina Denaro

Il boss di Cosa Nostra rivelò agli inquirenti di aver vissuto da uomo libero durante il periodo della latitanza

"Mi avete distrutto la famiglia", ecco il contenuto degli interrogatori di Messina Denaro

Il contenuto dell'interrogatorio a cui Matteo Messina Denaro fu sottoposto lo scorso 7 luglio del 2023 è stato depositato in occasione dell'udienza preliminare del procedimento a carico dell'amante del boss Laura Bonafede. Dalle sue risposte al procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido, che lo raggiunse nel carcere de L'Aquila, è possibile trarre delle informazioni circa la latitanza e le sue abitudini.

La cattura

L'allora leader di Cosa Nostra era sicuro del fatto che nessuno lo avesse tradito: la cattura era conseguenza diretta delle condizioni di salute e di suoi errori. "Mi avete preso per il male sennò non mi prendevate", spiega Messina Denaro,"con la mente ho ricostruito tutto come è stato il discorso, so che non c'è stato nessun traditore"."La mattina che mi hanno arrestato la prima cosa che uno pensa è che qualcuno ha tradito. È stato tradito Gesù Cristo…", considera il boss, "e allora il colonnello mi ha detto 'le assicuro che non l'ha tradita nessuno' e io non gli ho creduto. Poi ragionando ho detto: vero è. Ho letto le carte e mi sono fatto pure una logica".

"Mi avete preso per la malattia o per un errore mio, dirlo a mia sorella", dice con certezza."Perché gliel'ho detto? Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente". Il riferimento è proprio al contenuto di un bigliettino trovato nel bracciolo di una sedia, che diede avvio alle indagini conclude col fermo del boss.

La latitanza

Ma come trascorreva i suoi giorni da uomo ricercato a Palermo? In modo assolutamente normale, spiega Messina Denaro, esattamente come era avvenuto a Campobello, dove trascorse la maggior parte della latitanza. Una vita da uomo "libero come quella di Campobello, perché bene o male voi avete scandagliato quella di Campobello, ma in genere sempre quella vita faccio, cioè lo stesso fac-simile".

Nel centro di Palermo, tra l'altro, si fece fare addirittura dei tatuaggi tra il 2006 e il 2009, e frequantò periodicamente un dentista per ricevere delle cure. "Non ho mai distinto tra ricchi e poveri, ovviamente se dovevo frequentare una persona povera non ci andavo col Rolex per una forma di educazione", prosegue,"se invece ero per i fatti miei con persone come me non avevo problemi, cioè non avevo quella forma di vanto, non volevo dimostrare niente".

"Le mie amicizie non e' che iniziano e finiscono solo nel mondo che voi considerate mafioso, non è così, le mie amicizie erano dovunque", precisa il boss."Sono, diciamo tra virgolette, un mafioso per come mi considerate voi, un poco anomalo, non mi sono inimicato nessuno nel territorio, intendo il mio paese. Chiunque mi vuole bene", precisa Messina Denaro. "Lei stamattina pensava di trovare un Rambo, invece non ha tovato niente".

I soldi

Il denaro rinvenuto a casa della sorella, invece, era di provenienza familiare, a detta del leader di Cosa Nostra. "Io sono sempre stato in quello che voi ritenete mafiosità una garanzia per tutti. Non ho mai rubato niente a nessuno. Parlo del mio ambiente, non ho mai cercato di prevaricare, nè in ascese di potere, nè per soldi", racconta ai magistrati il boss. I soldi trovati nell'abitazione di Rosalia, quindi, "mi servivano per mantenermi. Il denaro trovato a mia sorella è sicuramente origine di mia madre perché erano soldi di famiglia, ovviamente se mia madre mi poteva aiutare mi aiutava".

"Lei pensa che io uscivo a fare rapine o chiedere estorsioni?", domanda polemicamente ai pm Messina Denaro, "non ho mai chiesto estorsioni a nessuno, non ho mai fatto traffici di droga, non ho mai fatto rapine. I soldi erano nella disponibilità della mia famiglia, mia madre ha sempre cercato di conservare e dare a tutti, specialmente a me".

La famiglia

Un evidente risentimento nei confronti delle forze dell'ordine, invece, emerge nel momento in cui il boss analizza le conseguenze che la latitanza e le indagini hanno avuto sui suoi familiari. "Io ho una famiglia rovinata... ma alla fin fine quale colpa ho avuto io?", si chiede. "Posso avere colpe personali: impiccatemi, datemi tutti gli ergastoli che volete; ma che la mia famiglia sta pagando da una vita questo tipo di rapporto con me, perché mi viene sorella o mi viene fratello". La colpa di queste ripercussioni sui familiari è delle forze dell'ordine, anche se il boss cerca di non caricare le sue parole di eccessivo astio.

"Io so soltanto una cosa, cioè che, però non sto facendo nessun atto di accusa, quello che mi avete distrutto una famiglia, rasa al suolo", considera il leader di Cosa Nostra. "Ci sono dei sistemi che non vanno, lasciamo stare le condanne, ci sono dei sistemi che non vanno", affonda ancora, "ora sento dire: case distrutte... perché mia mamma che è: latitante o mafiosa? Lei...la legge, lo Stato gli ha distrutto la casa, i mobili fatti a pezzettini. Cioè dove lo volete trovare un dialogo, quando ci sono questi comportamenti?".

La confessione

Conscio di essere arrivato alla fine dei suoi giorni, il boss pare quasi lasciare aperto uno spiraglio alla possibilità di parlare. "Non sono interessato, poi nella vita mai dire mai intendiamoci", risponde ai magistrati, "io non sono stato mai un assolutista nel senso che non è che perché dico una cosa sarà sempre quella, io nella mia vita ho cambiato tante volte idea, però con delle basi solide".

Incalzato dai magistrati circa la possibilità di fornire"pezzi di verità" per "essere più sereno, rispetto alla sua storia, rispetto a questa schifezza che l'ha circondata", tuittavia il boss si chiude nuovamente a riccio.

"Sono alla fine della mia vita, ma il punto è io non sono il tipo di persona - e mi creda che è la verità, non me ne può fo***re più niente - non sono il tipo di persona che vengo da lei e mi metto a parlare dell'omicidio, per rovinare a X, Y, non ha senso nel mio modo, mi spiego?", precisa senza troppi giri di parole il boss.

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