Pietro Costanzia di Costigliole, il 23enne fermato ieri della polizia di Torino con l’accusa di tentato omicidio, afferma di essere completamente all’oscuro dell’agguato ai danni di Oreste Borelli, 23 anni anche lui, aggredito a colpi di machete nella periferia di Torino durante il pomeriggio dello scorso lunedì 18 marzo. La vittima, intanto, è ancora in prognosi riservata e ha subito l’amputazione sotto il ginocchio della gamba sinistra.
Soprannominato "Il Santo", un ragazzo di una famiglia dalle origini nobili, grande appassionato di moto e tatuaggi. Ha studiato marketing e vissuto a lungo a Barcellona, dove sarebbe stato coinvolto in una grossa indagine che lo ha spinto a tornare in Italia. Rintracciato dalla squadra mobile della polizia in un albergo di Torino, da ieri pomeriggio è in stato di fermo con l'accusa di tentato omicidio. Ascoltato dal pubblico ministero titolare dell'inchiesta, Mario Bendoni, e in presenza di due avvocati difensori Vittorio Nizza e Paola Pinciaroli, il giovane discendente di una nobile famiglia piemontese ha provato a difendersi dalle accuse, prima di avvalersi della facoltà di non rispondere. “Io non c’entro nulla, non ho neppure una moto”. Queste una della prime dichiarazioni rilasciate dal giovane e riprese dal Corriere della Sera.
Una difesa totalmente diversa da quella usata negli ultimi giorni. Quando il giovane è stato fermato dalla polizia, infatti, pare che fosse convinto che si trattasse dell'esecuzione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria iberica. “Pensavo che mi cercavate per un reato che ho fatto in Spagna", avrebbe dichiarato candidamente il presunto responsabile agli investigatori, “ho un mandato di cattura internazionale". Parole che in effetti non si allontanano dalla realtà: sul 23enne di nobili origini pende davvero un mandato di cattura internazionale per il fatto di essere destinatario di un provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso nei suoi confronti a causa di una serie di precedenti per rapina in Spagna.
Una situazione che, se confermata, andrebbe solo ad aggravare la posizione del giovane originario di Milano. Intanto le indagini sulla terribile aggressione con il machete continuano e la ricostruzione dei fatti diventa di assoluta importanza. Erano le 17.30 di lunedì 18 marzo quando la giovane vittima dell’aggressione, Oreste Borelli, è uscito, in compagnia della fidanzata, dalla casa di un amico in via Panizza, a Mirafiori. Da lì a poco il terribile blitz dei due aggressori, uno dei quali è ancora ricercato. “Impugnava un machete”, racconta un testimone ripreso dal Corriere della Sera. “Ha colpito le gambe di quel ragazzo anche quando era a terra – continua – ha smesso quando la vittima gli ha detto che non lo avrebbe denunciato”. “Lo ha lasciato in una pozza di sangue”, la sentenza finale del testimone.
Resta invece ancora estremamente grave la condizione della giovane vittima. Intubato e ventilato meccanicamente nel reparto di terapia intensiva dell'opsedale Cto, lo studente colpito con il machete ha dovuto subire un'amputazione alla gamba sinistra. "Abbiamo fatto tutti i tentativi possibili per salvare la gamba sinistra al ragazzo - spiega alla Stampa Adriano Fungi, il chirurgo del Cto di Torino che ha operato Borelli -. Le sue condizioni erano tali per cui l'arto doveva per forza essere amputato. La sua gamba era infatti andata in ischemia e abbiamo deciso di amputarla sotto il ginocchio. Altrimenti i rischi per il paziente sarebbero stati molto più gravi".
Tra le motivazioni dell’aggressione sul tavolo degli inquirenti restano diverse opzioni: da alcuni apprezzamenti fatte dalla vittima alla fidanzata del 23enne di nobile famiglia, a uno sgarbo tra i due legato a questioni di soldi o droga.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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