Vaia: "Non serve bloccare i voli. Ma non sprechiamo i sacrifici fatti"

Il direttore sanitario dello Spallanzani non cede agli allarmismi: «Pechino ha sbagliato tutto, compresi i vaccini»

Vaia: "Non serve bloccare i voli. Ma non sprechiamo i sacrifici fatti"

E ancora una volta la minaccia contagi arriva dalla Cina e l'ospedale Spallanzani di Roma, di cui è direttore sanitario Francesco Vaia, è pronto a fare da scudo, a tracciare e isolare le nuove varianti. Per fare in modo che i focolai vengano spenti sul nascere e che non si torni a parlare di restrizioni e misure anti Covid, proprio ora che quelle vecchie stanno per scadere.

Professor Vaia, ci risiamo. Il pericolo arriva ancora dalla Cina.
«Dalla Cina arriva una lezione su come non vada mai gestita un'epidemia. Il caso della Cina sul Covid è unico, quasi paradossale. Un percorso inverso rispetto a Europa e Nord America. È stato il primo paese a osservare casi e nella primavera del 2020 ha avuto il più alto numero di contagi. Le immagini degli ospedali di Wuhan e delle altre megalopoli cinesi sono state un'icona della malattia. Ha applicato norme di restrizione e mitigazione impressionanti, ma anche inaccettabili per una democrazia. Il lockdown è stato una misura permanente, con fasi di apertura seguite da misure restrittive durissime anche a seguito di poche decine di casi segnalati. Alla fine di novembre in Cina erano segnalati solo 4 milioni di casi, a fronte di una popolazione di 1 miliardo e mezzo di persone».

Ma cosa è andato storto? I vaccini non hanno funzionato?
«Le vaccinazioni eseguite rispetto al numero totale di cittadini sono state poche, i vaccini utilizzati (diversi dai nostri) avevano uno scarso il livello di protezione. A Shanghai, il 62% degli over-60 non è coperto con terza dose, e il 38% non è mai stato vaccinato. La strategia di contenimento in Cina è stata quindi basata quasi esclusivamente sulle misure di restrizione, feroci e vessatorie venendo a mancare una contestuale azione di efficace prevenzione sanitaria come invece è stato fatto nel nostro paese».

Cosa possiamo fare in Italia per non ripiombare nell'emergenza pandemica?
«Adottiamo misure che ci consentano di non tornare indietro. I nostri sacrifici, i sacrifici degli italiani non vadano dispersi. Penso a 'un biglietto-un tampone'. Abbiamo reso Fiumicino l'aeroporto più sicuro d'Europa».

Il tampone a chi arriva dalla Cina può bastare per arginare le nuove varianti?
«Sarebbe meglio se il coordinamento dei tamponi di sorveglianza avvenisse a livello europeo. Un intervento di questo tipo servirebbe a monitorare la comparsa ed intercettare precocemente l'arrivo di nuove varianti, sia come nuove evoluzioni di Omicron che come nuove varianti diverse da Omicron, e a predisporre eventuali misure quarantenarie selettive.

C'è un'indicazione dell'Oms?
«In carenza di una politica di sanità pubblica che dovrebbe definire l'Oms, sempre più assente, forse potremmo cominciare dalla Comunità Europea. Vanno condivise politiche di sanità pubblica di frontiera».

Arriveremo a un nuovo blocco dei voli?
«Sarebbe una soluzione irragionevole e difficilmente applicabile in modo uniforme ed efficace. Ricordo che questa soluzione venne praticata anche all'inizio della pandemia, nel 2020, con risultati scarsi o nulli.

Sarebbe una decisione poco efficace e molto dispendiosa, che ci riporterebbe indietro da una fase come quale quella attuale in cui la pandemia e le strategie di sanità pubblica per contrastarla hanno preso un nuovo corso».

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