La piccolezza dei fischi al film sul bullismo

Non bisognerebbe stupirsi troppo perché, come noto, la stupidità è senza limiti; ci si può però sentire feriti, delusi, dispiaciuti e anche "vergognarsi", come ha detto una studentessa presente in quella sala

La piccolezza dei fischi al film sul bullismo
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Andrea ha quindici anni quando decide di uccidersi. Non sopporta più i compagni che lo tormentano e lo insultano, non solamente nei corridoi del liceo ma anche su internet, su una pagina che hanno creato appositamente per umiliarlo, dal titolo «Il ragazzo dai pantaloni rosa». Perché alla stupidità e alla crudeltà basta l'appiglio del nulla, per trasformarsi in disumanità. È il 2012. La mamma di Andrea, Teresa, scopre dopo la morte del figlio di quei ragazzi che gli hanno rovinato la vita al punto di spingerlo a distruggerla. Scrive un libro, che è diventato un film e l'altro giorno è stato presentato alla Festa del cinema di Roma alle scolaresche della città, tutti ragazzi fra i 15 e i 17 anni. L'età di Andrea e dei cosiddetti bulli che lo avevano perseguitato. Il fatto è che Andrea è morto e i bulli no: in quella sala hanno fatto sentire ancora la loro voce senza vergogna, tra fischi e offese al protagonista sullo schermo. Lo ha raccontato il quotidiano Il Messaggero e il ministro dell'Istruzione Valditara ha chiesto che i responsabili siano individuati e annunciato che andrà a incontrarli di persona.

Non bisognerebbe stupirsi troppo perché, come noto, la stupidità è senza limiti; ci si può però sentire feriti, delusi, dispiaciuti e anche «vergognarsi», come ha detto una studentessa presente in quella sala. Ma un fatto di tale gravità interpella innanzitutto gli adulti e la domanda è forse, in questo caso, fino a quale punto di non ritorno possa arrivare lo scollamento dei ragazzi dalla realtà. E poi: perché avvenga, e che cosa si possa fare. È uno scollamento che si osserva sempre più spesso e in ogni ambito, dalla consapevolezza di ciò che è stato il nostro passato a quella della propria identità, dei propri valori, del proprio possibile futuro.

Difficile immaginare una presa di responsabilità da parte di qualcuno capace di insultare un ragazzino morto nel buio di una proiezione e poi, una volta accese le luci, pauroso di proferire verbo. Senza arrivare a immaginare (come minimo) delle scuse, non c'è stato nemmeno qualcuno che abbia avuto il coraggio di bullarsi del pessimo comportamento. Quanta piccolezza, perfino nella cattiveria.

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