Nell’Ulivo è caccia all’autore della norma «salva-reati»

Giallo sulla «mano» che ha inserito in Finanziaria l’emendamento sulla prescrizione

da Roma

I tre giorni e le tre notti che sconvolsero l’Ulivo. Due fogli che passano nottetempo da una cartellina a un’altra. Un incontro segretissimo, tenutosi prima che a Palazzo Madama arrivi il turno giornaliero dei commessi e il via vai di dipendenti, politici e giornalisti. Il «file» riempito da un incolpevole funzionario che viene caricato su una «penna» elettronica e portato al Tesoro per il rush finale. Non è una storia al polonio, non c’entrano i russi, ma come nelle spy story all’amatriciana compare persino «Zorro». E l’ambientazione è ricca: il parquet scricchiolante dell’ala riservata all’Ulivo a Palazzo Madama, i tappeti rossi che conducono all’entrata di San Luigi dei Francesi, l’inquietante statua di una madonna dolente, ai piedi di una bellissima scalinata, che ai più ricorda Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, la madama che dà il nome al palazzo.
Adesso Francesco Rutelli la chiama una «porcheria infilata in Finanziaria» e ritiene sia il caso di «liquidarla il prima possibile». Ma il giallo agita il Palazzo: chi ha inserito il comma 1346 nel maxiemendamento della Finanziaria, quello denominato «colpo di spugna» per gli amministratori pubblici? E com’è possibile che una norma passata più volte al vaglio di un rutelliano di provatissima fede, come il vicecapogruppo dei senatori Luigi Zanda, sia stata tenuta nascosta al suo leader, come afferma lo stesso Zanda? Zanda è un uomo d’onore e «a lui va tutta la mia fiducia», ribadisce una volta di più la presidente del gruppo dell’Ulivo del Senato, Anna Finocchiaro. «Zanda è come Zorro e tutte le strade portano a Zanda», accusa il senatore ulivista Roberto Manzione, che ieri ha spedito a tutti i suoi colleghi una lettera (condivisa da molti) per censurare comportamenti del genere. Zanda, a sua volta, affida alle agenzie di stampa una lunga nota di precisazione, relativa a una prima ricostruzione dei fatti, pubblicata dalla Stampa, che lo tira pesantemente in ballo.
Come sono andati davvero i fatti? Per certo, la norma 18.0.3 viene presentata dal senatore Pietro Fuda, sottoscritta dai rappresentanti di tutte le componenti della Margherita (tranne i parisiani) e dallo stesso Zanda, e consta di quattro commi. In una «cabina di regia» precedente all’11 dicembre, secondo la versione di Fuda al Giornale, sarebbe stata accettata: «Ero io presente». Ma nessuno degli altri protagonisti ricorda una riunione del genere. Acclarata è invece la cabina di regia di lunedì 11 dicembre, «una ristretta» la definisce Fuda che non vi partecipa. In questa riunione il governo boccia la norma. Zanda ne prende atto, e telefona a Fuda per informarlo. «Mi disse - racconta Fuda al Giornale - che avevano ritenuto quella sede (la Finanziaria, ndr) non adatta e che avremmo fatto una legge apposita...». Come avviene in questi casi, il foglio dov’è scritta la norma viene accantonato e non entra nella cartellina delle proposte parlamentari per il maxiemendamento. La cartellina è tenuta gelosamente dai due responsabili di Ds e Dl, ovvero i senatori Lusi e Legnini.
Non sono ancora le 8 di mattina di martedì 12, e il Palazzo è deserto, quando il senatore Fuda infila il corridoio che porta ai locali del gruppo dell’Ulivo. Conosce la strada, e d’altronde commessi in giro, a quell’ora se ne vedono pochi. Secondo quanto afferma il senatore Manzione, è lì per incontrare Zanda, e decidere il da farsi. Zanda, interpellato in proposito tramite portavoce, non conferma né smentisce l’incontro. Fuda invece nega con veemenza: «Lo escludo! Stiamo dando i numeri, per amor del cielo! Sono atterrito dal finimondo che si è scatenato: avessi saputo, avrei strappato 50 volte la mia proposta che era ben più ampia di quella infilata nel maxiemendamento, a opera di chissà quale giurista...».
Fatto sta che per l’intera giornata di martedì le informazioni sui contenuti girano. È in questo lasso di tempo, presumibilmente quando la sorveglianza del duo Lusi-Legnini si affievolisce, che la famosa «manina» trasferisce nella cartellina un foglio con l’emendamento Fuda in versione ridotta. Una piccola squadra di funzionari esecutivi trasferisce i fogli su di un «file», che la mattina di mercoledì 13 viene caricato su una «penna elettronica» e portato al Ministero. Siamo all’epilogo: dalle 13 fino alla mezzanotte e oltre, i sottosegretari Sartor e D’Andrea, assieme al relatore Morgando e al capo di gabinetto del ministero, De Ioanna, danno un’ultima occhiata ai commi che finiscono nella Finanziaria.

A nessuno viene in mente che «il colpo di spugna» è già stato bocciato dal sottosegretario Grandi nella «cabina di regia». Ma la «manina» ha ormai colpito, Zanda si tira fuori, Fuda non c’era. E per Rutelli è «una porcheria».

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