'Ndrangheta, testimone si suicidò con l'acido: in manette i famigliari

Ad agosto Maria Concetta Cacciola si era suicidata bevendo acido muriatico. L'accusa ai genitori e fratello: "Violenza fisica e psicologica per farla ritrattare"

'Ndrangheta, testimone si suicidò con l'acido: in manette i famigliari

I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo undici provvedimenti di fermo contro presunti affiliati alla cosca Pesce, con l'accusa di associazione mafiosa. L’operazione, chiamata "Califfo" era stata avviata per la ricerca del latitante Giuseppe Pesce, l'attuale capo della cosca, ma ha anche consentito di individuare i nuovi malavitosi a cui era stata affidata la direzione strategica e operativa dell’organizzazione.

Durante l'operazione sono stati arrestati anche i familiari di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia di Rosarno che si era suicidata nell'agosto 2011 ingerendo acido muriatico. I familiari sono stati arrestati con l'accusa di maltrattamenti e violenza nei confronti di Maria Concetta e anche di minaccia, dato che avevano provato a costringere la ragazza a ritrattare le dichiarazioni fornite all'autorità giudiziaria e quindi a commettere un reato. Secondo l’accusa, i genitori della testimone, Michele Cacciola e Anna Rosa Lazzaro, insieme al fratello, avrebbero fatto violente pressioni su di lei per fare in modo che smettesse di collaborare con i magistrati della Dda di Reggio Calabria.

La donna, 31 anni, dopo l'inizio della collaborazione, era stata trasferita in una località protetta,

dove era rimasta fino a quando decise di tornare a Rosarno per rivedere i figli rimasti. Una decina di giorni dopo ci fu il suicidio: aveva lasciato documenti in cui lamentava i maltrattamenti dei familiari.

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