Alberto Indelicato
In tutte le legislazioni penali degli Stati appartenenti al defunto impero comunista sovietico, specifiche norme prevedevano il reato di negazione della natura criminale del nazionalsocialismo, della sua ideologia e di tutte le sue attività. Fu questa la ragione per cui lo studio del periodo 1933-1945, che è stato approfondito da numerosi storici occidentali ed in particolare anglosassoni, non ricevette alcun contributo serio da quelli della defunta Urss e dei suoi satelliti: la «verità» su di esso era stata fissata una volta per tutte con i crismi dei partiti comunisti, e nessuno studioso aveva il coraggio né il diritto di trattare largomento con spirito indipendente. Naturalmente non fu questa la sola conseguenza di quelle leggi: qualunque tesi sia pur lievemente divergente da quella ufficialmente ammessa era passibile di dure punizioni. Era anche questa la giustificazione per cui era severamente proibita in quegli Stati lintroduzione o il possesso di libri o pubblicazioni occidentali che potevano contenere o accennare a punti di vista diversi. Essi erano equiparati alla letteratura pornografica, anchessa proibita.
Apprendiamo adesso che con un nuovo codice penale nella Repubblica Ceca sarà creato lanalogo reato di negazione dei crimini comunisti, compiuti in Cecoslovacchia dal 1948 al 1989. La prima reazione dovrebbe essere di soddisfazione. Lequiparazione anche legislativa dei due regimi totalitari - il nazionalsocialista ed il comunista - e dei loro crimini, in molti casi simili, è una specie di par condicio. Daltro canto è anche comprensibile che i cechi non vogliano che nel loro Paese, ormai da tre lustri libero, vi siano dei rigurgiti di comunismo o che si banalizzino le malefatte del regime, tanto più che esso ebbe una durata molto più lunga della presenza nel loro Paese dei nazionalsocialisti. Non è escluso daltronde che lesempio ceco sia seguito da altri Stati, come lUngheria e la Polonia, che pure ebbero molto a soffrire della dittatura comunista.
Ma una seconda diversa riflessione si impone. Esistono e circolano anche nella Repubblica Ceca centinaia se non migliaia di libri e di altre pubblicazioni che hanno ricostruito le vicende di quel Paese sulla base di documenti e di testimonianze personali. La distruzione delle libertà fondamentali pubbliche e private sin dal colpo del febbraio 1948, le persecuzioni degli oppositori e dei dissidenti, il servilismo nei confronti dellUrss, la repressione della «primavera di Praga» sono nella memoria di tutti i cechi e non saranno certo dei pamphlets partigiani a convincerli che non sono mai avvenute. Perché dunque proibire - e addirittura punire con anni di galera - coloro che li negassero? Il fatto che le stesse pene fossero previste per coloro che negavano e che negano i crimini nazionalsocialisti non è in definitiva una buona ragione per punire anche i negazionisti di quelli del comunismo; è al contrario unottima ragione per abolire del tutto qualsiasi reato di opinione.
LEuropa unita della quale la Repubblica Ceca è entrata a far parte non si fa forse un titolo di nobiltà della libertà di pensiero e di parola assicurata a tutti i suoi cittadini? Purtroppo la risposta è negativa. Norme come quelle già previste dalle legislazioni comuniste esistono in diversi sistemi giuridici europei. Ne sanno qualcosa Oriana Fallaci, Michel Houellebecq e più recentemente e duramente David Irving. E, peggio ancora, continui sono i tentativi di fare di norme liberticide, che colpiscono le opinioni in campo politico, storico e domani - perché no - anche scientifico, la legge dellUnione Europea, obbligatoria per tutti gli Stati ed i loro cittadini.
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