"Moussa era sempre strafatto, faceva paura". Il racconto di chi conosce Sangare

A Susio raccontano che il killer di Sharon da tempo vivacchiava ed era dipendente dalle droghe

"Moussa era sempre strafatto, faceva paura". Il racconto di chi conosce Sangare
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A Susio, piccola comunità di 3700 abitanti della Bergamasca, c'è sconcerto per una tragedia assurda e difficile da comprendere. Moussa Sangare era considerato un “bravo ragazzo“ fino alla maledetta notte del 29 luglio. Poi la metamorfosi da ragazzo a crudele assassino di Sharon Verzeni. Il cambio di atteggiamento subisce una metamorfosi improvvisa, radicale dopo i soggiorni all’estero in Usa e in Inghilterra alla ricerca di fortuna e l’uso delle droghe: eroina, ecstasy, canne (come messo a verbale). Tornato in Italia Moussa vivacchiava, aveva cominciato a vivere nello stabile al numero 19 di via San Giuliano ai locali piano terra di un appartamento vuoto. "Quando sono entrati i carabinieri hanno trovato un disordine indescrivibile - racconta una vicina -. Lo incontravo sulle scale. Mi faceva paura, era strafatto". Nella denuncia, la sorella dirà che il fratello le ha confessato di aver preso Lsd. Lui torna dagli States e non è più lo stesso, nel giro di qualche anno peggiora.

Nessun indicazione di problemi psichiatrici

Dagli atti contenuti nel fascicolo relativi all’ipotesi di maltrattamenti non emerge alcun elemento che facesse ritenere che il giovane fosse "affetto da problematiche psichiatriche". "Per un po’ ha dormito nel cortiletto - prosegue la vicina nel racconto -, su una specie di poltrona, poi ha sfondato una finestra ed è entrato. Una volta è salito sul tetto del nostro garage. Lo ha visto mio marito: ballava. Ho segnalato la situazione all’Ufficio tecnico del Comune e agli assistenti sociali. L’unico che mi ha dato retta è stato il comandante dei carabinieri di Capriate. L’importante, adesso, è che disinfettino la casa. Ci ha abitato in un modo disumano".

"Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare"

Moussa inizialmente era un ragazzo normale, studiava, anche se non ha finito completamente le scuole, ha lavorato, usciva con gli amici, frequentava il paese, l’oratorio, poi quando è partito per tutti questi viaggi quando è tornato, è cambiato."Era più assente si comportava in modo non logico, poi abbiamo capito che era per le sostanze che ha detto che ha utilizzato quando era in America", ha detto Awa, sorella di Moussa Sangare, arrestato e reo confesso di aver ucciso Sharon Verzeni, in un’intervista andata in onda a Pomeriggio Cinque. ”Alla famiglia di Sharon ho già detto che mi dispiaceva molto, ho già detto anche all’avvocato di riferirlo alla famiglia. Nell’ultimo periodo avevamo paura di mio fratello. Da piccolo era diverso. Penso che abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, tra le denunce ma anche oltre quelle: aiutarlo, sostenerlo, indirizzarlo". La sorella poi ricorda quando era stata lei ad essere minacciata dal fratello e racconta: "Non riuscivo più a gestire la situazione, con la mamma in ospedale e Moussa che peggiorava, ho iniziato a fare le denunce, a chiedere aiuto dall’avvocato, siamo andati dagli assistenti sociali e anche dal sindaco. Era aggressivo e violento, mi aveva minacciato con questo coltello e dato che ero di schiena non lo avevo visto, era stata mia mamma che si è messa a chiamarmi e a urlare e mi sono girata e ho visto che mi ha minacciato.

Così ho capito che la situazione andava peggiorando sempre di più. Ogni fatto grave l’ho denunciato ma non pensavo potesse arrivare a questo punto anche se mi aveva minacciato non avrei mai immaginato che avrebbe ucciso qualcuno".

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