Negli Usa gli aeroporti trasformati in parcheggi

Aerei a terra, crollo delle vendite di biglietti, aeroporti vuoti, licenziamenti. Sul trasporto aereo si è abbattuta una catastrofe che non trova precedenti

Negli Usa gli aeroporti trasformati in parcheggi

Aerei a terra, crollo delle vendite di biglietti, aeroporti vuoti, licenziamenti. Sul trasporto aereo si è abbattuta una catastrofe che non trova precedenti, perché per la prima volta sono abbinati sia i timori per la salute sia i problemi economici: non si vuol viaggiare per non esporsi al contagio del Covid ma al tempo stesso non ci sono soldi per viaggiare. La situazione coinvolge in un disegno a cerchi concentrici tutti gli altri comparti che sul trasporto aereo gravitano: a cominciare dal turismo, che dei voli, specie di medio-lungo raggio, è figlio riconosciuto. L'onda che parte dalle compagnie raggiunge, a monte, i costruttori di aerei, mentre a valle colpisce aeroporti, società di catering, autotrasporti pubblici e privati, produttori di taralli e di biscotti («dolce o salato?»), società di servizi di terra (handling), imprese specializzate in manutenzioni, e poi, ancora, produttori di valigie e di trolley, tutto il commercio che ha vetrine negli scali, i bar e ristoranti, fino i baracchini per avvolgere le valigie nel cellophane... Se il turismo in generale, almeno dalla rivoluzione delle low cost, si alimenta prevalentemente con i flussi di persone trasportate in aereo, il turismo di lungo raggio dipende al 100% dall'aereo. Tutto fermo, tutto chiuso, tutto avvolto da una spessa nube di angoscia.

Per Alexandre de Juniac, direttore generale della Iata, l'associazione che riunisce 290 compagnie di 120 Paesi, sono a rischio 1,3 milioni di posti di lavoro. Per il 2020 le previsioni si sono via via aggravate: le ultime stime parlano di un calo di ricavi del 50% a 419 miliardi di dollari, (lo scorso anno erano 838). Per il 2021 si prevede un giro d'affari in diminuzione del 46% sul 2019, a quota 452 miliardi, solo 33 miliardi in più rispetto a quest'anno, con una perdita netta aggregata di 84,3 miliardi. Metà dei costi delle compagnie sono fissi quindi avverte la Iata - l'unica soluzione è tagliare i posti. Il traffico del 2020, sempre secondo l'associazione, segnerà un calo del 66%: significa 1,53 miliardi di passeggeri contro i 4,54 miliardi del 2019 (nel 1998 erano 1,4 miliardi). Nel secondo semestre le perdite sono stimate in 77 miliardi di dollari, 13 al mese. Andrea Giuricin, docente all'Università Milano-Bicocca, ricorda che «il trasporto aereo occupa mille addetti per milione di passeggeri: sono quindi a rischio - in tutto il comparto non solo nelle compagnie - 4,5 milioni nel mondo e quasi 200mila persone in Italia. Ed è a tutto il settore aeroporti, handling, fornitori che il governo deve pensare. Non solo ad Alitalia».

ANDATA E RITORNO

In Europa il traffico è diminuito del 73%, il segmento che va meglio è quello nazionale, almeno all'interno degli Stati non cambiano repentinamente le regole, come invece può accadere nei collegamenti internazionali. Un aereo Klm partito da Amsterdam per Shanghai ha trovato la sorpresa all'arrivo: i piloti avrebbero dovuto bloccarsi in quarantena in base a norme emanate durante il volo. Il compromesso è stato quello di non scendere dall'aereo e di ripartire subito. Le compagnie aeree hanno ricevuto già 162 miliardi di dollari di aiuti statali: la Iata sollecita altri 60-70 miliardi, e si arriverebbe a 220-230. Da marzo sono già fallite o sul punto di chiudere circa 40 compagnie. Il settore, che nel 2019 registrava utili crescenti da 11 anni, dovrebbe riprendere a generare cassa dal 2022. I livelli ante Covid, secondo la Iata, potrebbero tornare nei bilanci dal 2023, ma altre analisi (Aci Europe) parlano del 2024-2025. «Il trasporto aereo ha tempi lunghi e un metabolismo lento: una rete, una flotta, un'organizzazione non si rinnovano con un clic», osserva Paolo Rubino, ex manager Alitalia e scrittore. La Boeing, che nel primo semestre ha visto crollare il giro d'affari dell'80%, resta convinta che tra il 2020 e il 2029 saranno consegnati 18.350 aerei, ma cambierà la configurazione delle flotte, con più aerei a corridoio unico, adatti al modello punto a punto, che avrà il sopravvento sul modello hub and spoke (quello che con velivoli a doppio corridoio fa perno sui grandi aeroporti in cui smistare il traffico).

Intanto le notizie, ogni giorno, si affastellano in un disordinato rincorrersi al peggio. Era dal 1954 che negli Stati Uniti non si scendeva sotto i 100mila passeggeri al giorno. Klm annuncia il taglio di 4.500 dipendenti su 33mila, American Airlines ne manda a casa 40mila, British Airways 12mila, Qantas 6mila, Ryanair 3.250.

Dei circa 32mila aerei della flotta mondiale (80% a corridoio unico), un terzo è inattivo ed è temporaneamente custodito nei grandi parcheggi di Spagna, New Mexico, Arizona, California, dove il clima secco rallenta usura e corrosione; parcheggi che talvolta, tragicamente, diventano cimiteri. Negli Stati Uniti a settembre i voli internazionali segnavano meno 69%. Ubs rivela che secondo un sondaggio, superate le restrizioni, il 39% dei passeggeri europei sono propensi a riprendere a viaggiare per business con voli nazionali, solo il 25% su quelli internazionali. Domina la prudenza. Di altro tenore un'iniziativa di Emirates, che ha promesso di pagare 1.765 dollari per il funerale dei passeggeri che dovessero morire a causa del Covid 19 dopo aver volato sui suoi aerei.

OBIETTIVO «BOLLA»

United Airlines (che nel 2019 era seconda nella classifica per utili, con 4,3 miliardi di dollari), taglia 13.432 posti, e, tra i costruttori, Boeing 16mila, Airbus 15mila, Bombardier 15mila. Airbus ha proposto ai propri clienti di trasformare gratis gli aerei passeggeri in cargo: perché, con un calo dei due terzi del traffico, le merci non volano nelle stive, che normalmente trasportano il 50% dei 21 miliardi di tonnellate di merci mensili che viaggiano in tutto il mondo. Il cargo in questo momento soffre meno del trasporto passeggeri.

Questo lo stato, tragico, del settore. Ma che cosa si sta facendo per superare la crisi? In attesa di un vaccino, la Iata sta cercando di convincere i governi a regole comuni per il rilevamento del virus, rendendo obbligatori i tamponi in tutti gli aeroporti del mondo per evitare la quarantena trasformando il trasporto aereo in una grande bolla «Covid free». Ma non è facile, troppe strategie diverse. Intanto le compagnie Delta, Emirates - provano a organizzarsi da sé, per creare dei «corridoi» protetti. «Ma da un giorno all'altro si riprenderà alla grande - è la convinzione di Antonio Bordoni, analista docente di Aviation alla business school della Luiss -. Del trasporto aereo non si può fare a meno, le crisi sono sempre state superate».

In questo mercato annientato, c'è chi annaspa per non soccombere e chi cerca di tenere le posizioni o addirittura di conquistarne: è il caso delle compagnie low cost Ryanair, EasyJet - che, pur razionalizzando, grazie alla struttura di costi ben diversa dalle compagnie tradizionali, mantengono il più possibile il servizio. Ryanair annuncia le prime perdite in trent'anni ma nel Covid vede «un'opportunità». Altre addirittura investono: singolare il caso dell'ungherese Wizz air, 40 milioni di passeggeri e 44 di profitti nel 2019, che apre voli in Europa e rosicchia quote di mercato, con offerte che partono da 4,99 euro. Non cancella gli ordini di aerei e assicura di avere liquidità per due anni anche senza voli. Intanto nei primi nove mesi Air France ha perso 6,1 miliardi, Iag (British) 5,5, Lufthansa 5.

In futuro cambierà tutto. «Il traffico d'affari, quello che finora garantiva i profitti di un volo, crollerà per effetto del lavoro a distanza prevede Paolo Rubino -. E di conseguenza cambieranno i modelli operativi, con nuovi network e un progressivo superamento del sistema hub and spoke. Riprenderà il turismo: anzi, potrà aumentare perché, grazie al lavoro flessibile, la gente avrà più tempo per viaggiare. Nel vecchio mondo si diceva: chi viaggia per vacanza ha un mese per viaggiare e 11 per lavorare; chi viaggia per lavoro ha 11 mesi di viaggi e uno di riposo. Cambierà tutto, ma la globalizzazione è irreversibile, e aumenterà anche il traffico etnico».

Aggiunge Nick Brough, esperto della società Interazione: «I voli dei manager, che in 48 ore facevano un viaggio intercontinentale andata e ritorno, verranno superati dalle riunioni a distanza. Le compagnie che vivevano di business dovranno ripensare completamente il proprio modello e la loro rete di collegamenti».

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