"Telecamera sopra una forca": bufera sull'ambasciata iraniana a Roma

Il Pd, attraverso Lia Quartapelle, ha accusato l'ambasciata iraniana a Roma di aver montato una telecamera su una forca: "Si tratta di una chiara intimidazione"

"Telecamera sopra una forca": bufera sull'ambasciata iraniana a Roma
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Una telecamera montata sopra una forca, e situata all'interno dell'ambasciata dell'Iran a Roma, per lanciare un segnale intimidatorio a chiunque dovesse o volesse manifestare davanti all'edificio. È questa l'accusa mossa da Lia Quartapelle, vicepresidente Pd in commissione Esteri di Montecitorio, all'indirizzo della rappresentanza diplomatica iraniana in Italia, pubblicando sul suo profilo Twitter l'immagine del dispositivo posizionato su un palo di legno.

La denuncia del Pd

"L'ambasciata iraniana a Roma ha montato una telecamera sopra una forca. Si tratta di una chiara intimidazione contro chi manifesta fuori dall'ambasciata. Il governo italiano non tolleri questo sfregio e si faccia sentire con parole inequivocabili", ha denunciato il Pd attraverso Quartapelle. "Solo un regime crudele e impunito può arrivare a pensare di fare una cosa del genere", ha quindi aggiunto in un commento successivo.

Dal Partito Democratico si sono fatti sentire anche Filippo Sensi e Pina Picerno. Il senatore ha chiesto addirittura di convocare l'ambasciatore iraniano per un gesto definito oltraggio intollerabile. "Subito convocare l'ambasciatore. Intollerabile oltraggio. Manifestare. Questo orrore non è sopportabile", ha scritto Sensi, sempre su Twitter. Dello stesso tenore anche il cinguettio di Picerno: "Una provocazione inaudita che rispediamo al mittente con determinazione. Si convochi immediatamente l’ambasciatore e si demolisca questo orrore".

Il dossier Iran

Nelle ultime settimane vari esponenti del Pd hanno affrontato il dossier Iran realizzando conferenze stampe e iniziative. La più recente risale allo scorso 24 maggio. La stessa Quartapelle aveva infatti organizzato una conferenza stampa in Sala Matteotti di palazzo Theodoli-Bianchelli di presentazione della raccolta firme lanciata da Marisa Laurito per chiedere lo stop alle condanne a morte in Iran e il rilascio dei manifestanti arrestati nel medesimo Paese. Erano presenti, oltre a Quartapelle e Marisa Laurito, anche Uil, Cgil, Amnesty International e altri deputati e senatori che nei mesi precedenti avevano aderito alla campagna di patrocinio politico dei condannati a morte.

"Il regime iraniano ha giustiziato Sales Mirhashemi, Saees Yaghoubi e Majid Kazemi. La loro colpa: partecipare alle proteste contro il regime a Isfahan. I loro omicidi sono gravissimi e non vanno passati sotto silenzio. Serve mobilitarsi tutti per fermare altre condanne a morte", aveva in precedenza scritto sui social Quartapelle, sempre per sensibilizzare l'opinione pubblica su un argomento delicatissimo.

La situazione a Teheran

A settembre l'Iran era stato travolto dalle proteste in seguito alla morte di Mahsa Amini, la giovane deceduta mentre era sotto custodia della polizia, arrestata con l'accusa di non aver indossato correttamente il velo islamico. In seguito a settimane di scontri e violenze tra i manifestanti e le forze dell'ordine, con vittime e arresti, la situazione è lentamente tornata alla quasi normalità.

Sono tuttavia proseguite le condanne a morte della Corte suprema, chiamata a giudicare i tanti manifestanti fermati.

Come riporta il quotidiano Shargh, la pena capitale viene spesso confermata in base alla legge islamica che prevede che la famiglia della vittima chieda vendetta. Venerdì sono state eseguite le condanne a morte di tre manifestanti, facendo così salire a sette il numero di coloro che sono stati impiccati dallo scoppio delle proteste antigovernative.

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