Tre denunce e otto vittime. È questo il bilancio, ancora parziale, del Capodanno di Milano. Le immagini di piazza del Duomo invasa da decine di migliaia di uomini, per la stragrande maggioranza stranieri o di origine straniera, hanno fatto il giro del mondo, così come le aggressioni sessuali ai danni delle donne che, per loro sfortuna, si sono trovate in quella piazza sperando di trascorrere un Capodanno meraviglioso. La procura di Milano sta concentrando le sue indagini sul fenomeno del "taharrush gamea", la violenza sessuale di gruppo diffusa nei Paesi di matrice islamica, messa in atto allo scopo di punire la donna, di impaurirla e di terrorizzarla perché ha partecipato alla vita pubblica.
Wael Faruq, direttore dell’istituto di cultura araba della Cattolica, in un'intervista al quotidiano Repubblica sostiene che il fenomeno "è nato in un contesto di violenza, di oppressione, di perdita della speranza, di disoccupazione, di guerra". I primi episodi sono stati registrati in Egitto nel 1998 e secondo il professore questo è fondamentale, perché "la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila è proprio quando sono nati i protagonisti delle violenze. Giovani stranieri o italiani di seconda generazione che sono cresciuti in questo contesto, che l’hanno vissuto in prima persona, lì oppure attraverso le immagini o racconti a distanza". Questo, nella teoria di Faruq, significa che "non è una questione di cultura o religione", anche perché "per la cultura araba e la religione islamica quelle violenze di gruppo sono un crimine gravissimo". Tuttavia, dice, "il problema sta nel contesto degli ultimi trent’anni, diventato parte della loro storia".
Quello che per lui è il contesto lo spiega nella risposta successiva, quando dice che esiste un problema mondiale di molestia sulle donne, "scoperchiato col MeeToo" che sostiene riguardare "in maniera drammatica anche tutto l’occidente". E poi, aggiunge, esiste "uno stereotipo femminile che si diffonde fra sui social e i profili di Tik Tok, una donna che si vende, che cerca soldi, una donna non reale". Tutto questo sarebbe assimilabile con le violenze di gruppo e con le molestie subite da decine di uomini in piazza del Duomo e in tutte le altre piazze europee negli ultimi dieci anni. Il motivo sarebbe, nella logica di Faruq, perché "è contro uno stereotipo che vengono fatte quelle violenze di gruppo". Sembra confermare che il "taharrush gamea" sia una punizione per la donna moderna, libera di mostrare il suo corpo e di disporne a suo piacimento. "Non è contro persone per ragioni specifiche ma contro quello stereotipo che le deumanizza. Il punto dove voglio arrivare è che è troppo banale dare la colpa all’islam, parlare di ragazzi che provengono da una cultura distante da noi che non rispetta le donne", prosegue Faruq nella sua spiegazione, ignorando però che in quella piazza non c'erano italiani.
"È molto pericoloso slegare quello che è successo in Duomo da un contesto generale di una cultura della violenza che nasce da un vuoto e dal perdere la fede e significato in tutto", dice ancora a Repubblica, dicendo che non bisogna minimizzare ma sostenendo che non serve la polizia per fermare il fenomeno, al massimo serve alla dissuasione, "a questi ragazzi manca educazione, speranza per il futuro, e questo va oltre i giovani di origine straniera. È gente che vive ai margini, che cresce sui social nel vuoto di significato, capace di fare violenza senza ragione".
Intanto il sindaco di Milano ha trovato il coraggio di parlare di quanto accaduto in Duomo a due settimane dai fatti, sottolineando però che "non sappiamo se si tratta, come qualcuno dice, di questo fenomeno che in arabo di definisce 'Taharrush gamea', cioè molestie collettive. Che sia così o meno è chiaro che siano situazioni che vanno represse e controllate". Peccato che anche gli inquirenti non sembrano avere più dubbi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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